Perdono

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Voce narrante.
Sira rimase ferma, nel letto dell'uomo a contemplare il soffitto.
Ma non riuscì a chiudere gli occhi e dormire.

A contrario dell'uomo che sonnecchiava tranquillo al suo fianco.
Girato verso di lei.

Sira non ne gliene fece una colpa, era stanco dopotutto.
Ma, in un certo senso, le dispiacque restare senza la sua compagnia, in solitudine.

Il sonno non le arrivava, una cosa che aveva previsto, infondo.
Senza i sonniferi era tutto inutile.

La testa le se affollava di dubbi e ricordi, la notte per lei da cinque anni era un'incubo da trascorrere.

Aveva la tentazione di infilare una mano nella tasca dell'uomo e riprenderseli, ma non lo fece.
Anche se le prudevano le mani nel non farlo.

Sospirò amaramente, e guardò verso l'uomo; i capelli erano spagliati sul cuscino e alcune ciocche erano sul suo viso, cadute delicatamente ad accarezzagli le guance candide e con la barba che gliele ricopriva, e che Sira, notò cresciuta e molto folta.

Si Chiese da quando egli non si curava del suo aspetto.
Forse dal giorno che si erano incrociati per la prima volta.

Davvero non si è dato pace pur di ritrovarmi? Si chiese la giovane, ancora incredula e diffidente di ciò che stava succedendo, di ciò che lui stava facendo.

Ancora una volta, la sua testa le diceva di non fidarsi e nonostante tutto quello che lui aveva fatto, credette a lei e non al cuore, che le martellava nel petto pur di farsi ascoltare.

Ma lei era sorda e diede retta alla sua mente, ancora una volta, nonostante questa vacillasse.

Ormai era inutile girarci intorno, voleva delle risposte sincere.

Ma sapeva che doveva aspettare il momento adatto.

La ragazza, ormai, si rassegnò all'idea di chiudere gli occhi.
E con un sospiro, si alzò facendo attenzione a non svegliare il malandrino.
Pose i piedi per terra e rabbrividì al contatto con il pavimento freddo, ma non la scoraggiò dall'alzarsi e uscire lentamente dalla stanza.

Si immerse nell'oscurità del corridoio, chiudendo la porta della stanza in un cigolio.

Tirò un sospiro di sollievo, per poi camminare nel buio, si orientò in esso e scese le scale che portavano al piano di sotto.

Non sapeva perché camminava in quella casa, era talmente persa nella sua mente che il corpo faceva tutto da solo.
Si chiese se non fosse un sogno quello che stava vivendo, se era tutto reale.
Si chiese se era davvero morta in quell'appartamento, e questo era tutto frutto della sua immaginazione.

E se lo fosse stato allora perché esitava nel voler aprirsi con Sirius?

La risposta è che neanche nei sogni lei voleva fidarsi di lui.

Non era pronta a farlo e forse mai lo sarebbe stata.

Senza rendersene conto, i suoi piedi l'avevano guidata dentro ad un salone della stanza, con finestre ampie dove fuori aleggiava la luna piena e con i suoi spiragli illuminava le pareti color bordeaux.

La ragazza si avvicinò a una delle finestre e sedette su un piccolo divano posto sotto di essa, poggiando i gomiti sul davanzale osservando la luna piena e la sua meraviglia.

Ma nel guardarla ella parve di vedere il viso di Remus che la guardava con sguardo deluso, o almeno era così che ella pensava.

Di essere una delusione sia par lui, sia per sua madre.
Ella fece un lungo respiro per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani, illuminate dalla luce pura della luna.

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