33. Sala d'attesa

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Michelangelo non era bravo a orientarsi negli ospedali e per questo ci mise un po' prima di trovare Ginevra, nonostante avesse chiesto aiuto a qualche infermiera e nonostante avesse seguito la segnaletica presente nell'edificio.

Proprio quando aveva iniziato a perdere le speranze, però, capitò in una sala d'attesa dove scorse la testa corvina della ragazza.

Era seduta su una poltroncina posta in un angolo e si mangiava le unghie. Teneva il capo chino e i capelli le nascondevano il viso, ma Michelangelo era comunque sicuro che fosse lei.

Le si avvicinò lentamente e nel frattempo lanciò brevi occhiate alle persone sedute in quella sala dalle pareti tanto bianche da fare male agli occhi. Tutto era bianco lì, tranne i bordi metallici delle poltroncine.

Appena Michelangelo si fermò accanto a Ginevra, la ragazza sollevò lo sguardo e incrociò il suo.

"Michi" sussurrò, per poi alzarsi in piedi e stringerlo in un forte abbraccio. "Perché ci hai messo tanto?" lo rimproverò, dopo essersi allontanata dalle sue braccia.

"Ero a scuola, Ginny. Ho provato a scriverti e a telefonarti, ma tu non mi hai mai risposto. Ero preoccupato, sai? Poi alcuni miei compagni di classe mi hanno detto dell'incidente e ho scoperto che si trattava di Zeno. Sono passato a casa tua per saperne di più e ho parlato con tua mamma, quindi mi sono precipitato qui".

A Michelangelo non sembrava di aver fatto nulla di sbagliato, anzi. Si aspettava che la sua presenza avrebbe fatto piacere a Ginevra. Eppure lei non lo ringraziò minimamente, bensì si voltò e si sedette di nuovo, per poi ricominciare a mangiarsi le unghie.

Sospirando Michelangelo si sistemò accanto a lei e le prese entrambe le mani nelle sue.

"Ginny, stai tranquilla. Ora ci sono io qui con te" le disse, con un sorriso che sperava l'avrebbe confortata.

Ginevra invece tolse le proprie mani da quelle del castano e riprese a mangiarsi le unghie.

Michelangelo non riuscì a non sentirsi amareggiato per via di quel gesto, tanto piccolo, ma tanto significativo. Ginevra non voleva che lui la consolasse: voleva annegare da sola nella preoccupazione.

"Vuoi che ti vada a prendere qualcosa da bere o da mangiare?" le domandò, nonostante immaginasse già quale sarebbe stata la risposta.

Infatti la ragazza scosse la testa, senza guardarlo nemmeno negli occhi.

Per questo Michelangelo pensò che l'unica cosa da fare fosse alzarsi e andarsene. Prima di uscire aveva intenzione di chiedere all'infermiera più vicina informazioni sullo stato di salute di Zeno, ma questo Ginevra non poteva saperlo.

Infatti, appena il ragazzo fece per alzarsi, sollevò la testa ed esclamò: "Potresti almeno restare qui per più di un minuto, o ti costa tanta fatica?".

Michelangelo deglutì e si voltò. Con sgomento vide che gli occhi grigi che l'avevano fatto innamorare erano colmi di lacrime. "Io... stavo andando a chiedere come sta Zeno".

Ginevra scosse la testa e sorrise tristemente. "Non ti credo, Michi. So quanto odi Zeno. Non te ne può fregare di meno se lui sta bene o no. Anzi, sono convinta che tu sia quasi contento che lui abbia avuto un incidente". 

Ginevra aveva le guance arrossate e si era alzata in piedi.

"Ginny, ti prego, calmati. In questo momento non sei in te" la implorò Michelangelo afferrandole il polso e guardandola dritta negli occhi. "Anche se Zeno non mi sta simpaticissimo, non lo odio e di certo non voglio il suo male! Anzi, ti devo confessare che mi sento davvero in colpa per aver discusso con lui l'ultima volta che l'ho visto. Appena starà meglio mi scuserò...".

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