28. La discesa

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Michelangelo si sentiva sul punto di svenire dalla gioia.

Ginevra lo aveva appena baciato con passione. Ginevra gli aveva appena detto che lui era la cosa più bella che le fosse mai capitata.

Non le credeva, non riusciva a crederle nemmeno lontanamente. Tuttavia, sebbene fosse certo che si trattasse di un'esagerazione, non poteva fare a meno di ripetersi quelle parole nella sua testa e sorridere come un idiota.

"Scendiamo in paese?" propose a un certo punto la ragazza, non smettendo mai di guardare Michelangelo nei suoi grandi occhi color cioccolato.

Il ragazzo annuì. Fu così che, mano nella mano, i due giovani ripercorsero la strada dell'andata, ma questa volta in discesa e con l'animo più leggero di una piuma.

Erano felici, immensamente felici, perché condividevano un sentimento a cui non sapevano ancora che nome dare.

La mano di Ginevra era morbida e camminare stringendogliela era per Michelangelo fonte di un'emozione indescrivibile.

Si immersero di nuovo nell'allegro viavai che regnava nei vicoli del paese, ma questa volta non si fermarono a guardare le vetrine, come avevano fatto all'andata. 

Ginevra camminava in fretta, come se fosse in ritardo, e trascinava Michelangelo con sé. Ogni tanto si voltava a guardarlo, come per assicurarsi che fosse reale, e gli sorrideva o gli diceva qualcosa di buffo.

Dal canto suo, Michelangelo era a dir poco euforico. Non vedeva la gente e non sentiva la stanchezza. Per lui esistevano soltanto Ginevra, la sua mano calda e i suoi occhi grigi che brillavano sotto a un cielo sereno.

Quella non era la Ginevra che lui aveva conosciuto e che lo aveva affascinato fin dal primo istante per via delle sue stranezze e della sua aura di mistero. La Ginevra che passeggiava insieme a lui per le vie di un paese che non era il loro era una Ginevra solare e splendente, che rispecchiava il bel tempo.

Michelangelo non sapeva a che cosa fosse dovuto quel cambiamento, ma sotto sotto sperava che fosse anche per merito suo.

Lui sapeva di poterle regalare milioni di sorrisi e farla uscire dalla bolla di malinconia in cui forse si era un tempo rassegnata ad abitare.

"Ci fermiamo qui?" domandò a un tratto la ragazza, indicando un bistrot dove preparavano panini assai invitanti.

"Sì, volentieri" rispose lui, rendendosi conto che nessuno dei due aveva ancora pranzato. 

Erano già le tre di pomeriggio. Avevano entrambi alle spalle una lunga mattinata di scuola, ma fino a quel momento non avevano sentito il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.

Si sedettero a un tavolino all'esterno e aspettarono che arrivasse un cameriere a prendere le loro ordinazioni. Intanto diedero un'occhiata al menù.

Si tenevano ancora per mano e il castano di punto in bianco iniziò perfino a disegnare dei cerchi sul palmo della corvina, che cercò invano di nascondere un sorriso dietro al menù che teneva aperto davanti al naso.

"Che hai da ridere?" le chiese Michelangelo, sorridendo a sua volta.

"Niente" si limitò a rispondere Ginevra, facendo una smorfia, ma non riuscendo a non ridacchiare.

"Avete già in mente che cosa ordinare?" li interruppe il cameriere.

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Dopo aver mangiato, la corvina si alzò per andare in bagno e lasciò Michelangelo al tavolino ad aspettarla.

Non sapendo che cosa fare, il ragazzo tirò fuori il cellulare e andò sul profilo Instagram di Ginevra.

Non capiva con esattezza il perché di quella sua scelta. Forse aveva soltanto voglia di dare un'occhiata ad alcune foto della ragazza in attesa di rivederla davanti a sé di persona, o forse aveva una sorta di presentimento.

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