Parlale

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«Priscilla-nee!» la voce acuta e amorevole di Wendy arrivò alle sue orecchie come quella di un angelo che scendeva dal paradiso. Priscilla si voltò verso di lei e la vide che le correva incontro, nonostante le ferite per la battaglia, a braccia aperte e il volto allegro bagnato da qualche lacrima di gioia. «Priscilla-nee!» chiamò ancora, raggiungendola rapidamente e il cuore di Priscilla iniziò a volare esattamente come lei con quello stesso potere che aveva. Rasserenandosi corse incontro alla ragazzina a braccia altrettanto aperte, allargando il volto in un'espressione beata e felice. «Wendy-chkaahh» la voce venne smorzata e interrotta dal lamento di dolore nell'istante in cui una saetta bianca latte le piombò con furore e rabbia in piena faccia. Con lo sguardo di un demonio Charle colpì Priscilla in pieno sulla guancia, interrompendo la sua soave corsa nel paradiso come uno schiaffo che sveglia la lieta addormentata. Dalla forza con cui venne colpita volò e cadde di fianco ben prima di riuscire a raggiungere Wendy, perdendo bava dalla bocca aperta, e restò qualche istante stesa a terra con la guancia schiacciata contro il terreno e i sensi annebbiati. Poteva però chiaramente vedere una schiera di gattine color latte girare intorno alla sua testa, tutte in fila come soldatini, tenendosi graziosamente per mano.
«Stupida ragazzina!» ruggì Charle, salendo addosso a Priscilla e la prese per il collo della giacca. Cominciò a scuoterla come lo shaker di un barista, cosa che non fece che aumentare la sua orribile condizione di spaesamento e confusione. «Ti avevo espressamente ordinato di non morire qui! Dimmi cosa c'è nella tua testa che non funziona per spingerti a usare una mossa suicida come quella!» ruggì, continuando a scuoterla.
«Charle, non è esattamente il modo più giusto per dirle che ti ha fatto preoccupare» cercò di richiamarla Wendy, guardando con preoccupazione la scena tra le due.
«Su, su. Tutto è bene quel che finisce bene, no?» provò a intervenire anche Cana, ma una minacciosa ombra coprì l'intero gruppetto dalla luce del sole. Con un urlo terrorizzato Cana afferrò Wendy e la trascinò via appena in tempo, prima che la gigantesca mano di Makarov arrivasse proprio sopra Charle e sua nipote. Le schiacciò a terra come moscerini, poi le raccolse e accorciando il proprio braccio le tirò entrambe verso di lui. Era ancora debole, non riusciva a rialzarsi, ma aveva avuto abbastanza forza da usare la magia per raggiungere sua nipote e portare lei da lui.
«Che cosa ti avevo detto a proposito di quella mossa, eh?!» sputacchiò furioso.
«Mi dispiace» piagnucolò Priscilla in maniera infantile, mentre Charle, schiacciata contro di lei, gridava terrorizzata: «Ma perché anche io?!»
«Dimenticala! Capito?!» ruggì ancora Makarov.
«Volevo solo salvarvi...» tirò col naso Priscilla, ancora chiusa nell'enorme pugno del master e lui, stranamente, si calmò subito. Tirò un sospiro e la lasciò finalmente andare. «Lo so» disse. «Ma le parole di Athena sono veritiere. Che vittoria è quella dove tu non sei qui per goderne? Persino Ares, col suo animo bellicoso, si è accorto una volta che sei scomparsa che non c'era un reale vincitore in tutto questo. Hai salvato le nostre vite ma al prezzo di una condanna di cui non ci saremmo potuti liberare. Qualcuno più di altri» e quelle parole la portarono per qualche motivo a voltare lo sguardo, a cercare Laxus che in quel momento, seduto a terra per riposare, ascoltava e subiva le eccessive attenzioni dei suoi compagni di team. La sua disperazione, il suo desiderio di raggiungerla persino nella morte, era qualcosa che non poteva essere dimenticato.
«La verità» sospirò ancora Makarov. «La verità è che ti sono grato per quello che hai fatto per noi. Ti sei trovata di fronte a una scelta estrema e nonostante tutto hai continuato ad allungare la tua mano verso di noi, chiamandoci famiglia. Ho lottato così tanto, in passato, per farti comprendere che questa è la tua casa e vedere che finalmente hai capito mi riempie di gioia. Proprio di fronte a questa gioia nasce la rabbia dovuta alla paura di averti potuta perdere. La stessa rabbia che la tua amica Charle stava manifestando poco fa».
Priscilla, seduta a terra a gambe incrociate per ascoltare le parole del master, si voltò verso la gattina al suo fianco e le sorrise amabilmente. «Ti sei arrabbiata perché mi vuoi bene, Charle?» le chiese candida e Charle in tutta risposta incrociò le braccia al petto, offesa.
«Mi chiedo solo come possa venirti in mente di ideare mosse stupide come quelle!» ringhiò Charle, orgogliosa.
«Quando l'ho creata non pensavo fosse così pericolosa» spiegò lei. «Ho iniziato a pensarci dopo l'attacco a Nirvana e agli Oracion Seis. Ho scoperto che posso unire la magia del mio corpo ad altre forme di magia, come è successo col ghiaccio di Leon o con Nirvana, perciò ho pensato che avrei potuto unirla anche alla mia stessa magia, quella del vento. Ma durante gli allenamenti per studiarla ho capito che era inutilizzabile perché non riuscivo a tenere sotto controllo le mie molecole, rischiavo di perderle tutte al primo soffio di vento».
«La magia elementale è difficile perché non segue le leggi di nessuno, devi essere tu ad adattarti a lei» disse Wendy, ripetendo a memoria la primissima lezione che Priscilla le aveva insegnato riguardo alla loro magia.
«Già» annuì lei, felice di sentirle ripetere vecchi insegnamenti che lei stessa le aveva tramandato. «Per questo mi ero ripromessa che mai l'avrei più neanche ipotizzata».
«E invece l'hai usata!» ruggì Makarov, nuovamente furioso.
«Laxus era sovraccarico di elettricità per via delle lotte che aveva affrontato fino a quel momento, solo per caso ho notato che c'era come un campo magnetico intorno a lui a cui potevo aggrapparmi. È stata una vera fortuna e Athena e Ares mi hanno aiutata molto» sospirò lei, ammettendo così quanta paura avesse avuto lei stessa all'idea di sparire per sempre.
«Un colpo di fortuna che non si ripeterà altre volte perciò sturati bene le orecchie, stupida mocciosa!» urlò nuovamente Makarov. «Sei in punizione!»
«Eh?!» sussultò lei, sbarrando gli occhi.
«In... punizione?» mormorò Wendy, imbarazzata per lei.
«Cos'è? Una bambina?» si chiese Cana, altrettanto sorpresa da quella scena.
«Ti occuperai dell'ennesima ricostruzione della gilda... da sola!» decretò Makarov.
«Che cosa?!» urlò Priscilla, sempre più sconvolta e sempre più terrorizzata.
«E le spese necessarie saranno detratte dai tuoi prossimi lavori» infierì Makarov e Priscilla strillò sempre più su di giri: «Stai scherzando, vecchio?!»
«È... troppo crudele» mormorò Wendy, dispiaciuta per lei.
«In effetti sì, lo è» annuì Cana, concordando con lei.
«Wendy-chan» chiamò Priscilla, con aria ruffiana, e si avvicinò a lei cercando di assumere una posa implorante. Ma Cana fu più rapida, prese la bambina sotto braccio e la portò via decretando: «Andiamo Wendy! Ho trovato un negozio stupendo dove poterti comprare abiti nuovi».
«Da quando in qua a Cana interessa lo shopping» piagnucolò Priscilla, prima di voltarsi verso Charle e assumere lo stesso tono implorante con un: «Charle cara...» ma lei le voltò le spalle offesa e sputò: «Arrangiati!»
«Ma...» piagnucolò Priscilla, lasciandosi cadere a terra, in ginocchio. Allungò una mano verso di loro e tirò su col naso, sussurrando: «Ma io vi ho salvato la vita».
Una mano sicura e rassicurante le si posò sulla spalla, facendo così cessare i suoi lamenti abbandonati. Spostò lo sguardo alla sua destra e trovò il sorriso familiare di Bickslow, amichevole e deciso. Alle sue spalle anche Fried, in piedi a braccia incrociate, sfoggiava lo stesso sorriso orgoglioso.
«Pare che ora tu abbia bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle» disse lievemente provocatorio, seppur gentile nella sua offerta di aiuto. Una punzecchiatina rivolta solo al fatto che da sempre lei non aveva fatto che scansarli, trovandoli fastidiosi e asfissianti, quando loro erano sempre i primi a farsi avanti per aiutarla e occuparsi di lei. Priscilla tirò su col naso teatralmente, commossa dal loro gesto, e piagnucolò felice: «Ragazzi».
«I Raijinshuu non abbandonano mai i loro compagni!» decretò Bickslow con orgoglio e fu proprio quell'affermazione a innescare la bomba.
«Che significa questo?» storse il naso Natsu.
«Quando mai noi abbiamo abbandonato i nostri compagni, invece?» gli diede corda Gray, altrettanto offeso.
«Io non abbandonerei mai Priscilla-nee!» strinse i pugni Wendy, sottraendosi alla presa di Cana.
«Wendy, non farti coinvolgere anche tu per favore» sospirò Lucy, che aveva la sensazione di sapere perfettamente dove la cosa sarebbe sfociata.
«Vi credete superiori agli altri, Raijinshuu» alzò il naso Cana, sogghignando per il divertimento di quella che era un vero e proprio incipit di una rissa.
«Come se il vostro aiuto possa essere determinante» ghignò Gajeel, mostrandosi superiore. «Scommetto ci impiegherete lo stesso un sacco di tempo a sistemare la baracca».
«Come osi parlare proprio tu, dopo quello che hai fatto alla gilda in passato?» ruggì Bickslow, offeso, e Gajeel reagì altrettanto ferito, ringhiando: «Quella è acqua passata!»
«Forse non dovremmo essere noi a giudicare una cosa simile» sussurrò Fried, più pacato, come al solito.
«Ah!» rise Natsu, puntando un dito verso Gajeel e urlò: «Scommetto che io riesco a sistemare tutto anche in meno tempo di tutti voi messi insieme».
«Lo dubito altamente» sussurrò ancora Lucy, sempre più rassegnata.
«Lui al massimo la distruggerebbe ancora di più» annuì Charle, consapevole dei pensieri della compagna e Lucy annuì convinta.
«Gray-sama non vi darebbe nemmeno il tempo di vederlo!» intervenne Lluvia, cercando di prendere le difese del suo amato finendo però col coinvolgerlo in qualcosa che si sarebbe risparmiato volentieri.
«Vediamo, allora!» decretò Natsu, sparando fuoco dalla bocca.
«Sta' a guardare, Salamander!» ruggì Gajeel, correndo verso la gilda e trascinandosi dietro una Levy confusa su quanto stesse accadendo. Jet e Droy gli corsero dietro insieme a Lily solo per restare insieme a loro. Stessa sorte di Levy toccò a Lucy e Happy, che vennero trascinati verso la gilda da un Natsu infervorato.
«Vai, Gray-sama! Fa' loro vedere di che pasta sei fatto! Lluvia ti assisterà con tutta la sua presenza!» disse Lluvia infervorata e Gray, a malincuore, si ritrovò costretto a iniziare quella sfida a chi sistemava prima la gilda senza troppa voglia, solo per poter preservare il suo orgoglio.
«Ehy, ci siamo anche noi!» gridò Romeo, divertito, e trascinò così suo padre insieme a Macao. Laki rise a fianco di Kinana, prima di lanciarsi nella mischia, trovando divertente la situazione. Elfman gridò qualcosa sull'essere uomo e si fece coinvolgere, insieme a una Mirajane altrettanto divertita. Erza andò loro dietro, sogghignando per lo stesso motivo, e pian piano tutti, che inizialmente se n'erano tirati fuori, si ritrovarono coinvolti nella ricostruzione della propria gilda con fervore e vivacità.
«Hai intenzione di startene a guardare, alla fine?» chiese Cana, avvicinandosi a Priscilla ancora seduta a terra, che guardava sorpresa e divertita tutti i suoi compagni che si erano lanciati a fare ciò che avrebbe dovuto fare lei da sola. Per quanto quella fosse stata la sua punizione, decretata dal master stesso, nessuno di loro alla fine l'aveva lasciata sola anche se con scuse del tutto differenti. Quello era lo spirito di Fairy Tail, il desiderio di non lasciare nessuno indietro, nemmeno chi aveva commesso errori atroci. Sorrise, felice di avere intorno persone come quelle, e allungando una mano si fece aiutare da Cana a rialzarsi. «Assolutamente no!» disse allegra. «Però prima volevo rivestirmi» ridacchiò poi, imbarazzata.
«Priscilla-nee! Ho raccolto i tuoi vestiti!» glieli porse allegra Wendy.
«Continui a indossare le sue cose da nuda, porcellina» ridacchiò Cana maliziosa, vicino al suo orecchio. Priscilla avvampò dalla vergogna e indietreggiò con la nuca, ruggendole contro: «Ma di cosa stai parlando?!»
«Sai bene cosa sto dicendo» continuò a sghignazzare Cana, sempre più maliziosa, aggrappandosi alle sue spalle per costringerla a non scappare. E Priscilla tentò invano di tornare a difendersi da quelle imbarazzanti accuse, mentre Cana non faceva che rincarare la dose, insistendo sempre più provocante e morbosa come solo lei sapeva essere. Evergreen le osservò divertita, anche se dalla sua posizione non poteva sentire cosa si stessero sussurrando e cosa stesse mettendo tanto a disagio Priscilla. Si avvicinò a Laxus, che tra tutti era quello che ancora non si era mosso dalla sua posizione leggermente scostata e continuava a starsene corrucciato e imbronciato.
«È proprio carina» ridacchiò lei sovrappensiero, guardando la tenerezza di una Priscilla che rossa cercava di coprirsi il volto con le mani.
«Sì, lo è» sospirò Laxus, lasciando andare con quel semplice gesto tutta una tensione che ancora gli contraeva i muscoli.
«Eh?!» mormorò Evergreen, sbarrando gli occhi di fronte a quella frase così semplice eppure così strana. Un complimento... proprio da parte sua... un complimento che visto il sospiro che aveva lasciato andare sembrava nascondere qualcosa di molto più grosso al suo interno. Che stava succedendo? Aveva sentito bene?
La fronte di Laxus si corrucciò maggiormente, tanto da costringerlo a socchiudere gli occhi dallo sforzo. Un pensiero assordante gli martellava tanto la testa da non renderlo in grado di sentire altro, nemmeno la sua coscienza che lo portava di solito a restare chiuso in se stesso. Si portò una mano alla fronte, come se avesse fitte alla testa, e sospirando ancora lasciò finalmente uscire in un sussurro rivolto a se stesso -più che alla compagna, che forse neanche aveva notato al suo fianco- il pensiero che continuava a urlargli nella testa: «Non riesco a tollerare l'idea che non possa restare per sempre al mio fianco».
Ed era un pensiero che quasi gli faceva venire l'emicrania, visto che proprio in quel momento era uscito da una crisi simile. Proprio in quel momento, a mente fredda, dopo aver rischiato di perderla per sempre, si rendeva conto di quanto potesse essere insostenibile l'ipotesi di non averla più con sé. E più ci pensava, più comprendeva, più sentiva la rabbia nascergli nel petto. Sarebbe ancora stato in grado di chiudere gli occhi, fingere che tutto era a posto? Fingere che loro erano ancora quelli di una volta? Fingere che non c'era niente tra loro, se non semplice affetto fraterno? Eppure neanche venti minuti prima si era odiato per non essere riuscito a dirglielo, quanto fosse importante, prima che potesse sparire per sempre. Perché ora lo capiva... capiva che non era più solo un gioco.
«EH?!» L'urlo di Evergreen gli fece spalancare gli occhi e si rese conto in un solo istante di cosa avesse realmente appena detto e soprattutto che non l'avesse tenuto per sé, ma l'avesse fatto sentire a qualcuno. Laxus si voltò a guardarla, nervoso e imbarazzato, come se avesse notato solo in quel momento la sua presenza.
«Questa è una confessione!» ruggì Evergreen a occhi e bocca spalancata. Gli puntò un dito contro e non fece che fissarlo, con le guance lievemente arrossate per l'emozione della scoperta. Lui si irrigidì, sovrastato dall'imbarazzo, e riuscì solo a scandire un nervoso: «Ti sbagli».
«Mi sbaglio su cosa? Non ho mica specificato niente io» sghignazzò lei, sventolandosi con superiorità con il proprio ventaglio e lui, colto in fallo, si corrucciò maggiormente senza sapere in che altro modo difendersi.
«Dunque l'hai capito anche tu, finalmente» disse lei, orgogliosa per la scoperta appena fatta, ma non per questo fu provocatoria. Si mostrò invece comprensiva e in parte anche felice e sollevata perché finalmente quell'eterna storia tra quei due poteva cominciare a vedere un epilogo.
«Non ho idea di cosa tu stia sottintendendo» ringhiò lui, infastidito, e fece l'unica cosa che gli venne in mente. Le diede le spalle e fuggì da quella situazione, allontanandosi.
«Laxus» lo fermò Evergreen, appena un passo dopo. «Se continuerai a non voler guardare, quando alzerai lo sguardo per cercarla potrebbe essere ormai così lontana che non riuscirai più a raggiungerla. Questa storia dovrebbe avertelo fatto capire... lei non è veramente eterna e soprattutto non lo è nel suo ruolo. Avrebbe potuto andare insieme a Olympos».
«Lo so» confessò lui sorprendentemente, con tono più ammorbidito... anche più addolorato. La sensazione che aveva avuto nel cuore per tutto il tempo, dall'istante in cui avevano scoperto che al mondo esistevano altri come lei, era legata a quello. L'aveva capito, forse tardi o forse no, ma l'aveva capito. Nell'istante in cui aveva scoperto che al mondo esisteva qualcuno che poteva portargliela via aveva cominciato a macerare il nervoso all'interno della pancia, un nervoso che l'aveva accompagnato per tutte quelle ventiquattro ore e che aveva raggiunto l'apice in breve tempo nel vedere Ares parlarle così schiettamente del suo desiderio di averla con loro. E ora lo comprendeva... era stato proprio quel nervoso a fargli nascere quel martellante pensiero nella testa a cui aveva dato aria proprio un istante prima.
«Non è più la Priscilla di un tempo» disse Evergreen. «Adesso ha dei sogni propri, dei sentimenti indipendenti, è diventata del tutto umana. Si è liberata da suo padre e si è liberata dal suo ruolo che la vedeva legata eternamente a te. Non c'è niente che la tenga ancora qui, se non i propri sentimenti. Non darli per scontati, non lo sono più, non ti correrà dietro per sempre... certo non smetterà di volerti bene, avete passato una vita insieme in fondo, ma un giorno potrebbe comunque trovare un altro uomo a cui indirizzare l'amore che tu non vuoi accettare. E non mi sembra che la cosa ti vada tanto a genio, giusto?» lo provocò, più diretta, e fu proprio il suo silenzio a dargli una risposta benché voltato di spalle non potesse vedere la sua espressione.
«Parlale» decretò infine Evergreen, prima di abbozzare un sorriso divertito e aggiungere: «Lo sai anche tu che non ti rifiuterà».
Laxus esitò e anche se ancora non le rispose lei poté ritenersi soddisfatta. I muscoli erano più distesi, le spalle morbide, aveva accettato tutto quello che gli era stato detto senza opporsi ancora o negare l'evidenza. Era stato un silenzio che confermava, che asseriva, e con quello se n'era andato verso la gilda, probabilmente intenzionato a dare una mano nella sua ricostruzione. Evergreen sapeva che niente sarebbe rimasto immutato, da allora, e certo non avrebbe fatto mancare il suo tocco per dare una mano nel caso l'avesse visto in difficoltà. L'attacco di Olympos, alla fine, aveva avuto anche i suoi risvolti positivi.
Le riparazioni iniziate quel giorno durarono appena il tempo di una rissa. Non appena gli animi furono calmati i membri di Fairy Tail cominciarono a cadere, uno dopo l'altro, per la fatica accumulata soprattutto durante la battaglia contro Olympos. Makarov venne portato in infermeria, dove avrebbe riposato e recuperato le forze, mentre gli altri, chi prima e chi dopo, tornava a casa propria. Quando la mattina dopo Priscilla e Wendy uscirono dalla loro stanza per tornare alla gilda e rimettersi al lavoro, con grande stupore trovarono gran parte dei membri di Fairy Tail già all'opera. Erza, come sempre, si era messa al comando della squadra di riparazione e urlava direttive trasportano sulle spalle assi di legno dalla grandezza sempre maggiore. Dopo un primo pianto commosso, anche Priscilla indossò il proprio caschetto protettivo e cominciò con energia a dare una mano. Passarono due giorni intensi, pieni di lavoro e fatica, ma nonostante la punizione fosse stata impartita solo a lei con allegria trovava sempre tutti pronti fin dal mattino a darle una mano. In poco tempo ciò che restava di quello scontro con Olympos non fu che un ricordo di cui nessuno portava rancore e i muri della gilda cominciarono nuovamente a prendere forma. Erano giorni tranquilli, anche se faticosi, ma non per un'Evergreen che portava nel petto un segreto di cui ancora non ne vedeva i frutti. Come con lo scontro con Olympos, anche la chiacchierata con Laxus non era altro che un ricordo e sia lui, che Priscilla, erano tornati quelli di sempre. Al punto di partenza.
«Per quale motivo quell'uomo è così testardo?» mormorò tra sé e sé, mentre dava un tocco di colore alla parete appena rialzata. Irritata, con la coda dell'occhio, lanciava sguardi a un Laxus che si era appena preso una pausa dal lavoro e, seduto al tavolo, sorseggiava una birra appena spillata.
«Non è forse prerogativa di tutti gli uomini essere così?» chiese una voce al suo fianco, vaga, non meglio identificata, ma in quel momento Evergreen era talmente assorta nei suoi pensieri da non chiedersi nemmeno di chi fosse. Sospirò, arrendevole, e affermò: «Quanta verità».
Solo in un secondo momento realizzò la conversazione appena avvenuta e si voltò, curiosa, chiedendosi chi si fosse intromesso nella sua riflessione.
«Afrodite!» sussultò vedendola vestita da cameriera, con in mano un vassoio che trasportava bicchieri pieni. Mirajane comparve al suo fianco, con in mano altri vassoi, e sorrise allegra: «È un'assistente davvero eccellente» commentò, mentre Macao e Wakaba, seduti a un tavolo, cercavano di attirare la sua attenzione per farsi servire. Afrodite sfoggiò un radioso sorriso e ondeggiando con i fianchi si avvicinò ai due, chiedendo armoniosamente in cosa avrebbe potuto servirli. Come previsto, i due uomini cominciarono a dare di matto di fronte alla bellezza e alla grazia di una ragazza tanto disposta a prendersi cura di due vecchi come loro. E Afrodite non era certo una donna senza veli, accettò persino di far loro un massaggio alla schiena, alimentando così le loro perverse fantasie. Dovette intervenire Lisanna a proteggerla, prima che quei due, approfittando della benevolenza della donna, avessero potuto spingersi oltre nelle richieste.
«Permesso!» urlò una voce infantile e schiacciandosi contro al muro Evergreen vide passare di fronte a sé la piccola Artemide. Fischiava a ritmo di passo militare e dietro di lei marciavano tutti in fila un piccolo esercito di formiche, ognuna con un chiodo o un bullone tenuto tra le zampe. Si fermarono di fianco a Efesto, steso sotto al bancone, e una per una le formiche portarono a lui alcuni di quegli utensili. Con il calore del proprio corpo, infine lui si occupava di saldare il tutto. Con degli sbuffi improvvisi di vento, il piccolo Hermes correva da una parte all'altra della gilda trasportando sedie, tavoli o facendo da assistente a chi gli chiedeva un martello o un cacciavite. Si fermò improvvisamente di fronte a Jet, ma non smise di muovere le gambe correndo lentamente sul posto, cosa che fece anche l'uomo.
«Bentornato, piccola scheggia!» salutò Jet.
«Grazie, vecchiaccio scapolo!» disse Hermes sorridendo e mettendo bello in mostra l'apparecchio che aveva da poco dovuto mettere ai denti, sotto ordine di un Athena attenta e scrupolosa. Jet lo fulminò, offeso e ferito, ed Hermes ridendo come un matto cominciò a correre via mentre l'uomo tentava di raggiungerlo e afferrarlo per fargliela pagare. Spostando lo sguardo, per riuscire a seguirli, gli occhi di Evergreen caddero sull'abbozzo di palcoscenico che stava venendo costruito in quel momento. Gajeel era lì sopra insieme a Dioniso ed entrambi, chitarra al collo, facevano ipotesi e congetture su come sistemare al meglio quel posto in modo che il sound della loro musica fosse potuta spandersi il più armoniosamente possibile. Ogni tanto tiravano qualche accordata di prova, per testare il riverbero delle pareti, ma in realtà era solo una scusa per suonare. Sembravano andare molto d'accordo, vista l'allegria con cui continuavano a fare ipotesi e con cui si dicevano d'accordo sulle modifiche da apportare al palcoscenico. Athena, seduta a un tavolo, occhiali sul naso e decine di libri che volteggiavano intorno a lei, dava ogni tanto qualche direttiva tecnica per aumentare l'efficienza e la sostenibilità della struttura. Levy, seduta accanto a lei, ogni tanto afferrava di nascosto qualcuno di quei libri e li leggeva rapidamente, affascinata, per poi rimetterli al loro posto prima che Athena avesse potuto notarla. Gioco che non durò per molto, visto che quando immergeva gli occhi nelle pagine la piccola bibliotecaria di Fairy Tail perdeva il contatto con la realtà, e non notò gli occhi di Athena poggiarsi su di lei, accorgendosi del furto, ma quest'ultima sorrise e la lasciò fare come se niente fosse.
Apollo era seduto sul bancone, con i piedi penzoloni sopra Efesto, che invece era steso sotto che terminava i lavori, e allegro parlava con Makarov facendo ondeggiare i piedi sotto di lui. Il vecchio Master della gilda, dal canto suo, per quanto avesse a fianco colui che aveva attentato alla sua vita, sorrideva come da tempo non faceva. Ero alla fine un tenero vecchietto amante dei bambini e averne uno che gli gironzolava attorno per ascoltare le sue storie o fargli compagnia era la fonte di gioia più grande che avesse potuto avere. La piccola Asuka aveva lasciato i suoi genitori non appena l'aveva notato e anche lei era corsa da Makarov e Apollo per stare insieme a loro, a sentire le storie del nonno Makarov... anche se la quasi totalità di queste raccontavano dei disastri dei membri di Fairy Tail e di quanto, quei figli, gli avessero fatto venire i capelli bianchi. Ma i bambini ridevano ed erano curiosi e ciò bastava a stimolarlo ad andare avanti.
La terra tremò improvvisamente e, appoggiandosi al muro, Evergreen spostò lo sguardo verso la fonte di quel piccolo terremoto. Ares aveva appena appoggiato a terra un enorme pilastro, e anche se aveva cercato di essere il più delicato possibile l'imponenza dell'oggetto aveva portato comunque a far tremare tutto il circondario. Tirò un sospiro soddisfatto, per liberarsi dalla fatica, e con il polso si asciugò il sudore dalla fronte, sudore che bagnava visibilmente anche il resto del busto nudo e massiccio. Cana si allungò al suo fianco, seduta su un tavolo, e si sventolò una mano davanti al viso in maniera lenta e sensuale mentre sporgeva un po' più il petto verso l'alto.
«Certo che è proprio caldo, oggi, non è vero?» disse con un tono che palesemente non le apparteneva.
«Ti va qualcosa di fresco, Ares?» propose Lisanna, ondeggiando al suo fianco e portandosi delicata una mano alla guancia lievemente arrossata, mentre gli porgeva un bicchiere di succo con ghiaccio.
«Puoi asciugarti con questo se ti va» si avvicinò anche Laki, porgendo ad Ares quella che era palesemente una sua maglietta.
Ares sorrise dolcemente a tutte e tre e accettò sia la bibita che la maglietta, prima di appoggiarsi di fianco a Cana per riposare un po', accettando persino le sue attenzioni più provocanti ed esplicite. Dall'altro lato, Laxus ancora seduto a bere non faceva invece che fissarlo corrucciato, nervoso persino nella presa che teneva sul proprio bicchiere. Non si erano ancora rivolti la parola, ma solo la presenza di quell'uomo bastava a farlo andare in bestia. Il fatto che fosse oltretutto così popolare tra le donne della sua gilda aumentava ancora di più il senso di rabbia e rivalità che provava nei suoi confronti. Un tempo era lui quello che puntava a essere il più forte e ammirato di Fairy Tail, come si permetteva uno stronzo qualunque, che oltretutto aveva minato alla loro vita, prendere quel posto? Che andasse a rimorchiare nella propria di gilda, invece di invadere quella degli altri!
Laxus era talmente preso di rabbia nel vederlo, che nemmeno si accorse di Priscilla che al suo fianco lo guardava ridendo divertita da quella sua palese reazione infastidita.
«Ares è sempre il solito» sbuffò Eris, facendo scoppiare la bolla di una gomma da masticare. Seduta disordinatamente su qualche trave appoggiata lì vicino momentaneamente, con un ginocchio alzato e un braccio poggiato su esso, fissava il fratello che stava palesemente approfittando della situazione per ingigantire di più il suo ego e per divertirsi un po' con quelle ragazze.
«Anche tu qui?» chiese Evergreen, stupita di vederla.
«Non sono certo venuta per aiutare, come loro!» rispose acida la ragazza. «Questi imbecilli si sentivano in colpa, ma penso che in realtà volessero venire a salutarvi» aggiunse, irritata.
«E allora che fai qui?» chiese Evergreen, chiedendosi perché mai fosse venuta anche lei se non aveva lo stesso interesse.
«Per divertirmi un po', mi annoiavo» confessò, indicando con un gesto della testa Natsu e Gray di fronte a lei che litigavano furiosamente.
«Eris!» brontolò la voce di Ebe, sbucando al suo fianco. «Smetti di usare i tuoi poteri su questa gente, chiaro?!»
«Non sono stata io!» si difese la ragazza.
«Non mentire!» la riprese ancora Ebe, per niente convinta da quelle parole.
«Credile» sospirò Lucy. «Probabilmente ha ragione».
«Quei due sono un vero spasso» scoppiò a ridere Eris, nel vedere Natsu e Gray che avevano cominciato a tirarsi pugni in faccia. Da dietro le spalle di Ebe sbucò, timida e tremolante, il volto di Persefone mostrandosi così nascosta dietro le spalle della sorella. Salutò delicatamente con una mano, sforzandosi di sorridere nonostante la timidezza, anche se non disse una sola parola.
«Ci sei anche tu, Persefone» sorrise Evergreen, guardandola con tenerezza, e la ragazza semplicemente annuì. Poi sussultò, avvampò e tornò a nascondersi dietro le spalle di Ebe.
«Ha insistito per venire anche lei, ma non fa altro che nascondersi» spiegò la sorella e fissò un punto alle spalle di Evergreen.
«Ever» chiamò Bickslow, nell'istante in cui questo raggiunse l'amica, e questo spiegò il motivo per il quale Persefone era tornata a tremare e nascondersi. «Erza chiede se hai finito qui, perché ha bisogno del colore» disse Bickslow, prima di voltarsi e notare la presenza di Ebe e Eris.
«Oh, ciao ragazze!» salutò sorridendo e le due risposero altrettanto cordialmente, prima che Ebe spingesse il proprio volto alle sue spalle, per cercare Persefone lì rannicchiata. «Perché non lo saluti anche tu?» le chiese cercando di essere dolce e rassicurante, sperando che quello bastasse a spingerla almeno a rivolgergli la parola visto il suo palese interesse verso quel ragazzo. Ma Persefone si rannicchiò maggiormente, negò con la testa e lentamente scomparve alla vista, diventando ella stessa uno spettro, anche se restò aggrappata alla maglia di Ebe per restare alle sue spalle.
«Lui può vederti lo stesso» insisté Ebe, ricordando il potere di Bickslow che gli permetteva di vedere le anime, ma questo non aiutò Persefone ad abbandonare la sua pressante timidezza. Sospirò, rinunciando nel suo intento, e voltandosi decise di tornare al lavoro... con Persefone ancora aggrappata alla sua maglia, anche se invisibile.
«Chissà se sentirò mai la sua voce» commentò Bickslow, trovando divertente quel suo modo di fare -e ovviamente non capendo che lui era uno dei motivi più grandi per il quale lei stava in silenzio.
«Porto il colore a Erza» commentò Evergreen, prendendo il secchio e allontanandosi.
«Priscilla» Mirajane si avvicinò al tavolo dove lei e Laxus erano seduti, prendendo il bicchiere vuoto dell'uomo e sostituendolo con uno pieno. «Visto che la punizione era destinata a te, non dovresti almeno dare una mano?» chiese dolcemente, ma comunque con un pizzico di rimprovero nella voce. Da quando avevano cominciato a lavorare quella mattina non aveva fatto che prendersela comoda e intervenire solo di tanto in tanto, quando necessario. Si era adagiata molto sull'aiuto che i suoi compagni le davano, finendo col lasciare a loro tutto il lavoro pesante. Priscilla si grattò la nuca imbarazzata e ridacchiando ammise: «Già, hai ragione».
«Se non vuoi contribuire al lavoro di costruzione potresti almeno cercarti un lavoro, visto che le spese stanno iniziando a salire e spetta a te pagarle» suggerì Mirajane, sperando che l'idea di andare in missione potesse essere almeno più appagante per lei. Un modo per unire il dovere al piacere, in fondo era libera di scegliere qualsiasi lavoro le piacesse purché aiutasse. Evergreen, non troppo lontano, riuscì a cogliere quel suggerimento e in un istante un'idea le balenò in mente.
«Noi Raijinshuu siamo terribilmente impegnati» disse avvicinandosi. «Ma andare in missione da sola potrebbe essere pericoloso. Laxus, perché non l'accompagni tu?» e una scintilla maliziosa le brillò negli occhi, scintilla che l'uomo colse perfettamente. Era consapevole delle sue intenzioni, visto che non molto tempo addietro aveva avuto la debolezza di confessare ad alta voce parte dei suoi sentimenti, proprio quando lei era nei paraggi. Evergreen sapeva e quella non era altro che una scusa per permettere ai due di restare finalmente soli, dopo tanto tempo, nella speranza che lui ascoltasse il consiglio che lei gli aveva dato: parlarle, fare quel passo in avanti che da tempo aveva negato di fare, confessare a lei, ma soprattutto a se stesso, che ciò che provava nei suoi confronti andava ben oltre ogni aspettativa. Che lei, senza che potesse accorgersi di quando esattamente era successo, era diventata il suo tutto. Laxus ormai cominciava a comprenderlo, quel sentimento, ma nonostante questo riuscire ad accettarlo e ammetterlo apertamente era cosa ben diversa.
«Perché mai dovrei accompagnarla proprio io? Può andare Wendy con lei» suggerì irritato, lievemente rosso in volto. Wendy, sentendo l'idea, si illuminò e si avvicinò allegra pronta a rispondere affermativamente. Era passato tanto tempo da quando lei e Priscilla erano andate in missione insieme, l'idea le piaceva da matti. Ma non appena la bambina aprì bocca, pronta a parlare, Evergreen la interruppe dicendo: «Wendy deve restare qui. Ho assolutamente bisogno del suo aiuto per una faccenda personale, ma tu invece vedo che sei libero visto che perdi tempo a bere litri di birra, no?» lo punzecchiò ancora e lui si irrigidì sempre più, non potendo negare visto che proprio in quel momento stava tracannando il suo secondo boccale.
«Di cosa hai bisogno, Ever-san?» chiese curiosa Wendy, trovando strano che proprio lei, con cui mai aveva avuto rapporti, le chiedesse un favore.
«Te lo spiego dopo, piccoletta» rispose Evergreen vagamente, dando alla piccola solo un paio di pacche affettuose sulla testa.
«Una missione da soli noi due, come ai vecchi tempi» sorrise Priscilla, ignara di ciò che realmente stesse accadendo. «Sarà divertente, Laxus» tentò di convincerlo.
«Ho da fare» rispose lui seccamente, non sapendo a cos'altro appigliarsi.
«In questo caso» intervenne Ares, accompagnato dal trio innamorato che ancora gli andava dietro candidamente. «Posso offrirmi io, per accompagnare la piccoletta. Qui ho finito».
«Non hai finito» rispose Laxus veloce come una saetta, corrucciandosi sempre più.
«Nessuno mi obbliga a stare qui, vi stiamo solo facendo un favore, perciò posso decidere di aver finito quando voglio. E certo non permetterei mai alla nostra Pricchan di avventurarsi da sola in qualche antro pericoloso» poggiò una mano sul tavolo e chinandosi in avanti avvicinò il proprio volto a quello di Laxus, con la chiara intenzione di fissarlo bene negli occhi e provocarlo tanto da farlo scattare. «E visto il fratello degenere che si ritrova, non ho altra scelta se non intervenire» aggiunse, sghignazzando soddisfatto. Laxus si prese qualche istante di silenzio, dove concentrò tutta la sua forza ed energia nello sguardo duro e feroce che lanciava contro quell'uomo dalla presenza molesta. Cercò di far appello al suo orgoglio per non iniziare a sbraitare come un ragazzino, ciò non tolse che ogni muscolo fosse teso e alla prima nota storta sarebbe potuto partire e tirare qualche cazzotto a quella faccia di merda che aveva davanti.
«Non fai parte di questa gilda, non ti è permesso prendere parte alle nostre missioni» disse con voce bassa e roca.
«Non voglio fare le vostre missioni, non voglio nemmeno la ricompensa. Mi limiterò a seguire la piccoletta e assicurarmi che stia bene» insisté Ares, ghignando sempre di più. Laxus continuò a fulminarlo per un po', infine distolse lo sguardo e si alzò dalla sedia. Spostò lo sguardo altrove e, senza dire una parola, con aria orgogliosa si allontanò.
«Eh?» mormorò Ares, guardando la sua schiena. «Mi sta ignorando?» inarcò un sopracciglio, lievemente infastidito ma comunque divertito da com'era andata. Alla fine il divertimento stava tutto lì, nello stuzzicarlo fino a vederlo esplodere.
«Pricchan» chiamò Laxus qualche passo più avanti. «Se non vieni, lo scelgo io il lavoro» disse quasi provocatorio, come se si fosse scocciato nel vedere che non si sbrigava a seguirlo. Solo una scusa, un semplice modo per dire che aveva ceduto, che sarebbe andato con lei, ma senza doverlo ammettere apertamente per non dare la soddisfazione ad Ares di sentirsi vincitore.
«Mh?» mormorò Priscilla, guardandolo sorpresa. «Ha cambiato idea?» ridacchiò divertita. Si alzò e lo raggiunse rapidamente, continuando a ridacchiare divertita da com'erano andate le cose ma senza riuscire a nascondere un velo di allegria e felicità all'idea che avrebbe passato un po' di tempo con lui.
«Credo che dovrei ringraziarti per averlo convinto, ma chissà perché ho idea che aiutarmi non fosse nelle tue intenzioni» disse Evergreen a un Ares che divertito -anche se lievemente ferito da quella sconfitta- li guardava sghignazzante, a braccia incrociate.
«Perché? Avevi un secondo fine?» chiese Ares, innocentemente.
«Non ha nemmeno capito che stava succedendo, dovevo immaginarlo» sospirò Evergreen, rassegnata.
«Voleva solo litigare con lui» ridacchiò Wendy, al suo fianco, e Ares sentendosi scoperto in quella sua intenzione rispose con una sonora risata divertita.
Quando Priscilla raggiunse Laxus lui era già fermo davanti alla bacheca degli annunci e li stava osservando, cercando qualcosa che potesse sembrare interessante. Dopo tutto quello che era successo mettersi a lavorare era l'ultimo dei suoi pensieri, ma aveva ceduto a quelle ridicole provocazioni e alla trappola -perché solo così poteva essere chiamata- di Evergreen. Non aveva avuto altra scelta, ma almeno poteva rifarsi cercando qualcosa di impegnativo che avesse potuto rispecchiare il suo nome e portare a Priscilla qualche soldo in più in tasca. Se doveva farlo, almeno l'avrebbe fatto come si deve.
«Mh...» mormorò Priscilla, impegnata a leggere i vari incarichi. «Da quando abbiamo vinto i giochi della magia le richieste sono notevolmente aumentate, c'è l'imbarazzo della scelta» commentò, prima di illuminarsi e puntarne una. «Cercano un mago per una festa di compleanno!» esclamò divertita.
«Vuoi davvero ridurti a fare il clown per dei bambini?» le chiese lui, infastidito. «Quella sembra più una cosa da Natsu» aggiunse poi, facendo così scattare l'ilarità di Priscilla. «Sembrava divertente» commentò semplicemente, prima di sospirare e tornare a cercare qualche richiesta. «È che ne abbiamo viste davvero di tutti i colori negli ultimi tempi, speravo di rilassarmi un po' a dire il vero».
«Il nonno ha detto che devi pagare le spese» le disse Laxus e lei sospirando, piagnucolò: «Lo so».
«Non si guadagna molto facendo il clown» insisté lui, continuando a dare un'occhiata a quello che aveva davanti. Caccia ai demoni, libri maledetti, tesori da ritrovare, città da salvare da disastri naturali... ce n'erano veramente di tutti i gusti, anche molto interessanti, eppure nonostante questo la sua attenzione venne catturata da una richiesta di livello veramente mediocre. Non l'avrebbe nemmeno considerata, come molte altre, se l'occhio non gli fosse caduto sul nome del mandante: lo zoo di Cotonaria, una città a un centinaio di chilometri da lì.
«Allora signor mago di classe S, quale sarà la sua prima incredibile impresa?» la voce squillante di Priscilla, di qualche anno addietro, aveva fatto capolino nei suoi ricordi con una tale rapidità che era riuscita a stuzzicare i sentimenti più profondi legati ad essa. Nostalgia, allegria, emozione... l'amore che provava per lei, il desiderio così intenso di vederla sempre felice che si era persino abbassato a inaugurare il suo incredibile titolo di mago di Classe S con il lavoro più ridicolo che avesse mai accettato.
«Andiamo allo zoo. Non ci sei mai stata, giusto?» il guardiano allo zoo di Cotonaria. Era stato il giorno più noioso e imbarazzante della sua vita, mai si era sentito tanto umiliato, ma vedere gli occhi di Priscilla che brillavano di fronte a quegli animali era bastato a trasformare quella vergogna in uno dei ricordi più dolci che custodiva dentro sé. Allungò una mano e afferrò il volantino, per leggere meglio le condizioni del lavoro, e Priscilla allungò il collo curiosa di vedere quale incredibile lavoro avesse appena attirato la sua attenzione. Lo stupore fu enorme quando vide la paga nella norma e soprattutto il titolo del lavoro che faceva presagire fosse qualcosa di poco impegnativo: "Animale smarrito".
Con curiosità continuò a leggere, chiedendosi sempre più incredula cosa Laxus ci avesse visto di interessante in quel fogliaccio, fino a quando non arrivò anche lei a leggere il nome del mandante.
«Cotonaria?» mormorò, sentendo la familiarità del nome. Poi si ricordò e chiese, sorpresa: «Non è lo stesso zoo dove siamo andati a fare la tua prima missione da classe S?»
«Avevi frignato talmente tanto che volevi andarci che non avevo avuto altra scelta» commentò lui e lei scattò, offesa, rispondendo: «Non ho frignato!»
«Per tutto il giorno» insisté lui, lasciandosi sfuggire un sorriso divertito.
«Non è vero, bugiardo!» lamentò lei, infastidita. «Io me n'ero persino dimenticata, sei tu che alla fine hai deciso di andarci».
«Per farti stare zitta» continuò, infilandosi il foglio dell'incarico in tasca. Si incamminò verso l'uscita e Priscilla gli andò dietro, cominciando a colpirlo su un braccio infastidita. «Sei un bugiardo orgoglioso! Brutto antipatico!» lamentò e più insisteva più Laxus non riusciva a tenere per sé l'ilarità, alzando sempre più il tono della risatina che gli usciva dalla gola divertito. Neanche aveva chiesto se per lei andasse bene, neanche aveva ammesso ad alta voce la sua intenzione a prendere quella missione. Si era semplicemente messo il foglio in tasca.
Sarebbe stata una bella ventata nostalgica.

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