Quando Priscilla si svegliò era mattino forse da non molto. La luce entrava timida da uno spiraglio della tenda, mossa leggermente dal vento che soffiando delicato entrava nella stanza da una piccola apertura, la stessa dalla quale lei si era infilata la sera prima. Fu come risvegliarsi in un sogno. La luce delicata del mattino, l'aria fresca che circolava nella stanza, il calore di un abbraccio e il respiro ancora cadenzato della persona che le dormiva a fianco. Il braccio infilato sotto la testa, girato sul fianco destro, e il sinistro poggiato pigramente su di lei. Priscilla sorrise divertita nel notare che persino quando dormiva le sopracciglia restavano parzialmente aggrottate, in quell'espressione che sembrava perennemente seria e irritata. Allungò una mano, spinta dal desiderio di sfiorargliele quelle rughe che si formavano tra le due sopracciglia, ma poi si fermò a pochi millimetri dalla sua pelle. Non voleva svegliarlo, desiderava vederlo dormire ancora un po'. Ritirò la mano, portandosela vicino al viso, e restò per secondi, forse minuti, a fissare il suo volto disteso dal sonno. La cicatrice sull'occhio, ne ripercorse gli angoli e la storia, portandosi a sorridere ancora. Era stato solo un incidente quando era ancora bambino, un esercizio per allenare la sua tecnica Dragon Slayer che era finita male, non essendo ancora perfettamente in grado di padroneggiarla. Aveva temuto di vederlo restare cieco, si era preoccupata e occupata di lui per tutto il tempo della degenza. Ricordava la sorpresa quando, tolte le bende, aveva visto che nonostante fosse guarito gli era rimasto sulla pelle quel segno indelebile a sfregiarlo. Era rimasta sorpresa perché era ancora piccola, non aveva che esperienze di se stessa, e solo allora aveva cominciato a prendere consapevolezza della differenza che c'era tra loro due. La sua pelle, quando dilaniata, tornava sempre uguale. Non esistevano cicatrici nel mondo di Priscilla la bambina di carta. Qualche volta ammetteva di averla odiata quella cicatrice: era come una bandiera sempre alzata a indicare cosa fosse umano e cosa no, a calciarla via, a renderla diversa e lontana. Poi le era stato messo il simbolo di Fairy Tail sulla mano.
Quello era l'unico segno che le fosse sempre rimasto, l'unico che la sua pelle non avesse cancellato per rigenerare l'idea primordiale di una bambina di carta di Ivan. Il simbolo di Fairy Tail era l'unica cosa che l'aveva per prima volta coinvolta nel loro mondo, resa parte di loro, resa uguale a lui.
Essere come lui.
Per quanto tempo aveva portato quel sogno nel petto? Come uno scrigno prezioso, l'apriva solo quando si sentiva sicura, quando non c'era nessuno nei paraggi ad osservarla. Essere umana, essere come lui, sarebbe stata la realizzazione del più grande dei sogni. Si era accontentata, si era accontentata per tanto tempo accettando di essere chiamata sorella perché era la cosa che più di altre le permetteva di avvicinarlo. Aveva accettato di essere membro di Fairy Tail perché anche quello era un velo che poteva indossare per sentirsi parte del suo mondo, per sentirsi come lui, ma era come una maschera a carnevale. Però l'aveva accettato, si era accontentata per tanto tempo. Essere sua sorella, essere sua compagna di gilda, essere sua partner... bastava davvero, lo era sempre stato, anche se mai aveva dimenticato.
"Wendy è la persona che cerchi. La sua magia curativa può realizzare il tuo sogno" Wendy poteva curarla da quel corpo fittizio di meccanismi magici pre-costruiti, poteva curare la sua pelle, liberarla dal suo incantesimo, addirittura renderla umana al cento per cento curando i suoi organi, i suoi processi biologici, rendendoli veri come quelli di qualunque essere vivente. Poteva farlo, anche se probabilmente aveva bisogno di diventare più potente di quanto lo fosse al momento, ma era una vana speranza.
"La sua magia può anche ucciderti" rompere il collegamento, rompere la magia, avrebbe quasi certamente fermato i suoi processi biologici anziché "curarli dalla maledizione della magia". Eppure c'era stato un momento della sua vita in cui avrebbe accettato anche la morte, purché avesse potuto anche solo per un istante sentire di potersi presentare di fronte a lui come un vero essere umano. Un duro compromesso, la morte in cambio di una sensazione sfuggevole di dignità, appartenenza, uguaglianza... la sfuggevole speranza di essere degna di poter provare quei sentimenti e non sentirsi una sciocca, manipolata da una finta illusione di vita. Quei sentimenti erano reali? Aveva imparato a mangiare, aveva imparato a dormire, perché gli era stato insegnato e ordinato di farlo. Aveva imparato ad amare, perché gli era stato ordinato di farlo. Aveva imparato a piangere perché anche quello le era stato insegnato. Niente di tutto quello che faceva o provava era naturale, era vero, ma tutto nasceva da un meccanismo di adattamento e apprendimento. Era solo una macchina...
Quale futuro avrebbe mai potuto sognare una come lei?
Sarebbe persino morta prima di tutti gli altri, nell'istante in cui suo padre sarebbe stato troppo vecchio per continuare a donarle il miracolo della vita. Ma stare lì, in quel letto, sotto al possente braccio di Laxus, vicino al suo viso tanto da poter sentire il suo respiro accarezzarle una guancia. Persino per una macchina come lei quell'assaggio di felicità era consentito averla. E le bastava, le bastava davvero. Avrebbe sì potuto scegliere la via della liberazione, chiedere a Wendy di ucciderla e renderla umana anche solo per un breve istante, ma poteva anche scegliere di accontentarsi. Indossare quella maschera per poter avere piccoli assaggi, fino a quando ne avrebbe avuto la possibilità. Poter sentire il suo respiro sulla pelle. Lo aveva fatto per anni, aveva già accettato il compromesso nell'istante in cui, dopo avergli promesso di aspettarlo, aveva poi scelto di non chiedere a Wendy di liberarla. Per non ferirla, prima di tutto, la bambina sarebbe potuta morire dai sensi di colpa per quel genere di compromesso, ma soprattutto perché alla fine aveva accettato di vivere la sua vita a modo suo, ma pur sempre viverla! Sorridere, festeggiare, persino piangere... era tutto così bello per rinunciarvi.
Ma allora, perché proprio in un momento come quello, all'apice della gioia potendo di nuovo stare al suo fianco, tornava a provare quelle contrastanti sensazioni?
Perché proprio in un momento come quello tornava a ripensare al suo desiderio di umanità?
Qualcosa bruciava nel suo petto, era infernale, faceva davvero un gran male. E più osservava il volto dell'uomo che aveva a fianco, serenamente rilassato e abbandonato alla debolezza del sonno, più il fuoco dentro lei cresceva e ardeva. E per una bambina fatta di carta il fuoco era il peggior nemico. La consumava, rapidamente e violentemente. Poté sentire il suo calore raggiungere addirittura il viso, bruciare nella gola e scaldarle le guance. Il petto sembrava essersi fatto tanto sottile, consumato dal bruciante dolore, che aveva la sensazione che il cuore battendo meccanicamente stesse per sfondarlo, indebolito, e uscire all'esterno. Quel respiro sulla sua pelle...
«Laxus...» un sussurro tanto delicato che persino lei stessa fece fatica a percepirlo. Osservò la sua reazione, come sempre faceva, assicurandosi della pesantezza del suo sonno. Non doveva sentirla, non doveva realmente sentirla. «Posso restare per sempre con te?»
E come nei ventun'anni precedenti, non ricevette risposta. Non la riceveva mai, ma era proprio quello il motivo per il quale faceva quella domanda solo quando lui non poteva sentirla. Per non avere una risposta. Non voleva sentirla, perché nel profondo già la conosceva.
No, non poteva restare per sempre con lui. Perché lei non era umana, perché lui avrebbe vissuto la sua vita, un giorno si sarebbe allontanato insieme ad un'altra famiglia e lei avrebbe dovuto fare un passo indietro. Era cresciuto, erano entrambi cresciuti, ma era innegabile la differenza dei loro mondi. Gli umani crescendo si evolvevano, si trasformavano, tutto sarebbe cambiato. Una nuova casa, una nuova famiglia, una nuova vita, magari in un nuovo paese. Mentre lei sarebbe per sempre rimasta Priscilla... la bambina di carta.
Lui non poteva rispondere e lei avrebbe così avuto la speranza di poterlo ancora sognare, di poterglielo chiedere ancora, e ancora, fino a quando non sarebbe arrivata alla fine dei suoi giorni senza mai doversi realmente scontrare con quella dura realtà.
Sollevò delicatamente il braccio di Laxus, usando il suo vento poteva evitare di muoversi troppo e rischiare di svegliarlo. Sgusciò fuori dalle coperte, riprese le sue cose in silenzio e infine volò via esattamente come era arrivata. C'era solo un posto dove poteva accettare di essere se stessa, senza preoccuparsi del futuro, perché lì tutto sarebbe stato immutato. Un luogo che sembrava una dimensione parallela dove ogni realtà cadeva, schiacciata dall'alcol, dal cibo, dai giochi e dai balli. La porta di un mondo incantato, il mondo delle fate.
Raggiunse Fairy Tail e già quando vide l'insegna, poco lontano, cominciò a sentirsi meglio. Entrò nella gilda che era tornata a sorridere, allegra, come se niente fosse appena successo. Aprì la porta e alzò una mano, pronta a salutare, ma un vero e proprio uragano la travolse. Non capì assolutamente niente di quanto stesse accadendo, ma quando tornò ad avere facoltà mentali adeguati a comprendere la situazione si ritrovò a essere trascinata per il collo della maglia da un Natsu in piena corsa olimpica. Di fianco a lui Gray correva con altrettanta enfasi, urlando per darsi la carica, e nessuno dei due parve dare molto importanza a una Priscilla che strisciava alle loro spalle lungo la strada, colpendo talvolta sassi che non erano proprio un buon piacere per la schiena.
«Ma che succede?!» gridò terrorizzata.
«Hanno aperto dei nuovi bagno pubblici in città, dicono siano eccezionali!» spiegò Gray vicino a lei.
«Arriverò prima di Gray, sicuro!» ruggì Natsu, accellerando la corsa.
«Aspetta, ma che c'entro io?!» ruggì ancora Priscilla, sentendosi ben intrappolata dalla mano ferrea di Natsu. Lui si voltò e le rivolse un gioioso sorriso, allegro e innocente, dicendo: «Sembravi giù di morale in questi giorni. Vieni con noi, così ti sentirai meglio!»
Fairy Tail era un luogo magico, un mondo incantato di fate e di draghi, dove ogni realtà perdeva di significato di fronte alla meraviglia di quella famiglia e la felicità dei giorni che scorrevano al loro interno. Era come le storie dei libri che Laxus le leggeva ad alta voce, dove a tutti era permesso avere un lieto fine. Persino a una macchina, creata per essere solo un'arma, che accidentalmente aveva persino imparato ad amare e avere dei sogni. Non aveva nemmeno messo piede al suo interno, che quell'incantesimo aveva già cominciato a funzionare. Natsu, tra tutti, era forse il più incredibile nel fare quelle magie. Sorrise, felice e intenerita dalla sua comprensione e dal suo gesto volto ad aiutarla, e annuì, acconsentendo alla sua proposta.
«Però ora potresti anche lasciarmi andare!!!!» urlò all'ennesimo sasso che le colpì la schiena.
«Siamo quasi arrivati, resisti!» incalzò Natsu.
«Perché mai dovrei resistere?! Lasciami! Posso camminare da sola! Aiutoooo».
Natsu e Gray arrivarono insieme all'ingresso dei bagni pubblici e naturalmente cominciarono a litigare e picchiarsi, in contrasto su chi fosse arrivato prima. Priscilla, stesa a terra di fianco a loro, sembrava invece essere pronta a stendere il proprio testamento. La schiena le avrebbe fatto male per giorni per colpa di quella follia in cui era caduta vittima. Fecero in tempo ad arrivare anche gli altri che Natsu e Gray erano sempre lì, impegnati a litigare.
«Oh, c'è anche Priscilla» osservò Lucy, vedendola stesa a terra, con la testa poggiata al muro della struttura.
«Quando è arrivata?» Chiese Charle, volando verso l'interno dei bagni.
«Chissà, magari l'hanno incrociata per strada» sorrise Mirajane, entrando dietro le sue amiche.
«Io... ero... davanti... alla... gilda» biascicò Priscilla, troppo moribonda per riuscire anche solo a seguirle.
«Ohy ohy, guarda chi si vede!» scoppiò a ridere Cana, inginocchiandosi vicino a lei e dandole violente pacche sulla schiena.
«Natsu, Gray, cercate di non farci cacciare. Sembra un buon posto» disse Fried, superandoli ed entrando insieme al resto dei Raijinshuu.
«Come un uomo!» ruggì Elfman, dietro di loro.
«Sei consapevole di avere dei problemi con questo tic, vero?» chiese Evergreen, guardando di traverso l'uomo al suo fianco.
«Priscilla-nee» mormorò Wendy, inginocchiandosi vicino alla ragazza dall'altro lato. «Hai bisogno di aiuto?»
«L'acqua calda del bagno la sveglierà e le farà passare la sbornia» disse Cana, afferrandola per un piede e trascinandola all'interno dei bagni pubblici.
«Io sono sobria» piagnucolò Priscilla, incapace di lottare ancora e lasciandosi trascinare come una bambola fino agli spogliatoi.
Riuscì fortunatamente a trovare la forza di spogliarsi per conto suo e infine, tornando lentamente in sé, raggiunse il resto delle sue amiche all'enorme vasca nella sezione femminile. Si tuffò, urlando gioiosa e schizzando acqua ovunque, per poi accasciarsi e rilassarsi per il torpore e il benessere che quel calore le dava sulla pelle.
«Che meraviglia» mormorò appoggiandosi al bordo della vasca con le braccia e poggiandoci la testa sopra. Erza si sistemò al suo fianco ed entrambe a occhi chiusi si lasciarono andare per lunghi minuti solo a sospiri rilassati.
«Per un attimo sull'isola di Tenrou ho avuto davvero paura che non avessimo più potuto vivere momenti come questi» disse Lucy, altrettanto rilassata.
«L'isola di Tenrou ci ha messo tutti a dura prova, ma per fortuna siamo riusciti a tornare indietro sani e salvi» disse Erza.
«Anche se con un sacco di problemi» commentò Levy.
«Non ho più i miei risparmi» piagnucolò Wendy.
«E abbiamo sette anni di arretrato sull'affitto» disse Charle.
«La gilda è veramente in condizioni pessime, ci vorrà un sacco di lavoro per sistemare tutti i debiti e ridare un po' di luce al nome di Fairy Tail» sospirò Evergreen.
«Spariamo noi per un po' e loro si ritrovano allo sfascio, chi pensava di essere così fondamentali» mormorò Priscilla, sghignazzando.
«Alla fine eravamo tutti lì per sostenere o aiutare con l'esame di classe S, eravamo i migliori, penso sia normale» disse Evergreen.
«Poveracci quanto hanno dovuto patire in queste sette anni» sospirò Lisanna, dispiaciuta.
«Sapete niente di quella gilda che minacciava Macao per il prestito?» chiese Priscilla, curiosa.
«Pare che il master abbia intenzione di andare a fare due chiacchiere con loro... se capisci che intendo» rispose Levy.
«Ha chiesto a me e Erza di andare a dare man forte» sorrise innocentemente Mirajane e bastò quello a far capire dove sicuramente sarebbero finiti quel giorno.
«Poveri loro, non vorrei essere nei loro panni» sospirò Priscilla, cercando di immagine l'apocalisse che un Makarov, Erza e Mirajane avrebbero potuto scatenare insieme.
«Perciò il master... cioè Makarov-san, ha intenzione di riprendersi il posto di Master? Che dice Macao?» chiese Erza, voltandosi verso Bisca.
«Pare che per il momento Macao manterrà il posto per un po', per il volere di Makarov» rispose Bisca.
«Il nonno non ne può proprio più di essere a capo di questa mandria di pazzi» ridacchiò Priscilla.
«Gli abbiamo dato un bel po' di grattacapi, è vero» rise Lucy, ondeggiando con i piedi nell'acqua.
«Probabilmente ha solo bisogno di tempo per sistemare un po' di cose, prima» disse Erza, guardando Priscilla che tirava indietro la schiena per stirarla.
«Mio dio, ho la schiena a pezzi. Stupido Natsu, mi ha distrutta» brontolò, tirandosela più che poté. Quasi non terminò la frase che sentì un peso piombarle addosso e un paio di mani cominciare a palparla ovunque e non solo sulla schiena dove aveva lamentato dolore.
«Se vuoi posso farti un bel massaggio, Pricchan» ridacchiò Cana.
«Cana!» sussultò Priscilla, urlando il suo nome.
«Poi andiamo a farci un goccetto insieme» sorrise la donna, continuando a toccarla.
«Lontana da me, demone tentatore!» ruggì Priscilla, piantandole le mani al petto e cominciando a spingerla per allontanarla.
«Si dev'essere divertita molto insieme a Priscilla, l'altra notte, se le chiede di bere insieme di nuovo» ridacchiò Lucy.
«Cana-san devi sentirti molto sola, vero?» ridacchiò Wendy mentre Mirajane al suo fianco cercava insieme a Lisanna di convincere Lluvia a uscire da dietro una colonna e unirsi a loro.
«Dai, Pricchan, facciamoci un'altra bella nottata insieme! Raccontami tutti i tuoi problemi di cuore, Cana-nee è pronta ad ascoltarli» insisté Cana aumentando le palpate al seno.
«Problemi di cuore?» sobbalzò Priscilla, confusa ma soprattutto molto imbarazzata. Di quali problemi parlava? Quando mai le aveva raccontato i suoi problemi di cuore?
«Parli di Bickslow? Sono molto curiosa anche io di saperne qualcosa» sorrise Lisanna, avvicinandosi alle due.
«Bickslow?!» urlò Priscilla, sempre più rossa in volto. «Io ti avrei parlato di Bickslow? Aspetta... cosa ho detto di preciso?» si alzò in piedi, tesa come una corda di violino. Perché diamine non riusciva a ricordare niente di tutto quello?
«Eh?» storse il naso Cana, ancora seduta praticamente sotto di lei. «Non mi hai mai parlato di Bickslow. Perché? C'è qualcosa che devo sapere?» sghignazzò poi, eccitata all'idea del pettegolezzo.
«Ma come? Non stanno insieme quei due?» chiese Lisanna, non capendo.
«Credo sia un fraintendimento» ridacchiò Lucy, che già conosceva quella storia.
«Chi è stato a dire una tale fesseria?!» ruggì Priscilla, furibonda.
«Ma non ha chiesto a tuo fratello se poteva sposarti, sull'isola di Tenrou?» insisté Lisanna, sempre più confusa.
«Spo-spo-spo...» tentò di balbettare Erza, in preda a un rossore tale che sarebbe potuta esplodere da un momento a un altro.
«Hai assistito a quella scena» piagnucolò Priscilla, accasciandosi di nuovo e tornando a immergersi in acqua. «Sono condannata, non me ne libererò mai».
«Quindi davvero non c'è del tenero tra voi?» chiese Lisanna, sorpresa.
«Credo che Priscilla-nee non abbia interesse in Bickslow-san, cerca sempre di evitarlo» ridacchiò Wendy, tentando di difenderla.
«Posso confermare, Bickslow non ha l'attenzione della nostra Pricchan» sghignazzò Evergreen, seduta su uno scalino. Tenendo immersi solo i piedi, si sventolò col suo ventaglio con fare superiore, come di chi la sapeva lunga.
«Ti sei portata dentro il ventaglio?!» sussultò Lucy, spalancando gli occhi.
«È solo un pervertito» mormorò Priscilla con metà volto immerso nell'acqua, cosa che rese estremamente difficile parlare e alla fine tutto ciò che le altre compresero fu in realtà una serie di «Blu-blur-blu-blblbl».
«Che peccato e io che speravo in qualche pettegolezzo vecchio stile» sospirò Bisca, portandosi una mano alla guancia.
«In effetti Priscilla è l'unica che non si è mai trovata in mezzo a qualche flirt all'interno della gilda prima dell'ultimo periodo, è normale che siamo tutti curiosi» disse candidamente Mirajane.
«Se non consideriamo Wendy, visto che è ancora troppo piccola per queste cose» annuì Lisanna.
«Che significa?» chiese Lucy, sorpresa. «Anche io non mi sono mai trovat-»
«Natsu!» la interruppero in coro praticamente tutte.
«Quando mai?!» urlò lei, sconvolta.
«Quindi tutte quante avete avuto dei flirt?» chiese Wendy, curiosa. «Anche tu, Mira-chan?»
«Mirajane è la stella di Fairy Tail, non c'è uomo che non ci abbia provato con lei. Volente o nolente si trovava sempre coinvolta in qualcosa» annuì Bisca.
«Beh, Bisca si è sposata alla fine» disse Lisanna. «E Lluvia corre ovviamente dietro a Gray, penso che l'abbiano capito persino i sassi».
«Erza ha quella drammatica storia d'amore con quel suo amico d'infanzia, quel Gerard» sospirò Mirajane, trasognante e dispiaciuta come si trovasse di fronte a un film romantico dal finale straziante.
«Chi te lo ha detto?» balbettò Erza, rossa in volto tanto da far invidia ai suoi capelli.
«Levy ha Jet e Droy che le corrono dietro praticamente da quando l'hanno vista la prima volta» disse Bisca.
«Ma no, siamo solo compagni» ridacchiò Levy, beccandosi una serie di «Figurati!» per niente convinti.
«Ecco un bel pettegolezzo!» esclamò Cana, alzando un dito, maligna. «Pare che negli ultimi tempi si sia aggiunto un terzo contendente per la bella letterata della gilda. E forse ha addirittura qualche chance!» ridacchiò.
«Davvero? Chi?» chiese Lucy, spalancando gli occhi.
«Ma cosa dici!» urlò Levy, agitandosi tanto da schizzare acqua ovunque. «Non è assolutamente vero! Non c'è nessuno!»
«Chi è, Cana?» chiese Lisanna.
«Diccelo!» insisté Bisca e sorprendentemente anche Erza le si fece molto vicina, annuendo convinta, anche se ancora troppo imbarazzata per parlare. Le questioni d'amore la mettevano incredibilmente a disagio, più del normale, il che la rendeva tenera visto che di solito era quella forte e superiore a tutti.
«Non c'è nessuno! Piantatela subito!» urlò Levy, lanciandosi sul gruppo di ragazze e cercando di smuoverle fisicamente. «Vogliamo piuttosto parlare di Evergreen e Elfman, allora?» disse, sperando così di depistare l'attenzione su altro.
«Eh?!» urlarono praticamente tutte, voltando lo sguardo a una pietrificata Evergreen.
«Non ho la più pallida idea di quali siano le vostre idee e comunque non mi abbasso a fare certi discorsi con voi» sventolò lei, sempre altezzosa.
«Ma se finora sembravi interessatissima!» la riprese Lucy.
«Persino Cana ha avuto una mezzo storia con Macao» ridacchiò Mirajane, divertita.
«Quel vecchio bacucco!» sobbalzò Priscilla, uscendo finalmente con la faccia da sotto l'acqua.
«È stato molto tempo fa» sospirò Cana.
«Ma è molto più grande di te! Ha persino un figlio!» insisté Priscilla, sempre più sconvolta.
«Te l'ho detto, si parla del passato» disse Cana, per niente imbarazzata di parlare di quella questione, al contrario di tutte.
«Smettetela di parlare di quanto sia sexy Gray-sama! Lui appartiene solo a Lluvia!» intervenne infine Lluvia, sbracciandosi e lanciandosi in acqua pronta a combattere se necessario.
«Chi è che esattamente parlava di Gray?» mormorò Lucy, non capendo l'intervento di Lluvia. Ma probabilmente solo il fatto che si parlasse di flirt, pettegolezzi e storie d'amore l'avevano mandata in tilt abbastanza da non farle capire più quale fosse l'argomento.
«E tu Lisanna?» chiese Wendy, sempre più curiosa.
«Sono mancata a lungo, datemi tempo di riambientarmi e magari qualche pensierino posso cominciare a farlo anche io» disse lei, portandosi una mano alla guancia.
«Per come ne parli, sembra che tu non aspetti altro» ridacchiò Lucy.
«Quale ragazza non sogna il principe azzurro?» si giustificò lei.
«Blu-blur-blu-blblbl» disse Priscilla, con la testa di nuovo parzialmente infilata sott'acqua e lo sguardo frustrato per qualche motivo.
«Se te ne stai lì sotto non capiamo cosa dici, Pricchan» le disse Cana.
«Blblblurlurlur-blbl-blu-blr» insisté Priscilla, sempre più irritata, e Cana ci rinunciò a cercare di capire cosa stesse cercando di comunicare.
«Lluvia sogna Gray-sama tutte le notti» sospirò Lluvia, ondeggiando per l'emozione.
«Chissà perché me lo aspettavo» ridacchiò Lucy e Lluvia la fulminò con una tale intensità che nonostante il calore della stanza Lucy cominciò a tremare. «È perché lo trovi sexy anche tu, vero? Rivale in amore!» ruggì come un animale.
«Hai frainteso» balbettò Lucy, intimorita e scoraggiata all'idea di far capire a Lluvia quale fosse il suo ruolo.
«A Lucy piace Natsu, non Gray» disse candidamente Mirajane.
«Non è vero!» urlò Lucy, rossa in volto.
«Lui ti pppppiace» intervenne Happy, a bordo vasca.
«E tu cosa ci fai qui?! È il bagno delle donne!» urlò Lucy sempre di più, al limite dell'esasperazione.
«Io sono un gatto» rispose lui candidamente.
«Quando c'è questo gioco Happy è sempre presente, è bravo a dirigere la situazione» annuì Erza, per niente sorpresa della sua presenza.
«Giochi?» chiese Lucy.
«A Fairy Hills, il dormitorio femminile. Ci riuniamo qualche volta e spettegoliamo, Happy riesce a tenere in ordine tutte quante e trovare un buon filo conduttore» spiegò Levy.
«Da poco ho iniziato a prenderne parte anche io» sorrise Wendy. «È divertente, una bella serata solo tra ragazze. Anche ieri sera ci abbiamo riprovato, ma non tutte potevano. Cana e Priscilla, ad esempio, erano fuori a bere insieme».
«Io non ero con Priscilla» disse Cana, sorpresa di essere stata presa in considerazione in quel fraintendimento. Per quanto potesse sembrare una cosa innocente, calò lo stesso il silenzio tra tutte quante. Per qualche motivo si erano convinte che le due fossero state di nuovo insieme, proprio come la sera prima, e scoprire che invece non era così era una sorpresa.
«Sei mancata tutta la notte...» mormorò Wendy, pensierosa, assottigliando ancora di più quel silenzio. Lei poteva confermarlo con precisione, visto che le due avevano deciso di condividere la stanza per dimezzare la spesa dell'affitto e permetterle di risparmiare maggiormente. Priscilla era stata fuori tutta la notte, da sola... o forse no? Magari erano i discorsi in cui erano appena cadute a far loro pensare, a farle emozionare inutilmente, ma inevitabilmente cominciarono a pensare ad ogni eventualità...e in tutte quelle c'era qualche ragazzo di mezzo, per qualche strano motivo. Forse Leon, dopo essersi ritrovati dopo sette anni di lontananza? O quello stesso Bickslow che diceva non interessarle? O magari c'era qualcun altro? Qualcuno di insospettato? Warren? Gray? Natsu? Gajeel? Nab? Fried?
«Sei stata con Gray-sama?» ringhiò Lluvia, pronta a saltarle al collo.
«Ma di che parli?» chiese Priscilla, immune a quell'atmosfera improvvisamente pregna di eccitazione ed interesse. Si alzò e si avvicinò al bordo della vasca, per potersi sedere e strofinare un po' la pelle con una spugna. «Ho passato la notte da Laxus» disse tranquillamente, senza notare l'effetto che fece quella frase sull'intero plotone di ragazze emozionate e nel pieno dei sentimenti romantici. Occhi spalancati, bocche schiuse, guance arrossate. C'era sorpresa e c'era soprattutto emozione di fronte a quell'assurda, eppure stranamente accettabile, idea che i due non avessero solo dormito. Evergreen solamente non si unì al loro sentimento, ma semplicemente rese il suo sguardo ancora più affilato, sorrise sogghignante e si sventolò più rapidamente.
«Oh-oh!» urlò Cana, lanciandosi su di lei con tale foga da spingerla. Priscilla, lottando anche contro l'acqua fino alle cosce, perse l'equilibrio, cadde in avanti, scivolò sul fondo della vasca e con un urlo atterrò di faccia sul bordo della piscina lasciandoci su una piccola pozza di sangue uscitole dal naso colpito.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, spaventata nel vederla ferita.
«Sei impazzita, Can-» urlò Priscilla, rialzandosi e voltandosi verso di lei, pronta a sbranarla, ma le parole le morirono in gola. Cana, Lisanna, Evergreen, Erza e Bisca erano in cerchio praticamente sopra di lei. La sovrastavano con la loro possente ombra, rinchiusa in un circolo della morte, sentiva i loro sguardi acuminati penetrarla e incatenarla.
«Devi raccontarci ogni cosa» ruggirono come mostri assetati di sangue, chiudendosi su di lei e allungando le mani per bloccarla e impedirle di fuggire.
«Sono le regole del gioco, non puoi tralasciare nemmeno un dettaglio» aggiunse Erza.
«A-aspettate...» balbettò Priscilla, rannicchiandosi e schiacciandosi contro la parete della piscina. «Possiamo parlarne. Un moment-blubblblblbrbrublu» si reimmerse completamente, nella speranza che l'acqua avesse potuto probabilmente scioglierla e salvarla da quella situazione. Ma le cinque l'afferrarono e la tirarono di nuovo su, trascinandola poi al centro della vasca dove la fecero sedere, immersa fino al petto, e la circondarono.
«Voglio andare a casa» mormorò imbarazzata ed agitata da quella situazione che sembrava essere la sentenza di un condannato a morte.
«Non prima di aver sputato il rospo» decretò Cana.
«E bada bene a dire tutta la verità! Altrimenti per te, come da regolamento, ci sarà una severa punizione!» insisté Erza, puntandole un dito contro ed ergendosi come un generale.
«Ma di quale regolamento parli?» piagnucolò Priscilla.
«Prima domanda!» annunciò Lisanna, alzando l'indice. «Quando sei andata da lui?»
«Ieri sera, appena dopo il tramonto. Subito dopo aver chiesto a Fried l'indirizzo del suo hotel» rispose Priscilla atona e scocciata. Non capiva tutta l'importanza data a quell'evento, ed era proprio quello il motivo che la spingeva a rispondere con tranquillità. Cosa c'era di sconvolgente nel fatto che fosse stata con suo fratello?
«Seconda domanda!» disse Bisca. «Perché sei andata da lui?»
«Volevo parlargli» borbottò Priscilla, sempre più immusonita e rannicchiata in se stessa.
«Di cosa?» incalzò Lisanna.
«Sono affari miei» mormorò Priscilla, infastidita all'idea di dover rivelare loro quel dettaglio. Con una rapidità inaudita Erza fece scattare la propria mano verso di lei, gridando: «Punizione!» e nonostante si trovasse sott'acqua riuscì comunque a colpirle il sedere con uno schiaffo schioccante. Priscilla si irrigidì e urlò, forse per lo spavento o forse per il dolore, o forse entrambe le cose.
«Erza!» sobbalzò Lucy.
«Erza-san stai esagerando» mormorò Wendy.
«Suvvia Priscilla» si unì Mirajane, con il solito tono innocente e vagamente preoccupato. «Cerca di non ribellarti troppo, per il tuo bene» e stranamente il tono sembrò molto meno rassicurante e più minaccioso di quanto si fossero aspettate.
«Mira-san fai paura!» pigolò Wendy.
«Alla fine è interessata anche lei!» sobbalzò Lucy, sconvolta quanto la ragazzina.
«Voi...» blabettò Lluvia, rossa in volto, emergendo come un mostro marino di fianco a Cana. «Voi... avete...»
«Lluvia vuole fare una domanda» osservò Bisca, sorpresa e felice che anche lei si fosse unita.
«Acconsentito!» sentenziò Erza, severa.
«Cosa sei? Un giudice?» chiese Lucy continuando a sentirsi a disagio per la povera Priscilla che si era ritrovata in mezzo a quella follia.
«Voi... il letto... avete...» continuò a balbettare Lluvia, stringendosi in se stessa e ondeggiando sempre più imbarazzata.
«Credo voglia chiedere se avete condiviso il letto» suggerì Lisanna e Erza rossa come un peperone urlò: «Ottima domanda, Lluvia-chan!»
Priscilla a sopracciglia aggrottate le squadrò, corrucciata e rannicchiata nelle sue stesse spalle. Voleva sparire, ma sapeva che in qualunque posto avesse provato a infilarsi quella pazza di Erza l'avrebbe scovata e magari sculacciata ancora.
«Abbiamo dormito insieme» confessò, malvolentieri.
«Oh mio dio!» strillò Lucy, sentendosi stranamente coinvolta. Erza perse per un attimo i sensi e cadde all'indietro, tanto rossa da far preoccupare le sue amiche. Lluvia si portò le mani al voltò e completamente su di giri iniziò a roteare su se stessa urlando: «Un amore incestuoso!»
«Ma che diavolo vi siete messe in testa! Siete impazzite?» gridò Priscilla, rossa in volto. Cana si alzò improvvisamente in piedi, sollevando l'acqua tutta intorno e si puntò le mani ai fianchi, guardandola con severità dall'alto al basso.
«Lo hai picchiato?» chiese seria.
«Eh?» mormorò Lucy, chiedendosi se stesse puntando nella direzione del sadomaso.
«P-picchiato?» balbettò Priscilla, altrettanto confusa ma meno esagitata. Qualcosa le aveva dato una strana sensazione, forse lo sguardo deciso di Cana , forse il suo tono, ma sentiva che quella domanda era abbastanza sconnessa a quell'assurdo gioco che stavano facendo e aveva qualcosa di importante.
«Sì» insisté Cana, sempre più decisa. «Lo hai picchiato?»
E una finestra si aprì improvvisamente in quella parete buia dei ricordi che aveva della sera in cui si era ubriaca insieme a lei. La sua voce, la voce di Cana che furiosa cercava di darle la motivazione a reagire a un dolore che già conosceva.
"Basta essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza se necessario!"
Abbassò gli occhi, corrucciata e strinse tra loro le dita ora nervose.
"Laxus..."
Quello che voleva.
"Io... io voglio..."
Arrossì, ma non per l'imbarazzo ma per il dolore, la tristezza e tutte le emozioni che arrivavano nel ripensare a ciò che la sera prima aveva provato a tutti i costi a riprendersi. A ciò che aveva provato quella mattina, a quel primitivo sogno che si era di nuovo risvegliato in lei.
A ciò che non era ancora una volta riuscita a dire ad alta voce.
"Posso restare per sempre con te?"
Si alzò, improvvisamente cupa in volto, colta da una tristezza che avrebbe potuto farla scoppiare a piangere da un momento a un altro. Si voltò e, ignorando le ragazze intorno a lei, camminò decisa, lontana, verso l'uscita, mormorando semplicemente: «Non ho più voglia di giocare, ora».
«Pricchan...» mormorò Lucy, dispiaciuta nel vederla improvvisamente così diversa, così triste.
Cana spostò tanta di quell'acqua muovendosi verso di lei che fece lo stesso rumore di uno tsunami e con la stessa foga la prese per un polso e la costrinse a voltarsi. Una mano dietro la nuca, l'altra dietro le spalle e la strinse in un abbraccio. Caldo, amichevole, confortante, niente a che vedere con le sculacciate di Erza sicuramente, eppure non meno stimolanti nel convincerla ad arrendersi a loro e fare ciò che volevano.
«Credi non sappia che significa avere accanto la persona più importante della tua vita e non riuscire a rivelargli i tuoi reali sentimenti perché non riesci a sentirti degna nemmeno di provarli?» le disse e la sentì sussultare, consapevole e colpita da quanto Cana fosse stata in grado di comprenderla. «Non ti senti all'altezza e per questo ti accontenti, ma restano lì, a macerare... e te lo dico per esperienza, possono portarti a commettere errori».
«So che stavi per lasciare la gilda perché non ti sentivi degna di essere la figlia di Gildarts» mormorò Priscilla, ammorbidita e consolata da quelle parole.
«Hai capito perfettamente» sorrise Cana.
«Continuo a non capire cosa vi aspettiate da me» ridacchiò lei, sdrammatizzando. Non riusciva ancora a comprenderlo al cento per cento, era assurdo anche solo provare a pensarlo, ma nonostante questo il discorso di Cana l'aveva in qualche modo confortata. Cana ne sorrise, divertita e tornando anche un po' ghignante, ma più rilassata rispetto a prima.
«Siediti e ne parliamo tutte insieme» le disse, spingendola lentamente a rimettersi a mollo, con le spalle appoggiate al bordo della vasca.
«Lasciate fare a me» sospirò Evergreen camminandole incontro e mettendosi a sedere di fianco a lei, dall'altro lato rispetto a Cana. «Sono un'esperta quando si tratta di queste cose» sogghignò. «Vedi cara Pricchan, la natura ha fatto in modo che uomo e donna fossero sì due entità diverse ma comunque complementari...» cominciò a spiegare e Priscilla tagliò corto con un secco ed imbarazzato: «So come nascono i bambini, Ever».
«Chi te lo ha insegnato?!» sobbalzò Evergreen.
«Levy mi ha prestato qualche libro» disse guardando la ragazza che ora prendeva ad agitarsi e rossa in volto diceva: «È solo a scopo scientifico ed informativo! Non leggo certo romanzi a luci rosse io!»
«Sei una piccola porcellina, Levy-chan» sghignazzò Lucy, facendola urlare per l'imbarazzo una serie di: «No!»
«Credo che vi siete fatti un'idea totalmente sbagliata, ho capito dove volete arrivare. Io e Laxus siamo fratelli» disse Priscilla e Lluvia sussultò di nuovo, con le guance color pomodoro, portandosi le mani al viso e iniziò a roteare urlando: «Amore incestuoso!»
«Piantala!» abbaiò Priscilla.
«Sei la prima che tutte le volte ribadisce che non avete nessun tipo di legame di sangue!» disse Lucy, dando corda all'idea delle ragazze intorno a lei. «Non perdi mai occasione per ricordare a tutti che chiami Ivan "papà" solo perché è la parola che più gli si addice in quanto tuo creatore, ma che geneticamente non avete nessun legame».
«L'hai ripetuto anche due sere fa, mentre bevevi» asserì Cana.
«Quante cose ho detto quella sera, maledizione? Non riesco a ricordare!» si disperò Priscilla portandosi le mani ai capelli e Cana sogghignò con un: «Non puoi immaginare!» che la fece agitare ancora di più.
«Ciò non toglie che io e lui siamo cresciuti insieme» provò a insistere Priscilla.
«Anche Natsu e Lisanna sono cresciuti insieme eppure tra loro c'era del tenero» ridacchiò Mirajane.
«Mira-nee! Era solo un gioco!» borbottò Lisanna, rossa in volto.
«Io davvero non capisco come vi siate potute fare un'idea del genere» borbottò Priscilla, stringendosi nelle spalle.
«"Ha dato un senso alla mia vita"» rispose repentina Cana, ripetendo le sue stesse parole di qualche sera prima.
«"È la ragione per la quale sono venuta al mondo"» si unì Erza.
«Quella è una ragione logica e veritiera non c'entra con i sentimenti!» tentò di difendersi Priscilla.
«"Se tu te ne vai, quale sarà il mio scopo di vita?"» si unì Lucy, ricordandosi di una delle frasi che lei gli aveva detto il giorno che Laxus era stato bandito.
«Hai origliato?!» ruggì Priscilla.
«Ti piace il temporale! A nessuno piace il temporale!» si unì Wendy, contenta di trovare anche lei qualcosa per sostenere quella tesi.
«Wendy! Anche tu!» piagnucolò Priscilla.
«Volevi ricomprare la casa dove avete vissuto da bambini» disse Charle.
«Davvero?» chiese Lucy, sorpresa.
«L'hai aspettato per quasi sei anni» disse Mirajane, portandosi una mano emozionata alle labbra. «Com'è romantico».
«Giustificavi ogni suo errore, non facevi che proteggerlo» annuì Bisca.
«Basta guardare quanto ti brillano gli occhi quando lo vedi» esclamò Lisanna.
«Hai passato due giorni alla gilda a fissare la porta nella speranza di vederlo comparire» annuì Levy.
«Tutto questo non dimostra niente» bofonchiò Priscilla, rossa in volto, con la testa infossata nelle spalle.
«Hai detto che non ti importava niente dei capelli, ma non appena ho detto che a Laxus piacciono le ragazze con i capelli lunghi sei corsa dal parrucchiere» si unì Evergreen.
«Ever!» esclamò Priscilla, sconvolta per l'attenzione a quel particolare.
Ma la cosa ancora più sconvolgente fu che lei non si fermò e continuò, come una mitragliatrice: «Ti raccontai di quella volta che Laxus puntò una ragazza in un bar e per tutta la notte non fece che raccontare le sue gesta e offrirle da bere, hai passato tutto il giorno a grugnire e prendertela col mondo intero, era evidente che eri gelosa. Ti chiesi una volta di provare a descrivermi quale sarebbe stato il tuo uomo ideale per gioco, mi hai dato la descrizione sputata di Laxus, compresa la "cicatrice sul viso perché rende un uomo figo". Chiesi a Levy se aveva qualche libro che parlava di storie d'amore tra familiari, qualche rapporto incestuoso, pare che tu non l'abbia ancora restituito. Devo andare avanti?» sghignazzò lei e Priscilla le urlò contro, tesa come non mai e sconvolta al limite: «Sei una vipera!»
«Dunque possiamo dire di essere arrivati tutti a una conclusione!» Happy si alzò in volo e batté un piccolo gong con aria solenne, come un piccolo giudice che non aveva fatto che ascoltare, imparziale. Poi si portò la zampetta alle labbra, increspò le sopracciglia e sghignazzante disse: «Lui ti ppppppppiace».
«blu-blublblb-brr-blr-bru» Priscilla si era di nuovo immersa parzialmente sott'acqua e faceva bollicine di dissenso. Incrociò le braccia al petto, offesa e irritata, e infine si immerse completamente tornando a blubrare sempre più sonoramente per trasmettere il suo disaccordo. Le sentì scoppiare a ridere, oltre il pelo dell'acqua, divertite dalla sua reazione che ovviamente confermava le loro teorie e la rendeva estremamente tenera nel suo imbarazzo.
Le lasciò fare, che altro poteva dire? A quale altra scusa poteva appigliarsi? Avevano torto, lo sapeva, la sua mente glielo urlava in tutti i modi. Non poteva essere vero, a lei non era concesso, un sentimento come l'amore non poteva esistere nel suo mondo. Anche fosse esistito, non poteva rivolgerlo a una persona così diversa da lei. Cosa poteva offrirgli? Un corpo fittizio, una macchina creata ad hoc, un'esistenza manipolata, una vita che non avrebbe potuto dargli niente e che comunque sarebbe morta molto prima di lui, lasciandolo solo. Lei non era umana...
E forse per quello aveva sempre desiderato così ardentemente diventarlo?
Diventare come lui.
La sensazione dell'acqua sulla pelle e tutti quei pensieri la portarono a riflettere anche sulla sera prima. Una scena, in particolare, che aveva trovato inspiegabile e che non riusciva a togliersi dalla testa. Quel batticuore e quel bruciore allo stomaco provato nel vedere Laxus sopra di lei, così vicino, nudo se non per un asciugamano intorno alla vita. Non era riuscita a spiegarsi quella paralisi, quel rossore sul volto, nonostante di libri a tema romantico ne avesse letti a bizzeffe. Sapeva cos'era, sapeva come funzionava, eppure non era riuscita a riconoscerla su di sé forse proprio perché non aveva voluto riconoscerla. Ma era così, era veramente così. In quel momento aveva provato la palpitazione tipica dell'innamoramento, affascinata dal suo corpo, ubriaca da quella vicinanza inaspettata e incredibilmente piacevole. Era davvero così? L'aveva da sempre chiamato fratello perché sapeva che quella era la massima aspirazione a cui poteva puntare. Fratello era ciò che la legava a lui maggiormente, il massimo a cui poteva ambire, e perciò era così legata a quell'appellativo ma lei per prima, Lucy aveva ragione, negava ogni sorta di parentela effettiva. Lo era davvero, lo ricordava quando da bambina averlo intorno non significasse niente. Aveva cominciato a provare quel primordiale sentimento di felicità e vita solo nell'istante in cui aveva scoperto il suo sorriso, solo nell'istante in cui lui le aveva regalato la magia di una carezza, il calore di un abbraccio, la presa ferrea della sua mano che si insinuava tra le proprie dita per afferrarla. Ricordava come da allora fosse diventato per lei una sorta di angelo, da seguire e con cui stare, per riuscire a raggiungere la felicità. Niente a che vedere con il vero sentimento di fratellanza, ma solo puro e ingenuo amore.
"Che abbiano ragione?"
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~{Fairy Tail}~ La bambina di carta ~
FanficNon c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'...