Si incontrarono di fronte a una gelateria dove Michelangelo andava spesso in estate; a quell'ora aveva le saracinesche abbassate.
Di giorno quella zona della città era abbastanza frequentata, mentre di sera poche macchine vi giravano e i lampioni diffondevano una luce piuttosto fioca.
Ginevra era già lì ad aspettarlo.
"Ehi, Ginny" la salutò Michelangelo, assai felice di rivederla.
"Vieni, Michi" si limitò a dire lei, per poi afferrarlo per un polso e trascinarlo in un vicolo lì vicino.
A causa del buio il castano non riusciva a vedere bene le espressioni della ragazza, ma ciononostante gli parve più misteriosa e sfuggente del solito.
"Che c'è?" le chiese, dopo qualche istante di silenzio.
"Perché non mi hai cercata in questi giorni?" domandò lei incrociando le braccia al petto.
"Sono stato da mia nonna, te l'ho detto, e ho voluto staccare la spina per un po'".
"Non ce l'avevi con me, vero?".
"No!" esclamò lui, chiedendosi però se fosse del tutto sincero.
"Io invece un po' ce l'avevo con te" confessò Ginevra. "Però non preoccuparti, mi è passata".
"E dimmi: come sta Zeno?".
"Bene. Se la caverà. Sono stata quasi sempre in ospedale accanto a lui in questi giorni".
"Immaginavo".
"Eri a una festa?".
"Sì, è il compleanno di un mio amico".
"Ti stavi divertendo?".
Michelangelo deglutì. "A essere sincero non amo particolarmente le feste, ma dato che è in onore del mio amico...". Lasciò la frase in sospeso e assunse un'espressione così buffa che Ginevra scoppiò a ridere.
Poi la ragazza colmò la distanza che li separava e lo baciò sulle labbra, sorprendendolo.
Solo in quel momento Michelangelo si rese davvero conto di quanto gli fosse mancato il contatto fisico con Ginevra. Ricambiò il bacio e poggiò le mani sui fianchi della ragazza, mentre lei intrecciava le sue dietro alla sua nuca.
Poco dopo si staccarono e, restando a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altra, Ginevra gli sussurrò: "Hai bevuto? Il tuo alito sa di alcol".
"Solo una birra".
"Mi piace".
Dopodiché lo baciò di nuovo, così appassionatamente da far scontrare i loro denti, mentre le loro lingue si intrecciavano in un gioco armonioso.
Forse a causa del buio o forse a causa dell'alcol che circolava nel suo corpo, fatto sta che a Michelangelo quel bacio non bastava. La sensazione di calore che sentiva in pancia gli diede il coraggio di spingere lentamente la ragazza contro una delle case del vicolo in cui si trovavano.
Quindi poggiò le mani sul muro, una alla sinistra e l'altra alla destra del volto di Ginevra, e smise di dare attenzioni alle sue labbra per iniziare a lasciarle piccoli baci sugli zigomi, sulle guance e infine sul collo.
Il respiro affannoso di lei e le sue mani che gli stringevano i capelli gli facevano desiderare di non fermarsi più. La pelle che le sue labbra bagnavano e mordicchiavano era calda e setosa.
"Michi" sussurrò Ginevra a un tratto, facendolo allontanare a malincuore. "Vieni con me. Mia mamma fa il turno di notte e mio papà è via per lavoro. Ho la casa libera".
A quella proposta il cuore di Michelangelo iniziò a battere più velocemente e una scarica di brividi gli percorse tutto il corpo.
"Io... Ginevra, io devo tornare alla festa del mio migliore amico. Non posso abbandonarlo così".
"Ma dai, sei serio?".
"E poi... forse sono andato un po' troppo di fretta. Non mi pare che sia il momento giusto per queste cose, non dopo che l'ultima volta che ci siamo visti tu mi hai trattato con tanta freddezza".
La corvina poggiò le mani sul petto del ragazzo e lo allontanò da sé.
"Quindi è vero che ce l'hai con me!".
"No, io..." balbettò Michelangelo, pentendosi di aver sollevato di nuovo la questione. "Voglio solo parlare".
"Non c'è niente di cui parlare. E poi sei stato tu ad attaccarti in quel modo al mio collo".
Michelangelo si sentì ferito. "Non che a te dispiacesse".
"Senti" incominciò la ragazza, afferrando con entrambe le mani il colletto della sua camicia bianca. "Per me puoi tornare benissimo alla tua stupida festa. Non m'importa, davvero. Però voglio che tu riconosca che il modo in cui mi hai ignorata in questi ultimi giorni, e soprattutto il giorno dopo l'incidente di Zeno, è stato davvero poco carino".
"Ginny...".
"Se non fosse stato per me, chissà se mi avresti cercata".
Il silenzio calò su di loro.
"Abbiamo sbagliato entrambi, ma possiamo ricominciare. Ti prego, dammi un'altra possibilità" la supplicò Michelangelo stringendole una mano.
La corvina sospirò e dopo qualche istante di esitazione acconsentì.
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Nemmeno mezz'ora dopo Michelangelo era di nuovo alla festa di Federico.
Niente sembrava essere cambiato lì. La musica continuava a disturbare la quiete pubblica e la gente continuava a ballare, anche se qualcuno doveva essersi stancato, poiché il divano e le poltrone erano più affollate rispetto a quando Michelangelo se n'era andato.
L'unica grande differenza stava nel fatto che Tommaso e Federico non si vedevano da nessuna parte.
Michelangelo si guardò attorno, poi intravide un volto noto e gli si avvicinò, con la speranza che sapesse qualcosa dei suoi due migliori amici.
"Ciao Elia" disse il castano al suo compagno di classe, quello che aveva incontrato nel bagno della scuola e che gli aveva parlato dei suoi problemi con i genitori.
"Michi! Non ti avevo visto" urlò l'altro, nel tentativo di sovrastare il baccano.
"Sono tornato da poco. Tu sei appena arrivato?".
"Sì".
"Senti, sai per caso dove sono Tommaso e Federico?".
Elia sorrise e si aggiustò gli occhiali sul naso. "Non si vedono da un po' in effetti. Dovrebbero essere di sopra, anche se nessuno sa che cosa stiano facendo". Detto ciò, ridacchiò e diede un sorso al contenuto del suo bicchiere.
"Va bene, grazie".
"Ci si vede!" gli urlò l'altro, tornando a ballare in compagnia di una ragazza.
Michelangelo si allontanò dalla calca e, dopo aver salito le scale, giunse al secondo piano. Lì c'erano solo un paio di persone; si baciavano, appoggiate al muro del corridoio.
Michelangelo le oltrepassò, contento che non fossero nessuno di sua conoscenza, e provò ad aprire una porta che si affacciava sul corridoio.
Niente, era chiusa a chiave. Provò anche con le altre, ma ottenne lo stesso risultato.
Federico doveva aver agito così per evitare che la gente si intrufolasse troppo in casa sua.
Al castano passò per la mente che il corvino si potesse trovare con Tommaso al di là di una di quelle porte, così provò a chiamarli a gran voce. Nessuno rispose ed era impossibile che non avessero sentito, nonostante la musica a palla proveniente dal piano di sotto.
Allora tirò fuori il cellulare e provò a chiamarli in quel modo, ma di nuovo nessuno rispose.
Fu così che Michelangelo iniziò a preoccuparsi.
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Forever
Teen Fiction• Completa • Michelangelo Martini non ha mai cercato l'amore. Per lui contano soltanto la scuola, lo studio, la famiglia e i suoi migliori amici Tommaso e Federico. Le cose cambiano quando incontra Ginevra, una ragazza misteriosa e con una sfrenata...