35. Musica a palla

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Quella sera Michelangelo prese il treno per tornare a casa.

Aveva trascorso ventiquattro ore assai piacevoli, perché era riuscito a distaccarsi dai suoi problemi e dalle sue preoccupazioni.
Quell'aria di libertà gli aveva fatto davvero bene e ora si sentiva pronto a riprendere in mano la propria vita.

Tuttavia sentiva anche una sorta di peso in mezzo al petto, dovuto alla nostalgia che già provava nei confronti di sua nonna. Gli mancavano il suo sorriso luminoso e i suoi occhi celesti, così sinceri da indurre chiunque a fidarsi ciecamente di lei. Gli mancavano i suoi abbracci e le sue carezze, il suo modo speciale di parlargli e la sensazione di averla tutta per sé.

Era bello sentirsi amati e anche se sua nonna non era l'unica persona che lo amava, a Michelangelo sembrava che fosse colei a cui lui stava più a cuore.

Rallentando, il treno entrò in stazione e Michelangelo alzò lo sguardo per ammirare le luci della sua città. Il cielo era nero inchiostro e i condomini che si ergevano nel quartiere accanto alla ferrovia erano punteggiati di luci.

Il ragazzo si mise lo zaino in spalla e scese dal vagone. Si incamminò verso le scale e percorse il sottopassaggio. Infine uscì dalla stazione e si guardò attorno.

Era solo. Nessuno era venuto a prenderlo. Non che ci avesse sperato, però constatarlo gli provocò comunque un certo dispiacere.

Con una scrollata di spalle il castano si avviò a piedi verso casa, nonostante la strada fosse molto lunga. Aveva voglia di camminare e di perdersi nei suoi pensieri.

La sua città l'aveva risucchiato di nuovo, come in un vortice, e la consapevolezza di aver dovuto dire addio alla compagnia di sua nonna provocava al ragazzo una certa amarezza e malinconia.

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"Mi raccomando, non sfasciate la casa!" urlò il padre di Federico dallo studio, dove stava dando un'ultima sistemata alle sue scartoffie.

Tommaso, Michelangelo e Federico si trovavano nel soggiorno della casa di quest'ultimo e stavano scegliendo la musica adatta per quella sera.

Era sabato ed era il gran giorno, ovvero il compleanno di Federico, i tanto attesi diciott'anni. I tre migliori amici, appena tornati da scuola, si erano subito dati da fare con i preparativi della festa che si sarebbe tenuta alcune ore più tardi.

"Non preoccuparti, papà. Per il tuo ritorno sarà tutto in ordine" lo rassicurò Federico.

Suo padre gli avrebbe lasciato la casa per il weekend e nel frattempo sarebbe andato a stare, insieme alla sua compagna, nel vecchio appartamento di lei. I genitori del ragazzo, infatti, erano divorziati.

"Non riusciremo mai a finire tutto" si lamentò Tommaso chiudendo di scatto il computer che teneva sulle ginocchia e mettendosi le mani nei capelli.

"Beh, se ieri Michelangelo fosse stato qui ad aiutarci, invece che a casa dalla sua nonnina, ora saremmo messi meglio" disse Federico.

"Se non sbaglio eri stato tu a dirmi che mi meritavo una giornata di totale relax" sbottò il castano, indispettito.

"Sì, ma pensavo che non ci fosse ancora così tanto da preparare".

"Dai, state calmi. Ce la faremo" li rassicurò Tommaso, aprendo di nuovo il portatile e tornando a dare un'occhiata alla playlist che stavano creando.

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Dopo lunghe ore di preparativi, mezzi litigi e parecchie tazze di caffè, i tre migliori amici riuscirono a completare la loro missione. Erano solo le sette di sera e gli invitati dovevano ancora arrivare.

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