39. Il patto

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"I signori hanno deciso che cosa prendere?".

Michelangelo alzò lo sguardo dal menù e lo posò sul cameriere che si era avvicinato al loro tavolo tenendo in mano una penna e un blocchetto di carta. Poi tornò a leggere i numerosi ingredienti dei piatti elencati in quelle pagine.

"No, io sono in alto mare. Ci può dare ancora qualche minuto?" chiese Ginevra, sorridendo a denti stretti. Dentro di sé il castano la ringraziò di cuore, poiché anche lui non aveva ancora scelto.

La sera prima Michelangelo aveva proposto ai suoi genitori di uscire per pranzo, così da conoscere la sua ragazza. Fortunatamente sia loro che Andrea erano liberi, quindi avevano accettato volentieri. 

Era strano vederli tutti insieme, seduti allo stesso tavolo.

"Allora, Ginevra, parlaci un po' di te. Michelangelo è sempre di così poche parole... Non ti conosciamo abbastanza" esordì la madre del castano sfoderando un sorriso smagliante.

Michelangelo iniziò a sentirsi a disagio e si chiese che cosa sia la corvina che i suoi familiari potessero raccontare sul suo conto. Aveva il brutto presentimento che in ogni caso lui non ne sarebbe uscito a testa alta, anzi. Quelle donne erano capacissime di coalizzarsi contro di lui per metterlo in ridicolo.

"Mi chiamo Ginevra, ho diciotto anni e... Oddio, così mi sembra di tornare ai primi giorni di scuola, quando bisognava presentarsi a tutti i compagni". Quel pensiero la fece ridere a crepapelle.

"Non importa, continua" la spronò la madre di Michelangelo, non smettendo mai di sorridere.

"Faccio danza da quando ero piccola...".

"Sei stata tu a far impazzire mio fratello?" chiese Andrea, fulminandola con lo sguardo.

"Eh?" disse lei.

"Sei stata tu a spingerlo a cominciare a fare danza?" domandò per la seconda volta Andrea, ma con parole diverse.

"Ah, sì, certo! E ne vado fiera".

"Non vedevamo Michelangelo così allegro e felice da un bel po', lo sai? Finalmente l'hai fatto uscire di casa, sennò passava sempre le giornate chino sui libri, come un piccolo Leopardi" disse la madre.

"Come un piccolo Leopardi" ripeté Ginevra ridacchiando e incrociando lo sguardo di Michelangelo.

Dal canto suo, il ragazzo aveva voglia di mettersi a piangere. Sua madre sapeva benissimo che lui studiava così tanto perché erano lei e suo marito a richiedere quello sforzo da parte sua e non perché vi trovasse chissà quale divertimento.

In parte era vero che studiare gli dava soddisfazione, ma se avesse potuto scegliere liberamente, di sicuro non avrebbe passato tutto il suo tempo sui libri, mai, fin dal primo anno di liceo e anche prima.

A Michelangelo era parso che il rapporto con sua mamma stesse migliorando, ma evidentemente si era sbagliato. In quel momento, infatti, si sentì a dir poco tradito.

Per fortuna le chiacchiere continuarono e lo distolsero da quei pensieri.

Mangiarono di gusto e parlarono del più e del meno. Furono soprattutto Ginevra e la mamma di Michelangelo a portare avanti la conversazione, ma agli altri andava bene così. Il padre del ragazzo non fu particolarmente di compagnia, ma tutti sapevano il perché del suo cattivo umore, quindi lo perdonarono.

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Più di un'ora dopo, mentre erano in fila per pagare, Michelangelo incrociò lo sguardo dell'ultima persona sulla faccia della Terra che avrebbe voluto vedere.

Era Patrick, seduto insieme alla sua famiglia a un tavolo non molto distante.

"Scusatemi un secondo, vado a salutare un mio compagno di classe" comunicò il castano ai suoi genitori e a Ginevra. Poi si allontanò prima di ricevere una risposta.

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