22. La verità svelata

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Michelangelo e Ginevra rimasero per un po' a chiacchierare nel soggiorno della ragazza, fin quando la pioggia smise di battere contro i vetri delle finestre e il castano si sentì in dovere di togliere il disturbo.

"Ci vediamo presto, okay?" fece Ginevra sulla soglia, guardandolo andare via.

"Certo! Intanto ti scrivo, appena mi ridanno il cellulare" rispose lui, salutandola con la mano.

Dopodiché iniziò a scendere le scale, senza distogliere lo sguardo da quello della ragazza.

Quando raggiunse uno scalino dal quale non riusciva a vederla più, Michelangelo sentì un vuoto nel petto e una bruttissima sensazione di incompletezza e di rimorso.

Avrebbe voluto abbracciarla, avrebbe voluto baciarla, avrebbe voluto restare ad ammirare i suoi occhi in tempesta e confidarle ciò che provava nei suoi confronti, ma la paura e l'imbarazzo lo avevano frenato.

Sulla strada del ritorno Michelangelo aveva gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Con la vista offuscata e la mente annebbiata dai sentimenti, il ragazzo attraversò la città dove aveva appena smesso di piovere e la notte era ormai scesa del tutto.

Quando rincasò, trovò i suoi familiari seduti a tavola. Avevano appena finito di cenare.

"Si può sapere dov'eri tutto questo tempo?" gli urlò contro sua madre.

Michelangelo borbottò delle scuse, poi si sedette e iniziò a mangiare silenziosamente il suo piatto di minestra, proprio come avevano appena finito di fare i suoi genitori e suo fratello Andrea. L'unica differenza stava nel fatto che la sua era ormai diventata fredda.

I suoi genitori lo fissarono a lungo con sguardo truce e ci tennero a sgridarlo ancora per aver fatto tardi. Il giovane subì la loro sfuriata, ma perlomeno non ci diede peso come avrebbe fatto un tempo.

"Scusatemi, sono stanco e devo finire di ripassare alcune cose per l'interrogazione di domani" mormorò, alzandosi dalla sedia dopo aver finito la minestra.

"Di che materia?" chiese la madre con fare inquisitorio.

"Filosofia".

"Filosofia è una delle materie in cui vai peggio, Michelangelo. Dovresti dedicarle più tempo e non restare fuori tutta la serata e poi metterti a ripetere solo dopo cena...".

"Ero a danza, mamma..." si giustificò lui sospirando.

"Non interessa a nessuno della tua stupida danza, Michelangelo!" tuonò il padre, sbattendo una mano sul tavolo e facendo sussultare tutti. "L'unico tuo dovere è portare a casa dei bei voti, chiaro? Se ti diciamo che non puoi andare a danza perché devi studiare filosofia, tu fai come ti diciamo noi! Per questa volta passi, ma non ti azzardare a rifarlo in futuro. Quando hai una verifica o un'interrogazione il giorno dopo, tu a danza non ci vai. Mi sono spiegato?".

Michelangelo cercò di deglutire il groppo che gli si era formato in gola. Non gli sembrava giusto che lo trattassero in quel modo, ma era troppo stanco per difendersi, perciò annuì.

Quindi si allontanò prima che potessero urlargli contro qualcos'altro: non era sicuro che sarebbe riuscito a resistere ancora a lungo alle loro sfuriate.

Si chiuse in camera e si mise a studiare fino a mezzanotte, nonostante gli occhi gli si chiudessero per la stanchezza.

Filosofia era una delle materie in cui andava peggio, proprio come aveva detto sua madre, ma non per questo lui avrebbe mollato: Michelangelo sapeva che con tanta fatica avrebbe ottenuto un bel voto il giorno dopo. L'unico prezzo da pagare era mettere in pausa per qualche ora il suo cuore e le sue emozioni e studiare come se non ci fosse un domani, proprio come volevano i suoi genitori.

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