27. La salita

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Michelangelo salutò Tommaso e Federico e promise a quest'ultimo che il giorno seguente, quindi domenica, sarebbe andato a vedere la sua partita di basket.

"Non puoi proprio passare un po' di tempo con noi oggi?" chiese il corvino tristemente.

Michelangelo scosse la testa. Pur di poter uscire con Ginevra e mantenere nascosta la cosa, aveva mentito ai suoi migliori amici e aveva detto che aveva un impegno importante con la sua famiglia. Come scusa non lo convinceva, ma sul momento non era riuscito a trovarne una migliore.

Si rendeva conto di quanto fosse assurda tutta quella messinscena, ma proprio non riusciva a evadere dalla prigione in cui si era cacciato per colpa della sua codardia.

"Allora a domani" disse Tommaso, abbracciando Michelangelo e dandogli una debole pacca sulla schiena.

Dopodiché si diresse in compagnia di Federico verso il luna park dove avrebbero trascorso qualche ora.

A Michelangelo non piaceva vederli andare via senza di lui e sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione, ma d'altro canto non aveva neanche intenzione di rinunciare a un pomeriggio insieme a Ginevra.

Di tempo con i suoi migliori amici ne passava comunque in abbondanza.

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Arrivò alla fermata dell'autobus in anticipo, per cui si sedette su un muretto in attesa della ragazza.

Controllò il cellulare. Nessun messaggio e nessuna chiamata. Aspettò ancora. Dopo qualche minuto le telefonò, ma lei non rispose.

Infine scattarono le 13:26 e l'autobus che i due avrebbero dovuto prendere fece capolino in fondo al viale.

Michelangelo era davvero agitato. Dov'era finita Ginevra? La chiamò di nuovo, ma ancora una volta la ragazza non rispose.

Evidentemente avrebbero preso la corsa successiva, sempre che la corvina si fosse decisa a venire.

E se si fosse dimenticata di quell'appuntamento? E se avesse cambiato idea e avesse deciso di non venire?

Michelangelo rilesse i messaggi che lui e Ginevra si erano scambiati la sera prima nel timore di essersi sognato quella conversazione. Con grande sollievo scoprì che non era così.

Quasi tutti i passeggeri erano saliti sul pullman, quando il castano vide una figura correre a perdifiato verso di lui. Un sorriso sorse spontaneo sulle sue labbra.

Quindi si avvicinò al mezzo e chiese all'autista, prima che le porte si chiudessero: "Mi scusi, potrebbe aspettare un attimo? La mia amica sta arrivando".

Fortunatamente il conducente acconsentì e pochi secondi dopo Michelangelo e Ginevra erano già saliti a bordo e si erano sistemati su due sedili vicini, sotto agli occhi della gente già accomodata ai propri posti.

La corvina aveva il fiatone e i capelli scompigliati.

"Perché ci hai messo tanto? Dov'eri finita?" le domandò Michelangelo, leggermente infastidito, ma contento che tutto si fosse risolto per il meglio.

"Mi sono dovuta fermare a parlare con una mia prof. dopo la fine delle lezioni e per questo ho corso" rispose la ragazza, respirando ancora affannosamente.

"Okay, non preoccuparti" disse Michelangelo, sorridendo alla vista degli occhioni grigi di Ginevra, più sinceri che mai.

Solo in quel momento si rese conto che era la prima volta che si vedevano dopo il bacio che si erano scambiati due giorni prima.

L'atmosfera che c'era tra di loro, però, non era carica d'imbarazzo, anzi. Per tutta la durata del viaggio chiacchierarono come due amici di lunga data, senza mai accennare all'episodio di giovedì e senza scambiarsi alcun gesto d'affetto, tanto che Michelangelo si chiese se quel bacio fosse effettivamente avvenuto o fosse stato soltanto frutto della sua fantasia.

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