18. Pesci e mura cittadine

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Il giorno seguente era sabato e dopo la mattinata passata a scuola Michelangelo si unì alla sua famiglia per recarsi in auto fino a una città vicina, dove avrebbero visitato un importante acquario.

C'erano tutti e cinque: la madre, il padre, Lisa, Michelangelo e Andrea.

Il cielo era plumbeo e l'atmosfera nell'abitacolo della macchina era quasi altrettanto cupa. Il padre di Michelangelo, infatti, aveva ancora i nervi tesi per colpa del figlio di mezzo.

Michelangelo passò la maggior parte del tempo a osservare fuori dal finestrino la campagna e le macchine che sfrecciavano nel senso opposto al loro.

Pensava alla lezione di danza del giorno prima e si immaginava quelle future, pensava a Tommaso e Federico e a quanto gli mancava uscire con loro di pomeriggio e pensava a Ginevra. Soprattutto a Ginevra. 

Aveva voglia di rivederla, ma allo stesso tempo l'idea di ritrovarsi di nuovo davanti a quel paio di occhi grigi lo agitava a dismisura. 

Aveva paura di ciò che lei gli avrebbe detto e aveva paura di non riuscire a controllare i suoi stessi sentimenti. La corvina, infatti, occupava i suoi pensieri più di qualsiasi altra persona in quegli ultimi giorni, nonostante tutti i suoi sforzi di tenere a bada le emozioni.

Il pomeriggio si rivelò alquanto piacevole, forse perché Michelangelo riuscì a estraniarsi dalla realtà e a godersi la visita all'acquario senza doversi sorbire le chiacchiere dei suoi genitori e le lamentele di Andrea. 

Se fosse stato per lui, avrebbe scelto di godersi quelle ore esclusivamente in compagnia di Lisa, ma quella era una gita di famiglia, quindi l'unica cosa da fare era sopportare la presenza degli altri membri.

Fortunatamente i suoi genitori lo trattarono quasi normalmente e Michelangelo iniziò a sperare che lo avessero perdonato. Sebbene fosse convinto del fatto che erano loro quelli dalla parte del torto, non riusciva a non sentirsi in colpa per la situazione in cui si erano ritrovati.

Dopotutto erano pur sempre i suoi genitori e lui amava renderli fieri, così come odiava vederli arrabbiati.

I pesci nelle numerose vasche di vetro erano a dir poco meravigliosi. Certi erano enormi e avevano molto spazio tutto per loro, mentre altri nuotavano in branco, compatti.

L'acqua era blu e azzurra e i pesci multicolori. Il vetro trasparente rappresentava l'unico ostacolo a separare il castano da quel regno incantato.

Quegli animali parevano esseri fantastici che nuotavano tra alghe e rocce, coralli e stelle marine. I loro occhi a palla fissavano quelli di Michelangelo e le loro pinne fluttuavano nell'acqua cristallina.

Erano uno spettacolo strabiliante e il ragazzo vi si immerse a tal punto da perdere la cognizione del tempo.

Difatti si sorprese quando uscirono all'esterno e scoprirono che era già buio, probabilmente quasi ora di cena.

Gli salì l'ansia rendendosi conto che aveva un appuntamento con Ginevra e che non sapeva se sarebbe riuscito ad arrivare in tempo.

Per questo sulla strada del ritorno fu sul punto di chiedere al padre di accelerare, ma non potendo spiegargli il motivo preferì rimanere in silenzio.

Fortunatamente arrivarono comunque in orario.

Ai suoi genitori disse che usciva per recarsi a restituire un libro in biblioteca. Invece andò da tutt'altra parte e nel giro di pochi minuti si ritrovò nella piazza principale della città, il luogo dove avevano deciso di incontrarsi lui e Ginevra. 

La ragazza era già arrivata e lo aspettava accanto alla grande fontana al centro di quell'area.

Michelangelo controllò l'ora sul suo orologio da polso, mentre attraversava la piazza a passo spedito.

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