42. La quiete

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Le parole di suo padre fecero riflettere molto Michelangelo e lo portarono a decidere che dal giorno seguente avrebbe messo da parte la paura e sarebbe tornato a studiare come un tempo.

Non gli importavano le conseguenze. Se Patrick avesse voluto spiattellare in giro i suoi fatti personali era libero di farlo, ma lui non gli avrebbe più permesso di tenerlo in pugno.

Michelangelo voleva impegnarsi al massimo; il duro lavoro era ciò che lo faceva stare bene. La sua ricerca di un senso coincideva con la ricerca della perfezione e finché avesse continuato a sentirsi soddisfatto di se stesso tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Così lo studio riprese a essere la sua priorità. Le sue giornate magari sarebbero diventate più grigie e ripetitive, ma perlomeno gli avrebbero dato la sensazione di avere tutto sotto controllo.

Prima di tornare a essere quello di un tempo, però, Michelangelo Martini si recò, quella sera stessa, alla scuola di danza dove aveva lasciato il cuore. Era uscito per fare la spesa per sua mamma, così aveva approfittato di quella scusa per allungare il tragitto e passare di lì.

Sapeva che Ginevra aveva lezione di danza moderna in quel momento, per questo il suo desiderio era anche di poterla incontrare e dirle che per un po' non si sarebbero potuti vedere. Era curioso di sapere quale sarebbe stata la sua reazione.

Si inoltrò nel parco accanto alla scuola di danza e giunse fino alla siepe che separava lo spazio verde dal retro dell'edificio. Lì c'era un punto da cui si riusciva a vedere una delle sale. Michelangelo fu fortunato, poiché era proprio quella in cui si trovava la corvina.

Dopo aver appoggiato la borsa della spesa sul prato, il ragazzo si mise a osservare la scena e ad ascoltare la musica che giungeva fino alle sue orecchie, così forte da superare i muri esterni dell'edificio. Non era come la musica classica a cui era abituato, ma era comunque musica e per di più un pezzo davvero originale.

Michelangelo adocchiò subito la ragazza dai capelli neri che gli faceva battere forte il cuore e mantenne lo sguardo fisso su di lei per tutto il resto della lezione, cioè per circa dieci minuti.

Non era vestita come quando frequentava le lezioni di danza classica, ma era comunque affascinante. Teneva i capelli legati in una coda di cavallo e indossava una maglia nera a maniche lunghe e un paio di leggins dello stesso colore.

A Michelangelo sembrò di essere tornato al giorno in cui per la prima volta l'aveva vista ballare, sul tetto del manicomio abbandonato. Anche se erano passate settimane da allora, il castano rimaneva ancora incantato dalla sua grazia e dalla passione con cui ballava. Si vedeva che quello era il suo mondo, perché a ogni suo passo il tempo pareva fermarsi e le emozioni scaturire dal cuore di chiunque la osservava.

Quando ballava, Ginevra sembrava un'altra persona, lei diventava un'altra persona. Era come se solo quando la vedeva danzare Michelangelo sentiva di conoscerla a fondo.

Quando la lezione finì, le ragazze che erano in sala uscirono ridendo e chiacchierando, dopo aver salutato educatamente la loro insegnante.

Michelangelo abbandonò la sua postazione e si precipitò verso il portone principale dell'edificio, ad aspettare che Ginevra uscisse.
Pochi minuti dopo la sua figura alta e magra apparve davanti a lui e il suo volto fu subito illuminato da un bellissimo sorriso.

"Non pensavo di vederti qui!" esclamò la ragazza abbracciando Michelangelo e lasciando un veloce bacio a stampo sulle sue labbra.

Era sudata e alcuni ciuffi di capelli le contornavano il viso, ma per Michelangelo era bellissima così com'era, senza trucco e vestita con una semplice tuta. Era la Ginevra di cui si era innamorato.

"Volevo farti una sorpresa" le disse lui, prendendola per mano e continuando a tenere la borsa della spesa con l'altra.

Gli si spezzava al cuore al pensiero di non poterla rivedere per un po', ma era sicuro che quella lontananza avrebbe fatto bene a entrambi. Sarebbe servita a farli riflettere sui loro sentimenti e sulla loro relazione, che avevano iniziato senza neanche rendersene pienamente conto.

"Sorpresa gradita" esclamò Ginevra, dando poi un buffetto sulla guancia del suo ragazzo. Poi i due si incamminarono verso il parco da cui Michelangelo era appena uscito.

"Sai, mi manca la danza" le confidò lui.

"Immagino. Io non so come farei al posto tuo: è praticamente l'unica cosa che mi permette di continuare a vivere. Però, Michi, potrai riprendere ad andare a lezione più avanti, quando tuo papà avrà trovato un lavoro".

Michelangelo annuì e le sorrise, contento che anche lei avesse finalmente accettato la sua scelta.

"Ti devo dire una cosa, Ginny" disse, dopo aver fatto un respiro profondo.

Ginevra si fermò e lo costrinse a imitarla. Poi si diresse verso la panchina più vicina, dove i due si sedettero nello stesso istante.

"Dimmi".

"Mio papà mi ha impedito di vederti per un po'. Non sto andando molto bene a scuola e per questo vuole che mi concentri di più sullo studio".

La corvina abbassò lo sguardo e corrugò la fronte. "Mi dispiace. Per quanto tempo sarà?".

Michelangelo non riuscì a non gioire, in parte, davanti all'espressione triste della ragazza, perché significava che ci teneva a lui. In quel momento al castano serviva tantissimo un segno di affetto come quello.

"Poco, perché ho già ricominciato a studiare duramente. Dovrò solo aspettare che i miei sforzi producano qualche risultato e poi vedrai che mio padre mi permetterà di rivederti".

A quelle parole un sorriso si formò sulle labbra della corvina, labbra che incontrarono le sue con delicatezza, ma esprimendo più di quanto tante parole potessero fare.

Quando il bacio finì, i due innamorati restarono per un po' abbracciati, ad ascoltare il battito accelerato dei loro cuori. Era freddo e il buio stava calando in fretta, ma il loro contatto fisico li riscaldava.

"Sai, Ginny, ormai non riesco a fare a meno di te" sussurrò a un tratto Michelangelo, sentendo la ragazza stringerlo a sé un po' più forte.

Quasi gli vennero le lacrime agli occhi rendendosi conto che le cose potevano precipitare, ma che in quel momento ciò che provavano l'uno nei confronti dell'altra era vero e sincero.

Con un'ondata di coraggio sciolse l'abbraccio. Poi, guardando Ginevra dritto negli occhi, le strinse le mani e sussurrò: "Io... Io credo di amarti, Ginny".

A quelle parole gli occhi della corvina si fecero più grandi e l'ennesimo caloroso sorriso le illuminò il volto.

"Anch'io credo di amarti, Michelangelo".

"So che tra di noi le cose non sono sempre fantastiche, però quando ti vedo sorridere sento che non ho bisogno di altro al mondo. Sei perfetta e vorrei che anche tu ti vedessi come ti vedo io, perché significa guardare negli occhi la felicità".

"Oh, Michi" sussurrò lei con sguardo adorante, per poi tuffarsi di nuovo sulle sue labbra.

Fu probabilmente il bacio più appassionato che i due si fossero mai scambiati. In quel momento sentivano che non avevano bisogno di altro se non di coltivare il sentimento che li univa. Provavano una punta di tristezza al pensiero di essere arrivati a tale consapevolezza proprio poco prima di salutarsi e non vedersi per giorni, però sapevano entrambi che un po' di lontananza avrebbe consolidato il loro rapporto. O almeno, lo speravano.

L'ultimo bacio che si scambiarono sapeva di disperazione, come se stessero cercando di prolungare all'infinito quel momento o come se volessero imprimersi bene a mente il sapore dell'altro.

"Ci vediamo presto, Ginny. Te lo prometto" disse Michelangelo. "Ora però devo proprio andare o mia mamma inizierà a insospettirsi".

"Va bene" ridacchiò la corvina, coprendosi la bocca e il naso, quest'ultimo leggermente rosso per il freddo della sera. "Per questa volta ti perdono anche se non mi accompagni a casa".

I due si sorrisero, poi si separarono e si diressero verso casa.

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