Cominciò a tornare la sensibilità nel corpo e in quell'istante anche gli altri sensi pian piano ripresero a funzionare. Sentiva freddo e respirava a fatica, ma un soffuso rumore nelle orecchie la coccolava. Non sembrava minaccioso. Si mosse a fatica e solo allora si accorse di avere dell'acqua sotto di sé. Questo spiegava il freddo e il respiro affannoso: parte di essa le entrava nelle narici. Aprì gli occhi e venne accecata da un abbagliante raggio di sole che per un po' le impedì di guardarsi attorno. Il rumore divenne più distinto e riuscì a riconoscerlo come il mare. Era stesa sulla riva di una spiaggia, sentiva la sabbia infilarsi dentro i suoi vestiti. Si alzò a fatica, dolorante e confusa, sempre più lucida. Cominciava a ricordare... aveva ingoiato appena in tempo una delle pillole che aveva rubato a Mistgun, per poi lasciar cadere il flacone un secondo prima di sparire del tutto dentro Anima. La sua speranza era che Mistgun lo avesse raccolto e avesse usato quelle pillole per attraversare Anima, raggiungerla magari insieme ad alcuni dei loro amici, e andarla a riprendere. Aveva allungato una mano verso di loro in quell'ultima disperata speranza.
Grazie a quella pillola Anima l'aveva sì trascinata ad Edoras, ma non l'aveva trasformata in Lacryma e, cosa forse ancora più importante, non le aveva sottratto la magia.
"La magia nel mio mondo è bandita. Nessuno può utilizzarla" ricordava i racconti di Mistgun, anche se le aveva parlato poco alla fine del suo mondo. Si tirò in ginocchio e pian piano riuscì a vincere persino contro la luce del sole e cominciare a vedersi attorno. Sopraggiunse un rumore di metallo e di passi affrettati, le stavano andando incontro. Un vociare, per niente amichevole, ricordava quello di un esercito. Alzò la testa appena prima che i soldati le puntassero contro le proprie armi, anche se era ancora in ginocchio nell'acqua su quella spiaggia. Impallidì, rendendosi conto del pericolo. Non le avevano neanche dato il tempo di organizzare i pensieri e già le davano la caccia.
«La donna caduta dal cielo, dicono sia portatrice di magia» annunciò uno dei soldati.
«La magia è proibita nel nostro paese, come sua usufruitrice stai trasgredendo le nostre leggi per questo ti dichiariamo in arresto!» disse severo uno di quelli che le puntava l'arma al viso.
«Arrenditi e seguici senza opporti!» proseguì.
Priscilla alzò le mani e lentamente si alzò in piedi, guardandoli con severità. Era appena arrivata in quel paese e già era nei guai ben prima che potesse svegliarsi. Ma lei non poteva morire lì, né tanto meno arrendersi: Mistgun doveva raggiungerla, riprendersi il trono, spodestare il folle padre e infine riportarla a casa sana e salva. Una lunga, lunghissima missione, certo non poteva perdere al primo intoppo. Uno dei soldati si fece avanti e allungò una mano verso il suo braccio, pronto a prenderla e trascinarla via, ma l'attraversò smuovendo così l'aria e rompendo il suo incantesimo. Un miraggio, riusciva ancora a farli.
«Dov'è finita?» gridò qualcuno.
«Cercatela!»
«È una pericolosa criminale!»
«Dovete trovarla, sbrigatevi!»
Priscilla si liberò dal suo miraggio poco dopo, correndo lungo la spiaggia e cercando di scappare. Ovunque, ma lontano da loro, senza usare troppa magia. Il viaggio in Anima e la battaglia di poco prima l'avevano stremata, non era in grado di usare grandi quantitativi di magia ancora. Forse la colpa era anche di quel posto. Ci aveva pensato solo una volta che era stata risucchiata: aveva viaggiato attraverso le dimensioni, non era stato un semplice cambio di luogo. Poteva la magia di suo padre raggiungerla? Poteva ancora usare la sua anima per tenersi in vita?
La risposta era sicuramente sì, visto che ancora respirava, ma era debole... forse era anche colpa di quello? Finché non avesse trovato risposta era meglio risparmiare quanta più magia possibile, per non rischiare di mettere a repentaglio la propria vita. Arrivò a un dirupo che certo non si sarebbe aspettata di trovare, ma dalla sorpresa non riuscì a frenare in tempo e cadde lungo il fianco di quella che era una vera e propria montagna di sabbia. Rotolò a lungo prima di riuscire a tornare sulla terra ferma, sempre più ferita e dolorante.
«Eccola lì!» la voce dei soldati, sopra la sua testa.
«Merda!» digrignò i denti e si rialzò rapidamente, correndo verso non sapeva nemmeno lei dove. Non conosceva quel posto, non aveva neanche idea di che tipo di geografia potesse avere, era terribilmente svantaggiata. Un colpo di fucile e il proiettile la centrò in pieno in un polpaccio, facendola cadere a terra con un urlo.
Il rumore dei passi dietro di lei che le indicava che la stavano raggiungendo.
«Merda» sibilò di nuovo, più disperata che mai. «Non ho altra scelta» e usò nuovamente il miraggio, proiettando una chiara immagine di sé ancora stesa sulla sabbia. Si alzò in volo, nascosta dal miraggio che la rendeva momentaneamente invisibile, e si allontanò il più possibile approfittando della trappola messa per i soldati. Non gli ci volle certo molto per capire di essere stati di nuovo ingannati, dal momento che toccandola l'immagine si dissolse nuovamente.
«È scappata! Che razza di magia usa quel mostro?» sibilò uno dei soldati, irritato per il fallimento. «Capitano Davi! Non ha lasciato nemmeno impronte» si avvicinò un altro a un uomo corpulento, alto, dal naso aquilino e i capelli ben pettinati all'indietro, legati in una perfetta coda lucida.
L'uomo si guardò attorno, poco convinto e studiò la zona circostante fino a quando non trovò l'indizio che faceva al caso suo. Gocce di sangue sulla sabbia.
«Si rende invisibile, ma non sparisce realmente» disse seguendo per un po' la scia fino a quando non sparì. «Qui si è accorta che perdeva sangue. Si dev'essere coperta, ma è stato inutile. La direzione è quella! È diretta a Myen! Mandate un messaggio alla città Reale, chiedete l'intervento di una squadra specializzata. Aveva il simbolo di Fairy Tail sulla mano destra».
«Fairy Tail» sussultò il suo sottoposto. «Questo significa che manderanno...».
«Sì,con ogni probabilità la Cacciatrice di Fate verrà a darci una mano. Erza Knightwalker».
«Avete sentito? Mandate un messaggero!» urlò uno dei soldati.
«Noi l'anticipiamo, andiamo a Myen! Mettiamoci in marcia, forza!» urlò Davi, prima di cominciare a incamminarsi severamente verso la cittadina.
Myen era una città abbastanza fiorente, benché sorgesse su un colle isolato sopra a un deserto. Lo attraversava a nord un fiume che cadeva dritto dalle isole sopraelevate, le isole Gramure, che a loro volta ricevevano il fiume dai monti innevati dell'estremo settentrione. Il caldo nel resto della regione era soffocante, ma quel fiume nato dal ghiaccio e assicurato da una ripida discesa gli assicurava di arrivare alla città prima che potesse evaporare per il caldo. La città Myen aveva avuto la sua fortuna proprio da quello. Dal deserto raccoglievano la sabbia con cui fabbricavano il vetro e proprio del vetro erano i sovrani del commercio e avevano la loro ricchezza. I migliori vetri colorati e decorativi arrivavano dalla ricca città sul deserto, che poteva vantare delle migliori materie prime. Ma non era solo la decorazione la loro punta di diamante. Vetri oscuranti, vetri riflettenti, vetri indistruttibili, armi in vetro leggero come piuma ma funzionali come quelle vere, oltre che bottiglie, contenitori, specchi e ogni sorta di materiale utile per ogni esigenza. Il mercato nella piazza centrale era sempre attivo, pronto ad accogliere ogni sorta di turista o acquirente, non si spegneva nemmeno la sera quando i mastri vetrai davano vita a degli spettacoli e a dei festival per promuovere le loro incredibili capacità. E proprio in quel mercato, su di un tavolo ricolmo di piatti e bicchieri dai colori sgargianti, Priscilla atterrò priva di energia. La distruzione fu totale, la rabbia del proprietario anche peggiore, tanto da non interessarsi al fatto che quella ragazza fosse sopraggiunta dal nulla. Priscilla si alzò da terra e si guardò attorno spaventata e ancora più confusa. C'erano persone ovunque: chi di loro era amico e chi no? Probabilmente nessuno. Non poteva fidarsi di nessuno in quella terra sconosciuta e ostile verso ciò che le aveva dato la vita. Si alzò, ignorò le urla dell'uomo vetraio e riprese a correre e scappare, zoppicando per la ferita alla gamba. Sudava freddo e respirava a fatica, ogni tre passi la vista le si appannava, ma non poteva fermarsi.
"Devo togliermi questo proiettile dalla gamba o non potrà mai rigenerarsi!" pensò cercando un posto tranquillo. Ma lì la tranquillità era l'ultima delle cose a cui poteva ambire. Le urla dell'uomo a cui aveva distrutto il lavoro di mesi di fatica avevano attirato le guardie che, anche se non consapevoli di chi fosse, cominciarono lo stesso a darle la caccia. Spaventata si guardò attorno e fece di nuovo ricorso alla sua magia per nascondere la sua posizione, ma la stanchezza era troppa, aveva volato a lungo con una ferita che continuava a premere per rigenerarsi ma che consumava solo quel poco di magia che sentiva le rimaneva. Il Mirage durò solo qualche istante, poco prima che lei ricomparisse all'angolo di una strada, contro una botte che andò a colpire, dolorante. La fece cadere a terra e riprese a correre verso nessuna destinazione sicura. Il dolore, la paura e l'incertezza di non sapere cosa fare o dove andare la portarono a versare lacrime. Si rese conto che quella era la prima volta dopo tanto tempo, forse la prima volta da tutta la vita, che era sola senza nessuno a cui chiedere aiuto. Inciampò, cadendo a terra nel peggiore dei modi, ma quella terribile posizione non solo le fece male ma diede modo ad alcuni passanti di notare il simbolo sul palmo della sua mano.
«F-Fairy Tail!» urlò una donna, terrorizzata. Priscilla si sollevò, ancora più spaventata, e si ricordò.
"Anche da noi esiste una gilda di nome Fairy Tail, ma nel nostro mondo le gilde sono al bando. Sono tutti criminali perché fanno uso di magia" i racconti di Mistgun che le tornavano alla mente come una sentenza di morte. Priscilla si rialzò e tornò a correre, inseguita dalle guardie, fino a quando non raggiunse l'estremo nord della città. Un ponte attraversava il fiume prima di proseguire con l'ultimo tratto della città, e su quel ponte la gamba di Priscilla cedette per l'ultima volta. Si aggrappò alla balaustra e urlò per il dolore, sapendo di essere arrivata al limite.
«Fa...male...» singhiozzò, artigliando il ferro della balaustra e cercando invano di rialzarsi. Ma certo le guardie non si sarebbero fermate solo perché stavano inseguendo una ferita e le corsero incontro, sapendo ormai di averla in pugno. Non restava che un'unica via d'uscita. Si spinse oltre la balaustra e infine cadde in acqua. Le acque del fiume Rambel erano famose per la loro aggressività, la potente discesa che facevano dai monti innevati fino a lì era ciò che permetteva che restasse fiorente e niente o nessuno poteva sperare di sopravvivere una volta lasciatosi travolgere dalle sue acque. Così Priscilla si trovò a nuotare inutilmente contro un destino che non voleva lasciarla in pace. Riuscì a emergere, ma colpì delle rocce, un'onda la investì e la ribaltò, trovandosi di nuovo sott'acqua senza nemmeno aver avuto tempo di prendere una boccata d'aria. Provò a risalire in superfice ma colpì violentemente altre rocce e la corrente la piroettò tanto che alla fine non riuscì più nemmeno a distinguere il sopra dal sotto. Sapeva non sarebbe morta, le ferite si sarebbero rimarginate, ma si chiese quando e dove avrebbe terminato quel tormentoso e doloroso viaggio privo di aria. Dove diavolo si trovava? Era davvero quella la sensazione della solitudine? Allungare una mano verso il vuoto, senza vedere nessuno fare altrettanto, continuare ad afferrare il nulla. Piangeva, sapeva che lo stava facendo anche se le sue lacrime si mescolavano all'acqua dolce del Rambel. La sua mano, fiera portatrice del simbolo, non afferrava altro che il nulla. Chiuse gli occhi, ormai rassegnata, troppo ferita per poter sopportare ancora. Avrebbe aspettato in silenzio la fine di tutto.
Poi il miracolo avvenne e sentì una presa ferrea, solida, aggrappare quella mano disperatamente protratta verso il nulla. La strinse con una forza che poche volte aveva sentito, una forza tale in grado di far riaccendere persino nel suo cuore ferito e arreso il lume di una vana speranza. Era incoraggiante, era scaldante.
Trascinata, uscì infine dal fiume potendo finalmente respirare di nuovo. Tossì e non riuscì a muoversi troppo, mentre veniva trascinata con forza sulla riva. Si concesse la libertà di accasciarsi, priva di forze, continuando ad ansimare grandi boccate d'aria e tossire acqua. Avrebbe voluto tanto dormire, almeno qualche giorno, ma la vita su Edoras non permetteva tregue. La stessa mano che l'aveva salvata si fece improvvisamente più severa sul suo polso e la costrinse a voltare il palmo, mosrtando così il simbolo che portava.
«Fairy Tail» una voce maschile, soffusa, nascosta da una bandana che copriva quasi interamente il volto del suo salvatore. Il cappuccio nascondeva il resto e di lui non riuscì a vedere altro che un paio di brillanti occhi azzurri. Familiari.
«Allora è vero, sei di Fairy Tail. La donna al mercato non stava delirando» commentò lui e Priscilla istintivamente tirò indietro la mano. Quel mondo era nemico di Fairy Tail, non poteva dimenticarlo. Si portò la mano al petto e cercò di arretrare, allontanandosi da lui.
«Tranquilla!» l'uomo portò le mani avanti, avvicinandosi in ginocchio alla ragazza che ora si schiacciava contro un albero come un animale terrorizzato. «Tranquilla, non ti farò del male! Davvero! Voglio solo aiutarti»
Quegli occhi... era come se conoscesse la sincerità che celavano al loro interno. Come se li conoscesse da sempre e sapeva che cosa stessero dicendo. Arricciò un sopracciglio, confusa, prima di trovare il coraggio di chiedere: «Chi sei?»
«Scusa» ridacchiò timido l'uomo. «Il fazzoletto» indicò la propria bandana, dando la colpa a lei della sua identità celata. «Se venissero a sapere in città che io e la mia famiglia aiutiamo quelli di Fairy Tail sarebbe una disgrazia, capisci?»
«Voi... aiutate Fairy Tail?» chiese Priscilla, inclinando la testa da un lato e continuando a scavare in quegli occhi.
«Da un po' di tempo, sì. Mio padre ha un debole per quella gilda» ridacchiò l'uomo, prima di afferrarsi il lembo della bandana che gli copriva il naso e decidere di tirarselo giù. Il cuore di Priscilla pulsò in petto tanto forte che le tolse il fiato e non seppe come riuscì a trattenersi dal tornare a piangere.
«Mi chiamo Laxus» si presentò con un sorriso che Priscilla ricordava bene, ma che nella sua memoria apparteneva solo a un Laxus bambino. Col tempo, crescendo, era come se si fosse dimenticato come si faceva a sorridere in quel modo. Invece in quel momento, dopo tanto tempo, quel magnifico sorriso luminoso e timido apparteneva a un ragazzo di ventitré anni.
«L...» mormorò ma la gola le si chiuse sotto la pressione di un cuore troppo veloce per riuscire a darle l'ossigeno necessario.
«Laxus, esatto. Magari non hai mai sentito parlare di me, non è che abbia fatto mai chissà cosa, a differenza di mio padre» arrossì lui, grattandosi nervosamente la nuca. Sorrideva, arrossiva, si imbarazzava e ammetteva di non essere troppo speciale. Inoltre non aveva la sua caratteristica cicatrice a forma di saetta sull'occhio. No, quello non era il suo Laxus.
"Su Edoras ci sono come... dei cloni di ciascuno di noi" Mistgun le aveva dato la risposta, tempo addietro, quando le aveva raccontato del suo mondo. Quello non era il Laxus che conosceva, ma quello di Edoras. Mistgun le aveva detto, quando l'aveva conosciuta, che una volta aveva conosciuto sia lui che Ivan di Edoras ed entrambi erano decisamente diversi.
«Tuo... padre...» balbettò lei, sempre più incredula. «Ivan... Ivan aiuta Fairy Tail?» sembrava incredibile, assolutamente inconcepibile.
«Non hai mai sentito parlare neanche di lui? Strano, tutti lo conoscono visto quello che fa per loro» disse Laxus, confuso. «Forse sei nuova, lì dentro?»
«Sì» mentì, cercando di trovare per lui delle risposte che nascondessero la sua vera provenienza. Per il momento, quella sembrava la migliore. «Mi sono unita a loro solo pochi giorni fa».
«Cosa ci fai da queste parti? So che la gilda al momento è molto lontana da qua» chiese Laxus, avvicinandosi cautamente e cominciando a esaminare le sue ferite. Provò ad allungare una mano verso il suo polpaccio, quello che sembrava messo peggio, ma Priscilla lo tirò violentemente indietro. C'era il terrore sul suo volto.
«S-scusa» balbettò lui, imbarazzato. «Non voglio farti male. Hai davvero delle brutte ferite».
«Posso pensarci da sola» arrossì Priscilla, non sapendo cosa inventarsi. Non doveva vederlo, il suo corpo fatto di magia, era bene non approfondire ancora il discorso della sua provenienza. Non finché non avesse capito fino a che punto potesse fidarsi di quel Laxus.
«Quella è una ferita da arma da fuoco, potresti avere ancora dentro il proiettile. Dovresti davvero lasciarti guardare» provò a incoraggiarla, timoroso nel doverle dare quel consiglio che più somigliava a un ordine.
«Tu... aiuti Fairy Tail, giusto? Quindi non sei contro la magia» chiese Priscilla.
«No, puoi stare tranquilla. Davvero, non ti farò del male» la incoraggiò.
«Allora... posso fare questo...» azzardò lei, chiedendosi se fosse una buona idea. Certo era meglio usare la magia di fronte a lui che permettergli di scoprire chi fosse realmente e intavolare così un lungo discorso decisamente troppo intimo e pericoloso. Chiuse la mano a pugno, lasciando però allentate le dita, disegnando così una specie di cilindro con le dita e portò l'estremità di quel cilindro al foro del proiettile. Il vento cominciò a vorticare al suo interno, circolare sempre più forte, un piccolo tornado stava praticamente nascendo da dentro la sua ferita e spingeva verso l'esterno. Il risucchio dell'aria fece muovere il proiettile tra la sua carne. Priscilla cominciò a sudare e dovette far appello a tutte le sue forze per non iniziare a urlare. Strinse denti e occhi, si accasciò a terra e strinse l'erba tra le dita dell'altra mano, ma non smise il suo lavoro di risucchio fino a che tra schizzi di sangue non uscì infine anche il proiettile. Ansimante, rimase accasciata a terra, troppo stremata per fare qualsiasi cosa.
«I-incredibile» balbettò Laxus, seduto a terra con gli occhi sgranati. «Non ho mai visto niente del genere prima d'ora». Si raddrizzò e si avvicinò alla ragazza rapidamente, camminando gattoni.
«Ehy! Stai bene?» chiese, preoccupato, ma Priscilla non rispose. Respirava a fatica, era fradicia non solo d'acqua del fiume ma anche di sudore e tremava come una foglia. Laxus le poggiò una mano sulla fronte e sussultò, constatando: «Sei congelata! Hai bisogno di scaldarti!»
Si tolse il mantello di dosso e lo usò per coprire la ragazza, che ancora sembrava priva di conoscenza. Dei rumori di passi da lontano attirarono la sua attenzione, ma sapeva che non erano passi amici.
«Merda. Speravo ti avessero dato per morta quando ti hanno vista cadere invece ti stanno ancora cercando» si tolse un fazzoletto dalla tasca e lo usò per fasciare rapidamente la ferita causata dal proiettile. Ora che era svenuta non si opponeva più e questo certo gli facilitava il compito.
«Meglio andarcene da qui» disse infine, prendendola in braccio e facendo ben attenzione che il mantello non le cadesse di dosso. Corse via, infilandosi tra vie e sotterranei che solo lui e suo padre conoscevano, le vie secondarie che usavano per incontrarsi con quelli di Fairy Tail senza che l'esercito li scoprisse.
Quando Priscilla riaprì gli occhi i dolori non erano scomparsi, ma perlomeno era sparita la paura le orribili sensazioni di solitudine. Non aveva idea di dove si trovasse, ma il profumo di quella stanza era buono, e le coperte che aveva stese addosso erano calde e morbide. La luce penetrava delicatamente dalla finestra leggermente oscurata da delle tende, non era fastidiosa ma nemmeno troppo buio. Era tutto così caldo e accogliente. Si mosse sul materasso morbido e provò a guardarsi attorno, quando una voce arrivò alle sue orecchie.
«Ti sei svegliata!» entusiasta così non l'aveva mai sentita. Era miele per il cuore. «Meno male stai bene» sospirò poi, sollevato. Priscilla si alzò a sedere, facendo cadere le coperte sulle gambe e scoprì così di non avere addosso i propri vestiti. Indossava una larga camicia bianca, decisamente gigante per lei, e dei calzoni altrettanto enormi, ma comunque comodi.
«S-scusa!» sussultò Laxus al suo fianco, arrossendo come mai l'aveva visto fare. «I tuoi vestiti... erano fradici... ho-ho pensato non fosse sano, ecco. M-mi dispiace, ma in casa ci sono solo io. Giuro ho tenuto gli occhi chiusi!» si agitò sempre più. Era addirittura tenero nel suo disperato tentativo di non imbarazzarsi, cosa che gli capitava incredibilmente spesso. Era completamente diverso dal Laxus che conosceva, eppure nel profondo sentiva che avevano lo stesso buon cuore.
«Grazie» sorrise lei, delicatamente. «Sei stato premuroso» cercò di rincuorarlo. Mostrarsi nuda a qualcuno in effetti non era mai stata una cosa che le aveva provocato strane emozioni, visto che in fondo non era umana non aveva mai avuto nemmeno pensieri di quel genere. Il suo corpo era incredibilmente simile a quello umano, ma certo una come lei non poteva nemmeno pensare di attrarre o essere vista in quel modo da un uomo. Era dolce vedere come quel Laxus non lo sapesse e si comportasse come se avesse di fronte una vera donna. In fondo, a lei, non interessava.
«Ho... ho messo a lavare i tuoi vestiti. Devono solo asciugarsi. Ah! E ti ho portato del té caldo e dei biscotti. Ho pensato avessi fame... li vuoi?» chiese rosso in volto, indicando la teiera sul mobile al suo fianco. Era decisamente di una tenerezza fuori dal comune. Priscilla non potè trattenere un intenerito sorriso e annuì semplicemente. Laxus prese il vassoio con tutto ciò che aveva preparato, versò la tazza di tè e infine si avvicinò al letto per portare tutto a lei. Il sorriso sul volto di Priscilla si fece più intenso quando vide la cura e l'attenzione che lui stava ponendo in quel semplice lavoro, concentrato come se fosse la cosa più importante al mondo.
«S-stai sorridendo! Che bello!» si entusiasmò Laxus nel vedere il suo sorriso disteso, ma quell'euforia gli fece perdere l'equilibrio sul vassoio che ancora teneva in mano e tazza e biscotti barcollarono fino a quando tutto non si rovesciò sulla trapunta. Laxus urlò e l'urlo si intensificò nel momento in cui Priscilla, allarmata, disse: «Brucia!»
Tolse le coperte di colpo, lasciando Priscilla al freddo e lui non smise di agitarsi e urlare sempre più, balbettando più volte uno: «Scusa» che non sempre gli usciva bene dalle labbra. Infine si avvicinò al muro e colpendolo con la testa lamentò un piagnucolante: «Sono un disastro. Mi dispiace».
«Ma no, non preoccuparti. Non mi sono fatta niente» provò a rincuorarlo e scese dal letto, per cercare di avvicinarsi. Alzandosi in piedi l'enormità di quei calzoni si fece più palese e scivolò giù dalle sue gambe con una rapidità tale che non ebbe neanche tempo di accorgersi della cosa. Abbassò lo sguardo e lo puntò alle proprie gambe nude, cosa che fece anche Laxus. Lei di nuovo non si scompose, il ragazzo invece avvampò e si voltò immediatamente dall'altro lato urlando un iper balbettato: «Scusa!»
«Eh?» chiese Priscilla, non capendo di cosa si stesse scusando in quel momento.
«In casa ci siamo solo io e mio padre, non ho vestiti che ti possano andare bene. Quelli sono miei, m-mi dispiace tanto! N-non volevo guardare!» e infine sospirò affranto. «Quanto sono stupido» e non sapendo più sostenere quel confronto uscì rapidamente dalla stanza.
«Laxus» sorrise lei, sempre più intenerita. Il Laxus di quel mondo era un pasticcione tenerone, decisamente l'opposto di quello che conosceva lei. La cosa la divertiva e in qualche modo le scaldava il cuore. Si sistemò i calzoni che lui le aveva dato, fermandoli con una cintura che riuscì a trovare nei vari cassetti del comò con una facilità sorprendente. Anche se su due mondi diversi, quei Laxus avevano la stessa abitudine in fatto di sistemazione dei cassetti. Camice nel primo, pantaloni nel secondo e accessori nell'ultimo. Sotto sotto, era come essere tornata a casa.
Uscì dalla stanza, decisa a rintracciare il ragazzo e cercare di parlarci più tranquillamente. In fondo, non l'aveva ancora nemmeno ringraziato. Camminò lungo il corridoio lentamente, attratta dalle sculture in vetro che si trovavano ad ogni angolo e su ogni mensola. Erano incredibilmente belle, di vari colori e varie forme, c'era ogni sorta di animale di vetro intorno a lei. Infine oltrepassò una porta, un'altra stanza e provò ad aprirla delicatamente chiedendosi se Laxus non si trovasse lì dentro. La stanza era vuota ma un'altra scultura attirò la sua attenzione tanto che non riuscì a toglierle gli occhi di dosso. Si avvicinò lentamente e più lo faceva più il cuore nel petto batteva sempre più forte.
Una bambina. Una bambina di vetro sorrideva e la guardava, luminosa, con le mani dietro la schiena, in una posa delicata e leggiadra. Si inginocchiò, raggiungendo così l'altezza del suo viso e la guardò da vicino. Le sfiorò una guancia fredda con la punta delle dita, tremanti.
"Ho conosciuto Ivan, tempo fa. Si portava appresso un amato quanto imbranato figlioletto, ma era l'unico figlio che lui possedeva. Tu, su Edoras, non esisti, Priscilla" queste le parole di Mistgun che in quel momento invece contraddicevano i fatti. Quella bambina aveva i suoi stessi lineamenti.
«Lei si chiama Pricchan» la voce di Laxus la fece sobbalzare non tanto per la sorpresa nel sentirlo all'ingresso della stanza, tanto quanto per il nome dato a quella statua. Tremò sempre di più, sentendo l'emozione crescerle nel cuore. Non era vero che lei non esisteva, semplicemente non era la bambina di carta. Su Edoras lei era la bambina di vetro.
«Quando ero piccolo ero solo, non avevo neanche qualche amico con cui stare. Mio padre lo odiava e sotto sotto anche lui si sentiva solo. Lui è un mastro vetraio, come avrai capito, anche se in realtà è più un hobby che un lavoro. Perciò creò per noi Pricchan. Al tempo mi piacque talmente tanto che cominciai a considerarla la mia sorellina» ridacchiò imbarazzato, grattandosi il mento. «Ridicolo, vero?»
«Pricchan» mormorò invece Priscilla, rapita dai lineamenti della statua in quel luminoso e radioso sorriso.
«Le diedi io quel nome. Mi piaceva, sembrava...»
«Sembra il verso di un animaletto» concluse Priscilla per lui, sapendo perfettamente il motivo per il quale il suo Laxus, su Erathland, la chiamasse spesso in quel modo.
«Esatto! Lo credi anche tu, allora» rispose Laxus, contento di non sentirsi poi così idiota. «Sai, mio padre è sempre stato molto attratto e affascinato dalla magia, per questo aiuta le gilde in questo terribile periodo di difficoltà. Fa un sacco di discorsi sulla giustizia e le persone che soffrono per colpa di queste leggi, ma credo che in realtà il suo desiderio più grande sia quello di vedere Pricchan prendere vita» confessò Laxus.
«Cosa?» sobbalzò Priscilla, voltandosi a guardare Laxus con gli occhi spalancati.
«Le ha dato un volto simile a quello della mamma e passa molto tempo a guardarla e parlare con lei, anche se è solo una statua di vetro. Beh, come posso biasimarlo, io da piccolo ci giocavo» arrossì, prima di balbettare: «Ammetto che anche ora ogni tanto vengo anche io a parlare con lei. Mi credi stupido, non è così?» ridacchiò nervoso.
«Parlate con lei» ripeté Priscilla, tornando a guardare quel sorriso di vetro che la bambina le rivolgeva.
«È qui con noi da quasi vent'anni, ormai è come se fosse parte della famiglia. Ah, che idiota! Scusami! Sto dicendo stupidaggini!» si agitò, grattandosi nervoso la testa. Ma si sorprese invece nel vedere che Priscilla reagì con una lacrima... che si tolse subito con una mano tremante.
«È...» balbettò lei, cercando di sorridere. «È una storia commovente» provò a giustificarsi.
«Tu credi?» chiese Laxus, dubbioso. Priscilla annuì, prima di sorridere e azzardare un: «Chissà, magari anche se non può muoversi, può comunque sentirvi... e veglia su di voi».
«Allora riesci a capirci!» sorrise Laxus, entusiasta all'idea di non essere preso per idiota. «Pensavo di sembrarti stupido a raccontarti queste cose» ridacchiò.
«Davvero somiglia a tua madre?» chiese Priscilla alzandosi e avvicinandosi a Laxus, pronta a lasciare la stanza.
«Già, papà le ha voluto dare un volto piacevole e familiare. Anche se la mamma era bionda, a dire il vero, e... beh, Pricchan non ha colore, ma me la immagino mora, come papà. Ora che ci penso, ti somiglia un po'...» osservò lui, guardando meglio la ragazza che aveva al suo fianco.
«Tu dici?» ridacchiò Priscilla, portandosi una mano timida alle labbra. «È una bella coincidenza, non credi?».
Laxus però non smise di guardarla, ma anzi parve ancora più interessato a lei nell'istante in cui la vide ridere a quel modo. Le guance gli si arrossarono lievemente, mentre scopriva quanto quel suono e quel volto fossero incredibilmente piacevoli. «Già» balbettò. «Una bella coincidenza».
La serratura della porta, pochi metri da loro, schioccò poco prima che la porta cominciasse ad aprirsi. Priscilla si irrigidì, colta da un nuovo terrore, terrore che si intensificò maggiormente quando cominciò a cogliere i lineamenti dell'uomo che varcava la soglia di casa. Il volto severo, lo sguardo in grado di far sentire chiunque inferiore, non poteva dimenticare la sensazione di terrore che le dava quel viso tutte le volte che lo incrociava.
«Sei tornato, finalmente» disse Laxus, per niente intimorito.
«Diamine! C'è il caos per le strade. Pare stiano dando la caccia a qualcuno!» ringhiò Ivan, sbattendosi nervosamente la porta alle spalle. Priscilla d'istinto si rannicchiò contro la schiena di Laxus, dietro il quale si nascose. Gli afferrò la camicia e la strinse più che poté, tramando tanto che poté persino sentirla mugolare.
«Ehy...» si voltò Laxus, per provare a guardarla. Ma Priscilla si strinse di più contro la sua schiena, lamentandosi come un animale ferito. Quella voce, come poteva dimenticare quella voce?
«Non devi aver paura» provò a incoraggiarla Laxus.
«Eh?» ringhiò Ivan, facendo dei pesanti passi verso il figlioletto. «Abbiamo un ospite e neanche mostra il suo viso?»
«M-M-mi dis...» provò a balbettare Priscilla, ma la voce le morì in gola. Ivan si affacciò oltre al schiena di Laxus, incrociando così lo sguardo di una Priscilla tanto terrorizzata che avrebbe potuto farsi la pipì addosso da un momento a un altro. Stringeva la camicia di Laxus tanto forte che avrebbe potuto strappargliela e quando vide Ivan, quando incrociò quei suoi macabri e inquietanti occhi, si schiacciò ancora di più contro la schiena del ragazzo. La mano di Ivan si alzò e si avvicinò al suo viso. Priscilla chiuse gli occhi, ormai incastrata nel suo incubo peggiore, quello dove finiva con l'essere picchiata tanto violentemente da lasciarla in fin di vita. Ma la mano di Ivan le si posò leggera e tenera sulla testa, dove le diede semplicemente un'affettuosa scompigliata di capelli.
«Non dirmi che è per questa piccoletta che stanno facendo tutto quel baccano?» chiese Ivan, scoppiando in una fragorosa risata.
«Eh, già» sospirò Laxus. «L'ho raccolta dal fiume, si era buttata per disperazione per riuscire a scappare dalle guardie».
«Hai affrontato guardie e fiume e sei ancora viva?» la guardò Ivan, sgranando gli occhi. «Sei bella tosta, nanerottola!» e rise ancora tanto forte da portarsi le mani alla pancia. «Dì un po', le hai almeno offerto da mangiare! Guarda com'è pallida e magra!» disse poi, guardando il figlio con rimprovero.
«Ho provato a offrirle del tè!» rispose lui a tono, prima di ammettere arrossendo: «Ma sono inciampato e gliel'ho rovesciato addosso».
«Sei un disastro!» ruggì Ivan, prendendo Priscilla per un braccio e cominciando a trascinarla verso la cucina. «Povera creatura, guarda in che condizioni ti hanno ridotto. E mio figlio è un totale idiota. Hai capito? Sei un idiota!» e spinse la ragazza sopra una sedia, costringendola a sedersi.
«Ho capito! Non l'ho fatto apposta!» rispose Laxus, furioso.
«Ventitré anni e ancora non trovi moglie, e ci credo!»
«E questo adesso che c'entra?!» rispose Laxus, sempre più offeso.
«Non hai il minimo garbo o delicatezza! Che razza di vestiti sono quelli poi?» chiese Ivan, tirando fuori una padella e un mestolo da un mobile.
«Abbiamo altro da darle? Non mi pare ci siano donne in casa!»
«Potevi uscire e comprarle qualcosa!»
«Non potevo lasciarla sola! Guarda in che stato è ridotta!» ruggì Laxus, sempre più furioso.
«Bravo figliolo» disse infine Ivan, improvvisamente più tranquillo. «Hai superato il test. Mai lasciare una donna ferita da sola, soprattutto quando c'è lo Stato intero che la cerca».
«Come sarebbe che ho superato il test? Mi stavi mettendo alla prova?» urlò Laxus, al culmine della rabbia. Infine si lasciò cadere sulla sedia di fronte a Priscilla e si portò entrambe le mani al volto, mormorando un esaurito: «Mi manderai al manicomio, vecchio, prima o poi».
La delicata voce di Priscilla non resistette e uscì dalla sua gola, timida e intimorita, ma intrattenibile in quella lieve risata che le era nata dal profondo del petto. La mano davanti alle labbra, come se avesse voluto nasconderla, come se ne avesse paura o se ne vergognasse, ma usciva. Divertita, rallegrata, ma usciva. Era dunque quello il piacere di una famiglia? Di una vera e normale famiglia?
La testa china in avanti, gli occhi socchiusi, nemmeno si accorse di cosa provocò nei due uomini la sua cristallina risata: tenerezza e sicuramente un pizzico di felicità. Ivan, più di Laxus, osservò a lungo il volto disteso di Priscilla, pensieroso. Poi guardò anche il figlio, ancora seduto di fronte a lei, stranamente silenzioso. Lo conosceva abbastanza da riconoscere quando qualcosa gli piaceva e lo affascinava, assumeva sempre lo stesso sguardo quando da bambino si fermava di fronte alle vetrine dei giocattoli.
Ridacchiò e, prima di tornare a cucinare, mormorò: «Pensa un po'...».
«Mh?» si voltò Laxus. «Hai detto qualcosa?»
«Pensavo ad alta voce» rispose semplicemente Ivan, prima di chiedere: «Allora, scriccioletto, ti va di raccontarci perché hai tentato di ucciderti nel Rambel?»
«Non volevo uccidermi» rispose Priscilla, timida.
«Lei è di Fairy Tail!» spiegò Laxus.
«Fairy Tail?» chiese curioso Ivan.
«Sa usare la magia! È caduta dal cielo, diventava invisibile e si è sparata via un proiettile dalla gamba usando un vortice di vento!» spiegò Laxus, entusiasta per aver assistito a quelle incredibili cose.
«Cosa?!» sobbalzò Ivan, guardando sconvolto la ragazza.
Priscilla colta dall'imbarazzo e non sapendo bene come giustificare tutte quelle cose, si limitò a ridacchiare e grattarsi la testa.
«Però non ho visto oggetti particolari tra le sue cose, mi chiedo quale strumento magico tu possegga» rifletté Laxus e questo mise Priscilla ancora più in difficoltà. Ricordava i racconti di Mistgun, in quel mondo la magia non apparteneva alle persone ma poteva essere utilizzata solo tramite oggetti.
«Hai frugato tra le sue cose?» intervenne un furioso Ivan, facendo arrossire Laxus.
«N-non pensare male! L'ho solo cambiata e per forza ho notato cosa possedeva!»
«L'hai cambiata tu e non dovrei pensare male? Figlio degero! Che razza di pervertito sei, eh?! È così che ti ho cresciuto?» gridò Ivan prima di voltarsi e colpire violentemente la nuca del figlio con il mestolo che aveva in mano. Laxus si piegò in avanti per il colpo e per un po' resto in quella posizione, con le mani premute contro la testa colpita, lamentandosi per il dolore.
«Non arrabbiarti» provò a intervenire Priscilla, dispiaciuta per il trattamento che Laxus stava ricevendo. «Ero svenuta e ha solo pensato fosse importante mettermi al caldo e togliermi i vestiti bagnati di dosso. È stato gentile».
«La ragazza ti difende anche» sospirò Ivan, tornando a cucinare. «Sei troppo buona, piccoletta».
«A proposito...» si raddrizzò Laxus. «Non ti ho ancora chiesto come ti chiami».
«Mi chiamo...» cominciò Priscilla, ma si interruppe improvvisamente turbata.
"Pricchan".
Avrebbe dato troppo nell'occhio se avesse ammesso di avere lo stesso nome della sua sorellina di vetro, visto che aveva notato anche la loro somiglianza. Non poteva rivelarglielo, non ancora perlomeno. Erano sicuramente persone buone, ma era bene non esagerare e restare cauti almeno finché fosse rimasta sola in quel mondo sconosciuto.
«Il mio nome è Mistgun» disse infine.
«Mistgun...» ripetè sovrappensiero Ivan.
«Mistgun?» si chiese invece Laxus, alzando gli occhi curioso. «Che razza di nome è per una ragazza?»
«Ti sembrano domande da fare? Maleducato!» ringhiò suo padre, furioso, e Laxus sobbalzò rendendosi conto dell'errore e tornò a balbettare rosso in volto una serie di scuse.
«Cosa ci fai da queste parti, Mistgun?» chiese poi Ivan, sospirando. «Fairy Tail si trova molto lontano da qui».
La loro conoscenza su Fairy Tail la metteva veramente nei guai, se si fossero messi in contatto con loro certo non ci avrebbero messo molto a scoprire che era un impostore. Inoltre questo la costringeva a inventare un sacco di bugie, cosa che odiava fare, ma che altra soluzione aveva? Fino a quando non avrebbe rimesso ordine ai pensieri e non avesse pensato al da farsi non aveva altra scelta se non attirare l'attenzione il meno possibile.
«Io...» mormorò cercando di inventarsi qualcosa. Ma non conosceva abbastanza quel mondo da riuscire a pensare a un'idea che fosse plausibile. «Io... non me lo ricordo» la perdita di memoria forse era la cosa migliore a cui potesse attingere in un momento come quello. «Mi sono svegliata su una spiaggia e i soldati già mi stavano cercando. Sono arrivata in questa città per scappare da loro».
«Brutta situazione. Chissà cosa ti è successo» mormorò Laxus, incrociando le braccia al petto, pensieroso. Ivan finì di cucinare e mise il tutto in un piatto che posò davanti a Priscilla, incoraggiandola poi a mangiare. Le diede ancora una dolce scompigliata di capelli, vedendo la sua titubanza, e insisté con un semplice: «Non fare complimenti. Sei a pezzi, hai bisogno di recuperare energie».
"Gli esseri umani mangiano, Priscilla" per quanto quell'uomo fosse totalmente diverso dal padre che aveva avuto, portava il suo stesso volto e la sua stessa voce. Ricordare quei momenti era inevitabile, tutto dentro quella casa sembrava trascinarla molti anni indietro e la terrorizzava. "Gli esseri umani mangiano e dormono. Perciò vedi di ricordarti di farlo sempre, o finirai con l'attirare troppo l'attenzione. Non vuoi farmi arrabbiare, vero?"
Col tempo aveva imparato a non pensarci più e aveva reso quelle attività un'abitudine. E stare insieme a Laxus, vedere quanto a lui piacessero quelle attività, l'avevano incuriosita e aveva persino imparato ad apprezzarle. Ma la verità era sempre lì, pronta a punzecchiarla come una lama contro la colonna vertebrale.
"Senti, ma se tu non hai un corpo di carne e ossa, ma solo di magia... perché mangi così tanto?" rispondere alla domanda di Happy, la sera che aveva combattuto contro Laxus, era stato così doloroso che si era limitata a riderci su. La verità era sempre lì... lei non era umana. Non aveva bisogno di mangiare, ma lo faceva lo stesso perché esserlo era tutto ciò che desiderava. Prese una manciata di uova strapazzate e se le portò alla bocca. Il suo corpo non ne aveva bisogno, ma alla fine poteva emulare perfettamente tutti i processi biologici di un normale essere vivente e per questo non lo rifiutava nemmeno. Questo le permetteva di concentrarsi solo sul gusto e sul piacere di quell'attività così comune, così umana.
«È buono» commentò lasciandosi sfuggire un timido sorriso.
«Sono felice di sentirtelo dire» ridacchiò Ivan, orgoglioso. «Questa è la mia personale ricetta delle uova alla Ivan!»
«Mi stupisco allora che ti stia facendo i complimenti» commentò Laxus, lanciando uno sguardo provocatorio al padre.
«Disgraziato! Ti sembra il modo di rivolgerti a chi ti nutre?!» ruggì Ivan e ancora quel piccolo battibecco fece ridere Priscilla, che ora mangiava con più serenità.
Il rumore alla porta interruppe quel piccolo quadro familiare, facendo così calare il silenzio. Qualcuno bussava e non ci mise molto nemmeno a presentarsi.
«Signor Drayen! Ci manda lo Stato, apra la porta, per favore?» una voce imperativa e decisa. Priscilla sbiancò ed entrambi gli uomini scattarono in piedi, allarmati. Laxus corse alla finestra e scostò appena le tende, dando un'occhiata fuori.
«Ci sono soldati anche in giardino» sussurrò, allarmato.
«Non sanno che è qui, altrimenti non si sarebbero presentati e avrebbero semplicemente sfondato la porta» disse Ivan. «Dobbiamo nasconderla».
«I suoi vestiti sono in bagno ad asciugare!» ricordò Laxus. Se li avessero visti sarebbe stata la loro fine.
«Signor Drayen!» insisté il soldato.
«Non c'è tempo, papà! Pensa a qualcosa!» disse Laxus.
«Ci penso io» disse Priscilla, alzandosi dalla sedia. «Mirage» sussurrò, socchiudendo gli occhi, e un istante dopo la sua immagine scomparve, dissolvendosi come un'onda. Persino Ivan, che ben conosceva Fairy Tail e la magia, rimase sbalordito di fronte a quell'evento. Laxus corse verso la porta, meno sorpreso visto che già l'aveva vista fare quel genere di cose in città, e aprì improvvisando un falso sorriso.
«Scusateci! Stavamo parlando a voce troppo alta, non abbiamo sentito bussare» disse, grattandosi la nuca imbarazzato. Davi in persona si fece avanti, fronteggiando direttamente il ragazzo che ne rimase un po' intimorito. «Qualcosa non va?» chiese, sforzandosi di lottare contro la paura che gli animava lo stomaco.
«Possiamo entrare?» chiese cupo.
«C-certo» disse Laxus, facendosi da parte e permettendo così ai soldati di entrare. Non solo il capitano Davi fece il suo ingresso ma un intero plotone non si risparmiò dal cominciare a frugare con velocità e meticolosità in ogni singola stanza.
«Capitano Davi, da quanto tempo» disse Ivan, uscendo finalmente dalla cucina.
«Mi scuso per l'improvvisata, Signor Drayen» parlò finalmente Davi, guardando i suoi soldati che uno alla volta uscivano dalle varie stanze comunicando con un gesto del capo che non c'era niente. E attese ancora un po' prima di sentirsi libero di parlare: «Stiamo cercando una pericolosa criminale. Appartiene alla gilda Fairy Tail».
«Un membro di Fairy Tail qui in città?» si finse sorpreso Ivan.
«Usa magie pericolose. Pare che possa rendersi invisibile» spiegò Davi e i muscoli di Ivan e di Laxus si irrigidirono, anche se si sforzarono di sembrare naturali. Il fatto che Davi sapesse con chi aveva a che fare la metteva ancora più in pericolo.
«Sì, ho sentito la gente in città che parlava di una criminale... non credevo fosse di Fairy Tail» disse Ivan, mostrandosi preoccupato. «Pare l'abbiano vista lanciarsi nel fiume. Credevo fosse morta».
«Il mio sesto senso dice che è ancora in città» disse Davi, guardandosi attorno meticolosamente. «Posso sicuramente contare sulla fiducia dell'ex consigliere di corte, vero?» chiese Davi lanciando uno sguardo severo a Ivan.
«Ovviamente. Se dovessi notare qualcosa informerò subito le guardie» annuì Ivan.
«Capitano Davi!» chiamò uno dei soldati dal piano di sopra. «Venga a vedere!»
Il capitano non se lo fece ripetere due volte e corse lungo le scale, pronto a intervenire di fronte a qualsiasi evenienza. La paura che l'avessero scoperta fu totale e Laxus si sporse in avanti, pronto a correre dietro al soldato e provare a difenderla. Ma Ivan lo bloccò per il polso e lo costrinse a rimanere al suo posto. Davi corse fino al piano di sopra e poi diretto verso il bagno, raggiungendo il sottoposto che l'aveva chiamato. Era affacciato a una finestra aperta e appena vide arrivare Davi gli indicò qualcosa fuori.
«Laggiù! Guardi!» il dito del soldato mandava il suo sguardo oltre il giardino di Drayen, verso il paese appena sotto la sua casa, dove riuscì a intravedere la sagoma della ragazza svoltare l'angolo e sparire.
«È lei! Presto!» gridò cominciando a scendere giù per le scale. «Sta andando verso ovest, non dobbiamo perderla di vista!» gridò facendo uscire tutti i suoi sottoposti dalla casa. «Vi consiglio di tenere le finestre chiuse per un po', signor Drayen» disse infine, prima di uscire e sbattere la porta.
«Quell'uomo» disse Ivan, digrignando i denti. «Era una testa di cazzo anche quando lavoravo a corte».
«Dov'è Mistgun?» chiese Laxus, guardandosi attorno preoccupato. Corse al piano di sopra, dove aveva lasciato i vestiti e dove i soldati avevano allarmato il capitano. Andò diretto verso il bagno e la trovò, seduta a terra, appoggiata con la schiena al muro. Respirava affannosamente ed era ricoperta di sudore, ma a parte quello sembrava stesse bene.
«Incredibile! Non ti hanno vista!» disse, inginocchiandosi vicino a lei. «Sei stata tu a ingannarli? Come hai fatto?»
«Con la magia... creo delle specie di illusioni» sorrise Priscilla, cercando di riprendere fiato. Il poco tempo e il bisogno di inventare qualcosa le aveva suggerito un'unica soluzione, la più difficoltosa: aveva usato il Mirage per nascondere se stessa, poi per nascondere i vestiti appesi sopra la vasca e infine un terzo Mirage per creare la sua stessa immagine, in movimento oltretutto, farsi vedere in strada e sparire. Era la prima volta che lo usava in tre punti diversi e il tutto era stato intensificato dal bisogno che una delle tre immagini fosse in movimento: il consumo magico era stato praticamente totale, ne era stremata.
«Sei incredibile!» insisté Laxus, guardandola affascinato. Un attenzione che la fece arrossire, ma che nel profondo la rese immensamente felice.
«Laxus» Ivan entrò nel bagno e guardò i due a terra. «Ha bisogno di riposare. Accompagnala a letto» disse preoccupato ma cupo in volto. Qualcosa lo rendeva estremamente pensieroso, più del solito. Laxus aiutò Priscilla a rialzarsi e lentamente la portò verso la stanza da letto, passando di fronte a Ivan.
«Mistgun» la chiamò, prima di vederla entrare nella camera insieme a suo figlio. «Puoi stare qui finché desideri. Farò in modo di rendere questo posto sicuro».
«Non... non vorrei crearvi troppo disturbo. Se scoprono che sono qui, sareste in pericolo» mormorò Priscilla, preoccupata, e Ivan si lasciò scappare un sorriso prima di dirle: «Non essere stupida. Sono anni che aiuto Fairy Tail, credi mi importi del pericolo? Pensa a riposare, adesso».
«Sta' tranquilla» sorrise Laxus, aiutandola a sedersi sul letto. «Io e mio padre sappiamo cavarcela. Non appena ti sentirai meglio ti aiuteremo a tornare a casa».
Priscilla non ebbe più coraggio di dire nemmeno una parola. Quella situazione, quella gentilezza, era quasi surreale e per questo meravigliosa. Ma quella non era casa sua, lo sapeva, e aveva già cominciato a sentirne la mancanza. Non si sentiva sicura di niente, anche se quelle persone erano amorevoli con lei. Si guardò il simbolo sul palmo della mano non appena Laxus si allontanò, stesa in quel morbido letto, e lanciò poi uno sguardo al cielo fuori dalla finestra.
"Casa".
Come stavano andando le cose a casa?
Laxus si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla stanza del padre, dove era sicuro di poterlo trovare. Seduto sul letto, chino in avanti, guardava la Pricchan di vetro dritta negli occhi. Andava da lei tutte le volte che era tormentato da qualcosa e aveva bisogno di pensare.
«Allora?» chiese Laxus, appoggiandosi allo stipite della porta.
Suo padre fece un lungo sospiro prima di aprire bocca e dire: «Quando si sentirà pronta ci dirà la verità».
«Tu cosa ne pensi? Perché ha il simbolo di Fairy Tail se non è di Fairy Tail?»
«Allora non sei così idiota» ridacchiò Ivan. «L'hai capito anche tu».
«Così come ho capito che Mistgun non è certamente il suo nome. Per chi m'hai preso?» brontolò offeso.
«Calmati, sto scherzando. Ho qualche sospetto in proposito, ma voglio prima indagare un po'. Tu vedi nel frattempo di non innamorarti di lei, è probabile che non la rincontreremo una seconda volta» lo punzecchiò, sghignazzando divertito.
«Ma di che diamine stai parlando? Vecchio idiota!» ruggì Laxus, offeso e sicuramente colpito nel profondo. Gli voltò le spalle e a grossi passi se ne andò, tornando al piano di sotto. Una reazione che in parte gli dava ragione e per quanto fosse divertente vedere quel tipo di reazioni in suo figlio comunque non poté che preoccuparsi maggiormente per lui. Se si fosse affezionato a lei il momento della separazione sarebbe stato un bel problema. Sospirando tornò a guardare la statua di vetro e a pensare a quella ragazza.
Corrucciò la fronte e rimase a lungo immobile, concentrato.
«Da dove sei arrivata, Pricchan?»
NDA.
Non avete idea della fatica immane che ho fatto nel cercare di immaginare e descrivere un Laxus che in realtà non è Laxus. Riuscire a immaginarlo che balbetta, arrossisce e chiede mille volte scusa anche quando non necessario non è stato per niente semplice xD
Volevo dire solo questo ahahah
Ma comunque a questo punto approfitto per ringraziare le anime caritatevoli che leggono la mia storia <3 Siete preziosissimi.
E già che ci sono spammo un po' anche la mia pagina autrice su FB dove potete trovare... niente... Perché alla fine la uso solo per dire qualche stronzata ogni tanto xD
Ma potete comunque passare per salutarmi, sclerare con me su Fairy Tail (ho bisogno di amiche fangirl con cui dare di matto, please) e dove sto creando una cartella immagini dedicata tutta a questa storia. Non sono mie, le ho rubate malamente da Pinterest (C'è un posto prenotato all'Inferno per me per questo motivo, lo so già), però sono molto suggestive e si adattano perfettamente a Pricchan e la sua storia. Se siete curiosi venite a fare un salto, ecco il link
https://www.facebook.com/RayWingsEFP/
A presto!!!
Ray
STAI LEGGENDO
~{Fairy Tail}~ La bambina di carta ~
FanficNon c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'...