21. Fotografie

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L'appartamento in cui Ginevra abitava insieme alla sua famiglia era grande e arredato con mobili piuttosto antichi.

"Aspettami qui intanto che vado di là a cambiarmi" disse la ragazza a Michelangelo.

Una volta solo, il ragazzo si guardò attorno e notò subito alcune foto che facevano bella mostra di sé su un comò in un angolo del salotto. Si avvicinò e le studiò attentamente.

Un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra non appena vide Ginevra in alcune di esse.

In una fotografia la corvina aveva all'incirca dieci anni e si trovava in spiaggia. Indossava un costume a due pezzi e dietro di lei si vedeva, sebbene sfocata, una striscia di mare turchino. La bambina sorrideva e strizzava gli occhi. Aveva l'apparecchio ai denti e stringeva in una mano un secchiello e nell'altra una paletta.

In una seconda foto, invece, Ginevra aveva all'incirca quindici anni e teneva un braccio attorno alle spalle di un ragazzo che di sicuro era suo fratello, dato che erano due gocce d'acqua.

In un'altra ancora, la ragazza baciava su una guancia un giovane dai capelli castano scuro riccioluti, che Michelangelo riconobbe subito essere Zeno. Provò un pizzico di gelosia vedendoli così vicini, nonostante si trattasse di una foto di qualche anno prima.

"Che cosa guardi?" chiese Ginevra, in piedi sulla soglia della stanza.

Michelangelo si girò di scatto. Non l'aveva sentita arrivare.

Doveva avere un'espressione assai buffa dipinta in viso, poiché la corvina scoppiò a ridere.

"Tranquillo, non stai facendo niente di illegale!". Poi si avvicinò e si mise anche lei a osservarle. "Sono belle le fotografie, ma a volte mi inquietano" ragionò a un certo punto ad alta voce, spezzando il silenzio che si era creato tra loro due.

Michelangelo la fissò confuso, aspettando una spiegazione che non tardò ad arrivare.

"Insomma, rappresentano una realtà congelata, morta, priva di vita. Sembrano perfette, ma solo perché non contengono gli alti e i bassi che caratterizzano le sequenze della nostra vita".

Michelangelo si sforzò di comprendere il significato celato dietro a ogni frase della ragazza, ma lei parlava troppo in fretta e lui non riusciva a starle dietro. Non era stupido; semplicemente non era capace di vedere le cose come le vedeva lei e si chiese se mai ci sarebbe riuscito.

Ginevra sembrò capire quanta confusione avesse messo in testa a Michelangelo, poiché gli sorrise e gli propose di andare a sedersi insieme sul divano.

La ragazza indossava un paio di leggins neri che le rendevano le gambe ancora più magre e attraenti e una T-shirt color pesca, ampia e sformata. I suoi capelli erano spettinati e umidi per via della pioggia, ma Michelangelo provò comunque il desiderio di passarci in mezzo le dita.

Si sedettero su un divano marrone addossato a una parete del salotto. Inizialmente erano distanti circa mezzo metro, ma dopo poco Ginevra si avvicinò di una spanna o due.

Michelangelo si sentì elettrizzato all'idea che la ragazza volesse diminuire la distanza che c'era tra di loro e iniziò a sperare seriamente di piacerle.

"Ginevra, posso chiederti una cosa?".

La ragazza lo guardò negli occhi e annuì.

"Perché la prima volta che ci siamo visti, in pizzeria, tu pensavi che io avessi preso una prosciutto e funghi? Potevi benissimo vedere che era una salamino piccante".

Era da tanto che voleva chiederglielo, ma solo in quel momento aveva sentito che era giunta l'ora di farlo.

Ginevra ridacchiò e lasciò vagare lo sguardo per la stanza. "Forse non mi crederai, ma ciò che ti sto dicendo è la verità: non lo so. Non so perché ti ho chiesto se era una prosciutto e funghi".

Michelangelo rimase un po' deluso. "Ma nel senso che non ti ricordi o...?".

"Nel senso che in quel momento ho detto la prima cosa che mi passava per la testa, consapevole che non avesse senso".

Il ragazzo era sempre più confuso. "Ma perché l'hai fatto?" chiese, dopo qualche istante di silenzio.

"Per nessun motivo in particolare, credo" mormorò Ginevra, anche se non sembrava particolarmente convinta. Infatti dopo poco aggiunse: "Forse è perché mi piace stupire la gente con le mie stranezze e perché ho paura di non essere abbastanza interessante per gli altri se non dico qualcosa di originale o a volte perfino insensato".

Nella stanza calò nuovamente il silenzio.

Michelangelo percepiva la malinconia in cui Ginevra era sprofondata e voleva migliorarle l'umore, ma non sapeva come. D'altro canto, gli faceva piacere che si fosse aperta con lui ed era stupito dall'acutezza delle sue osservazioni.

Ginevra era intelligente, perché era in grado di dare una motivazione ai propri comportamenti, anche a quelli più misteriosi. 

"Mi piace come ragioni" disse di punto in bianco il giovane. 

Ginevra gli sorrise teneramente e gli fece sciogliere il cuore. "A me neanche un po', ma non ci posso fare nulla. Sono diversa dagli altri e la maggior parte delle volte non vorrei esserlo, ma ormai so che ci devo semplicemente fare l'abitudine".

"Ma guarda che è bello pensare in modo diverso dagli altri, andare controcorrente e via dicendo. Anch'io vorrei esserne capace..." confessò il castano, distogliendo lo sguardo e osservando le proprie mani, aperte sulle ginocchia.

Ginevra gli sollevò il mento con un dito e lo costrinse a guardarla negli occhi. "Fidati, è più semplice essere come gli altri. Si è più felici e ci si sente accettati".

"Ma io ti accetto così come sei!" esclamò Michelangelo, sentendo le guance surriscaldarsi.

Ginevra si morse il labbro inferiore e sorrise imbarazzata. "Ti ringrazio, Michelangelo. Ora posso farti io una domanda?".

"Certo, tutte quelle che vuoi".

La ragazza fece un respiro profondo e poi chiese: "Perché sei così carino e gentile con me? Insomma, ci siamo conosciuti praticamente per caso e non eri affatto tenuto a scrivermi o a cercarmi. Perché lo hai fatto?".

Il castano restò per qualche secondo a fissare gli occhi grigi di Ginevra, che esprimevano sofferenza, ma anche curiosità e una grande gioia di vivere. Lo sguardo che lei sapeva donargli era complesso, ma forse proprio per questo era così affascinante.

All'improvviso la ragazza posò una mano su quelle di Michelangelo, provocandogli una scarica di brividi su tutto il corpo, come se quel semplice tocco avesse il potere di farlo andare a fuoco.

Il ragazzo si perse a osservare i minimi dettagli della sua mano. Le dita erano affusolate e le unghie tagliate e ben curate.

Voleva dirle che tutta l'attenzione che le aveva dato in quei giorni era dovuta al fatto che era probabilmente innamorato di lei, ma al solo pensiero di confessare i propri sentimenti sentiva il cuore esplodergli in petto.

Così preferì rispondere: "Perché sei simpatica, Ginevra, e voglio essere tuo amico".

Pronunciando quelle parole fece attenzione all'espressione della corvina e non riuscì a non notare un'ombra di delusione oscurarle il volto.

Fu questione di una frazione di secondo, ma Michelangelo la vide. Forse significava che Ginevra sperava di sentirsi dire qualcosa di più?

Il ragazzo si pentì immediatamente di non aver avuto il coraggio di dirle che gli piaceva.

"Anche tu mi stai simpatico, Michelangelo" ammise lei, tornando a essere serena come prima.

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