Bentornato Laxus

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I ruggiti, il fuoco, il tuono, luce e ombra, la nave tremava e ondeggiava sotto la furia di un vero e proprio drago contro l'inferno assoluto. Fino all'ultimo briciolo di energia, Natsu utilizzò tutte le carte che aveva per riuscire a stendere definitivamente Hades, infine crollò esausto. Ma il demone si rialzò ancora, dopo pochi secondi di riposo, ferito ma ancora pieno di energie. La paura li attanagliava, sembrava che niente fosse in grado di funzionare, che mai avrebbero visto la fine e ora che tutti loro erano ormai allo stremo la speranza cominciò a dissipare. Non avevano magia, non avevano forza, non gli restava niente se non un disperato bisogno di vivere e salvare i propri amici. E con quel terrorizzato desiderio combatterono ancora contro i mostri dell'inferno, evocati da un Hades che sembrava essere detentore di qualsiasi magia oscura esistesse al mondo.
Poi il miracolo... come un colpo di aria fresca, la magia tornò improvvisamente a scorrere nuovamente dentro loro. L'isola di Tenrou, distrutta da Azuma in precedenza, era la loro protettrice. Rinvigoriva e proteggeva chiunque portasse su di sé il simbolo di Fairy Tail, ma quando era stata distrutta quella protezione era venuta a mancare. Avevano usato gli ultimi stralci di magia residua che avevano in corpo, Priscilla addirittura aveva usato quella del suo stesso corpo rischiando di consumarsi e morire, ma qualcosa, un miracolo, riportò improvvisamente l'isola allo stato originario. Sentirono l'energia scorrere in loro, la speranza di poter ancora fare qualcosa, e i membri di Fairy Tail tornarono a combattere più agguerriti che mai contro un nemico che ancora non sembrava cedere a nessun colpo. Ma anche così, anche con la magia che di nuovo aveva preso a scorrere dentro loro, si ritrovarono nuovamente in ginocchio, tremanti.
«Il simbolo sul palmo della mano destra» un mormorio riuscì a far riaprire gli occhi a Laxus. «Posso stringerlo tra le dita, proteggerlo, o porgerlo in aiuto di chi ha bisogno» la mano destra di Priscilla si mosse lentamente sul petto di Laxus, fino a raggiungere la mano del ragazzo appoggiata alla sua spalla ancora in quel rinvigorente abbraccio. Incrociò le dita con le sue, ci scivolò in mezzo con delicatezza, fino a stringerle e unire così i loro palmi. Laxus non aveva certo idea di cosa le stesse passando per la testa, ma poteva facilmente intuirlo. Finché avesse avuto forza di rialzarsi, non avrebbe lasciato i suoi compagni da soli. Strinse la sua mano, deciso a unirsi a lei in quell'ultimo disperato tentativo di intervento, con l'ultima briciola di energia che aveva e che era riuscito a ricaricare in quei minuti di riposo a terra. Il vento soffiò sotto di loro, aiutandoli ad alzarsi da terra, e con quell'unico stralcio di forza che avevano corsero incontro ad Hades nell'istante in cui Natsu si ritrovò nuovamente in ginocchio. Strinsero le proprie mani più forte, dandosi coraggio, e con l'altra mano spinsero in avanti il pugno più arrabbiato che avessero mai tirato in vita loro. Centrarono Hades in pieno viso e lo fecero cadere all'indietro in un'espressione contorta di dolore.
«Laxus!» si meravigliò Natsu e con lo stessa sorpresa Erza chiamò il nome di Priscilla.
«Alzate la vostra testa, ora!» ruggì Priscilla.
«Andate, Fairy Tail!» urlò Laxus voltandosi a guardare i suoi compagni.
Non era stato altro che un disperato gesto, dall'utilità abbastanza limitata, ma quelle urla e quell'ultimo desiderio che aveva spinto i due più moribondi a provarci ancora diede loro la carica di non arrendersi.
«Attacco d'ala del cielo!»
«Ice Bringer!»
«Apriti portale del Capricorno!»
«Tenrin: spada pentacolare!»
«Esplosione cremisi della lama del fulmine!»
E con quell'ultimo attacco, quell'ultimo straziante sforzo, videro finalmente Hades cadere a terra tra macerie e polvere, ferite e sangue, il volto steso in un'espressione ormai vinta che difficilmente sarebbe sparita.
Era finita.
Natsu cadde in ginocchio, lanciando al cielo un urlo che più pareva un ruggito, libero finalmente di potersi scrollare da tutta quella tensione che l'aveva quasi ucciso. Priscilla sorrise, sollevata e felice, poi finalmente la tensione lasciò andare anche il suo corpo privandola dell'ultimo briciolo di forza che le era rimasto. Perse l'equilibrio, su quell'unica gamba che le era rimasta, e cadde. Laxus si sporse rapidamente verso di lei e la tirò per quella mano che ancora stringeva saldamente. La prese per un fianco e riuscì a sorreggerla, impedendole la caduta a terra. Priscilla si lasciò aiutare e si aggrappò a lui saldamente, mentre le portava il braccio dietro il proprio collo per tenerla in piedi. Ansimava per la fatica, a malapena riusciva a tenere sollevata la testa, e il sudore continuava a colarle dalla fronte. Aveva decisamente bisogno di riposare, ma l'espressione del suo volto non trasmetteva nessun accenno alla fatica. Era serena, distesa e felice, saldamente aggrappata all'uomo riuscì persino a voltarsi e rivolgergli uno sguardo. Non parlò, forse non ne aveva la forza o forse non sapendo bene come trasformare in parole tutti quei pensieri, ma Laxus riuscì comunque a leggere nei suoi occhi la gratitudine per essere tornato e aver loro salvato la vita. Un grazie non espresso, ma che non aveva bisogno di parole. E questo gli permise di non dover cercare scuse per giustificare il suo improvviso interesse nella loro incolumità, ma poté semplicemente ricambiare il suo sorriso. Avevano di nuovo combattuto assieme. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva sentito quell'eccitazione in corpo, cinque anni dall'ultima volta che avevano potuto stringere le loro mani, guardarsi in volto e darsi forza, cinque anni dall'ultima volta che avevano tirato insieme un pugno. Era come se tutto quel tempo non fosse mai trascorso, improvvisamente si sentirono di nuovo normali, come se non avessero fatto altro che dormire e si fossero svegliati solo in quel momento. Niente di quanto era successo tra loro, stranamente, sembrò avere significato. Avevano temuto l'imbarazzo, la rabbia, il disagio di quando si sarebbero di nuovo visti, si erano più volte chiesti come sarebbe stato allora... invece era tutto così naturale, così normale, che solo i sorrisi avevano significato.
Priscilla cadde in avanti con la testa, ancora troppo stanca, ma riuscì a restare sveglia e tenersi in piedi benché fosse totalmente sorretta da Laxus.
«Dannazione» ridacchiò, divertita. «Sono troppo stanca ora per riuscire a parlare».
«Non credo ci sia molto da dire in verità» disse lui, evasivo, cercando di evitare quel lungo discorso da cui non sapevano nemmeno da dove iniziare. Cosa gli era successo, dove era stato, cosa pensava ora, cosa aveva pensato allora, cosa provava, perché era tornato, cosa aveva fatto lei nel frattempo, aveva continuato ad aspettarlo? Erano così tante le domande, così tante le cose da dire, che anche solo pensarle tutte era faticoso. E il disagio e l'imbarazzo di doversi aprire e raccontarsi era tale che lui ne avrebbe volentieri fatto a meno.
«Sei il solito» rise lei, con una giovialità esagerata. Fu come una catena che si ruppe, permettendo a un cancello di spalancarsi con un fragore assordante per far uscire e crollare una valanga che aveva a lungo trattenuto. Scoppiò a ridere, scoppiò a ridere rumorosamente ed esageratamente, a testa bassa lasciava uscire la voce con tale abbondanza che il fiato riuscì poco a starle dietro e a volte la costringeva a grossi respiri. A testa bassa, il volto coperto dai capelli, Laxus riuscì a intravedere solo poco dopo piccole gocce che si staccavano da lei e cadevano a terra. Non era sudore ma lacrime, lo capì subito, dal momento che quella risata sganasciata a volte assumeva i connotati di un lamento. Quella slavina non era gioia, ma era ogni sorta di emozione che aveva trattenuto dentro sé per tutta la durata di quei cinque anni. Il dolore, la gioia, il tormento, la felicità, il desiderio, il sollievo, la rabbia... c'era ogni cosa, mescolato l'uno nell'altro, lottavano per uscire finendo col fondersi e trovare rifugio in una battuta e una risata. Laxus la lasciò sfogarsi, non sapendo nemmeno cosa avrebbe potuto dire o fare. Era ancora tutto un enorme punto interrogativo, il futuro, il loro futuro, quello della gilda, non aveva idea di cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Sarebbe tornato a vagare, l'avrebbero cacciato via come l'ultima volta, o forse avrebbero deciso di reintegrarlo, magari addirittura di perdonarlo... che razza di pensieri faceva? Chi avrebbe perdonato uno come lui dopo aver minacciato la vita di tutti loro e del master stesso? Erano troppe le cose da aggiustare, troppi pensieri a cui pensare, perciò semplicemente decise di lasciarsi trasportare dagli eventi. Avrebbe riportato tutti a casa e poi, semplicemente, se ne sarebbe andato di nuovo... forse.
Certo era che tutto quel dolore che Priscilla ora stava lasciando andare, sapeva bene di esserne la causa, e non poteva far a meno di tormentarsi. Qualsiasi decisione avrebbe preso, ne avrebbe portato per sempre sulle spalle il loro peso. Sentì la mano fredda di Priscilla aggrapparsi alla sua maglia, proprio mentre i suoi pensieri lo stavano trascinando altrove. Neanche aveva fatto prima caso che quella mano era stranamente più fredda del resto del corpo, era curioso. Strisciò dietro al suo collo, si aggrappò in una specie di abbraccio che, data la fatica che faceva nel restare in piedi, sembrava più un modo per aggrapparsi a qualcosa. Alzò finalmente gli occhi, anche se rossi per il pianto, l'espressione contorta tra il sorriso e il dolore, e infine si illuminò in un modo che mai le aveva visto fare.
«Bentornato» singhiozzò, tirando il viso in un enorme sorriso. Una parola che per cinque anni si era tenuto ben segregata dentro, come un segreto che non aveva mai trovato il coraggio di rivelare. Una parola che per cinque anni aveva spinto all'interno del suo petto, desiderosa di uscire, senza però averne mai l'occasione, e più era passato il tempo più aveva logorato e distrutto quella prigione in cui era stata rinchiusa. Una singola parola che ora poteva finalmente uscire e liberarla.
Non era veramente tornato, lo sapeva, era lì solo di passaggio. Era lì solo perché il cuore gli aveva detto di andarci, aveva voluto aiutarli, ma sapeva che non l'avrebbero mai riaccettato. Molto probabilmente sarebbe di nuovo dovuto partire quanto prima, anzi aveva desiderato farlo anche prima di incrociare suo nonno, ma ora... per quel breve istante, stupidamente, desiderò restare.
«Grazie» balbettò semplicemente, scosso da un certo imbarazzo. Probabilmente anche perché, nonostante la fine della battaglia avesse portato in ciascuno dei loro compagni il desiderio di chiedersi come stavano, di parlare e abbracciarsi, comunque l'evento del loro ritrovamento e le urla del pianto-risata di Priscilla avevano attirato su di loro gli sguardi degli altri. Lucy stava addirittura piangendo. Era decisamente imbarazzante.
«Natsu!!!» la voce di Happy vibrò dal corridoio, prima che gli Exceed potessero entrare nella stanza dove si trovavano i loro compagni.
«Ragazzi! Aiutateci!» chiamò Charle, correndo al suo fianco, mentre Lily cercava di proteggerli dalle retrovie. Dietro di loro un numero indefinito di persone, soldati di Grimoire Hearts sicuramente, li inseguiva minacciandoli di ucciderli.
«Happy!» sobbalzò Priscilla, guardandoli sorpresa.
«Priscilla ti manca una gamba!» pianse Happy, correndo verso di loro e portandosi dietro la folla di manigoldi.
«Fosse la prima volta» ridacchiò lei imbarazzata e provò a separarsi da Laxus per prepararsi a combattere di nuovo, ma ancora ebbe un cedimento e il ragazzo al suo fianco dovette sorreggerla per impedirle di finire a terra.
«Ci hai preso familiarità con 'sta faccenda» quasi la rimproverò Laxus, che invece trovava la cosa ancora strana, quasi fastidiosa perché legata a ricordi di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
«Si mette male» disse Gray, provando a richiamare un po' della sua magia senza riuscirci.
«Siamo tutti senza forze, non abbiamo più energia magica a disposizione» notò Erza, trovando le stesse difficoltà nel riequipaggiarsi.
«Che facciamo?» chiese Lucy, preoccupata e senza idee.
«Fermi lì!» l'urlo imperativo di una voce familiare e confortante, proprio dietro di loro. Makarov, insieme a tutto il resto dei compagni che erano rimasti alla base, compresi i feriti, erano in piedi all'ingresso della stanza e fulminò l'intero plotone che stava rincorrendo gli Exceed.
«Ragazzi!» salutò Natsu allegro.
«Nonno!» salutò anche Priscilla, tanto felice di vederli che per poco non tornò a piangere.
«C-ce ne sono altri!» esclamarono terrorizzati alcuni dei soldati di Grimoire Hearts.
«Quello è Makarov! Il loro master!»
«Hanno sconfitto Master Hades! È a terra guardate!»
E lentamente il panico e la paura non solo li costrinse a fermare l'inseguimento, ma addirittura ad arretrare. Se nemmeno master Hades era riuscito a sconfiggerli, che speranza potevano avere loro?
«Sparite da quest'isola» ordinò Makarov e l'intero gruppo di uomini scappò via, senza farselo ripetere due volte, urlando dalla paura. Non ci era certo voluto molto, ma era ugualmente di grande conforto sapere che non avrebbero dovuto combattere ancora.
«Evvai!» urlarono felici mentre si riabbracciavano e piangevano nel rivedersi tutti interi. Cana abbracciò Lucy, Wendy salto stringendo Charle, Erza andò a chiedere a Mirajane come stesse, Gajeel pianse riabbracciando Lily e nel caos di felicità Makarov fu l'unico a volgere a Laxus e Priscilla uno sguardo. Rivolto soprattutto a Laxus, ma lei gli era ancora aggrappata perciò fu inevitabile trovarsi tra loro. Laxus con una smorfia orgogliosa voltò semplicemente gli occhi altrove, facendo finta di niente, anche se la testa incassata nelle spalle tradiva il suo imbarazzo.
«Sono felice di vederti qui» disse Makarov con tono serio, poco prima di ingigantire la propria testa con quella sua bizzarra magia e trasformarsi in una specie di leone famelico, urlando e sputacchiando contro al ragazzo: «Credevi ti avrei detto una cosa simile, testa bacata?». Laxus semplicemente afferrò Priscilla per i fianchi, la sollevò e la spinse in avanti, tenendola ben ferma tra lui e suo nonno. Tutta la furia e soprattutto la saliva incontrollabile del furibondo anziano non arrivò perciò a lui ma colpì l'innocente sorella, che terrorizzata aveva da subito cominciato a urlare. «Come ti è saltato in mente di mettere piede su quest'isola mentre sei ancora in esilio, eh?» ruggì Makarov, davanti a una Priscilla ormai in lacrime.
«Sì, ma che c'entro io?» piagnucolò lei, inascoltata.
«Master, si calmi» provò a intervenire Levy.
«Sta' zitto, vecchio» rispose a tono Laxus, orgoglioso.
Fu solo allora che Fried, prima di tutti, riuscì a distogliere l'attenzione dalla gioia di essere ancora tutti vivi e aver vinto quella battaglia apparentemente impossibile e notò la presenza di Laxus.
Balbettò il suo nome, sconvolto di vederlo lì, poi in lui come negli altri due Raijinshuu la gioia esplose come una bomba e chiamandolo a gran voce gli saltarono al collo senza contegno né attenzione per le sue ferite. Priscilla ovviamente si trovò nuovamente coinvolta, visto che era tenuta ancora sollevata a mo' di scudo da Laxus. Caddero tutti a terra, ma nessuno si preoccupò né delle sue urla né dei lamenti di Laxus, troppo impegnati a piangere e chiamarlo, stritolandolo come poterono.
«Dimmi che te li riprendi, ora che sei tornato, ti scongiuro» pianse Priscilla, incapace di muoversi, schiacciata come una sottiletta tra Laxus a terra e i tre Raijinshuu sopra di lui.
«Non è che sia stato esattamente reintegrato, a dire il vero» provò a sibilare lui con il poco di aria che aveva.
«Oh, Priscilla, ci sei anche tu?» si accorse solo allora Fried.
«Baby, stai bene?» chiese Bickslow felice di vederla tutta intera. L'afferrò per il collo, abbracciandola, e sollevandosi in ginocchio la tirò via da quell'intrigo di corpi dei loro amici. Un metodo non del tutto delicato e confortevole, che la ridussero a urlare ancora per il dolore della presa, perché incastrata a qualcosa, ed era finita con l'essere allungata e stritolata in modi che un corpo umano in realtà non sopportava.
«Siamo stati attenti a lei, in questi tempi, hai visto Laxus?» chiese Fried, brillando di emozione.
«Ci siamo occupati di lei come ci avevi chiesto» si unì Evergreen, altrettanto entusiasta, mentre Bickslow alle loro spalle continuava a stritolarla per abbracciarla e lei cercava di allontanarlo piazzandogli le mani in faccia.
«Quando esattamente vi avrei chiesto una cosa simile?» chiese Laxus, confuso, ma nessuno di loro ascoltò quell'affermazione e continuarono a brillare, standogli ben appiccicati, come cagnolini che aspettavano il biscotto per premio.
«Bene, ora possiamo riprendere con la prova!» urlò Natsu, alzando le braccia al cielo.
«Stai scherzando, vero?» sussultò Priscilla, ancora serrata nella ferrea presa di Bickslow.
«L'ultima parte della prova è stata interrotta, perciò non conta! Non ci resta che deciderla combattendo!» insisté Natsu infervorato, tirando pugni al vento.
«In verità, Cana l'ha portata a termine, a regola spetta a lei...» insisté ancora Priscilla, ma venne interrotta da Gajeel che ringhiando si portò di fronte a Natsu: «Credi davvero di potermi combattere conciato così? Ti è saltata qualche rotella?»
«A occhi chiusi! Ora ho il potere fiammeggiante del drago del fulmine!» rispose Natsu.
«Io non voglio più combattere nessuno» piagnucolò Priscilla, accasciandosi sulla spalla di Bickslow, arrendevole persino in quello. «Portami a casa, Bicks-chan».
«Bicks-chan!» sussultò lui, arrossendo per l'emozione di una tale confidenza.
«Ma che gli prende a quei due?» chiese Laxus, guardando corrucciato la scena tra Bickslow e Priscilla. Evergreen si limitò a ridacchiare nervosa, mentre Fried più rassegnato disse semplicemente: «Credo che Bickslow voglia parlarti».
«Eh?» chiese Laxus curioso, chiedendosi che c'entrasse lui.
«Giusto!» sussultò Bickslow e corse ai piedi di Laxus, tenendosi Priscilla ben salda su una spalla. «Laxus chiedo umilmente la mano di tua sorella!» disse solenne e Priscilla sussultando urlò: «Giammai!»
«La sua... mano?» chiese Laxus con occhi spalancati e un lieve rossore in volto. Quando era successo che tra loro nascesse un simile rapporto? Certo era che lui non c'entrava proprio niente, Priscilla era liberissima di fare quello che voleva e il suo volere non contava assolutamente nulla. Sbuffò, incrociò le braccia al petto, senza riuscire a trattenere un vago sentimento irritato e ringhiò semplicemente: «Come vi pare».
«Cosa?!» gridò Priscilla in preda al panico.
«Ha accettato!» saltò Bickslow.
«No! No! Aspetta!» cominciò a scalciare e dimenarsi, ma Bickslow era certamente più in forma di lei ed era in grado di gestirla. Tenendola in spalla come un sacco di patate si rimise in piedi e cominciò a correre verso l'uscita, diretto verso chissà quale prima chiesa avesse incontrato o forse semplicemente per rapire la ragazza e sparire nel nulla ora che aveva avuto il benestare dell'unico che gli interessava. Priscilla si allungò in avanti e riuscì in un gesto disperato ad afferrare il colletto della giacca di Fried, trascinandolo con sé, ma il tutto fu tanto improvviso che Fried semplicemente perse l'equilibrio, mugolò soffocato e cadde all'indietro. Allungò una mano in avanti, cercando qualcosa dove appigliarsi, e colpì involontariamente Evergreen facendole saltare gli occhiali.
«Avete finito voi tre, allora?!» ruggì Evergreen, furiosa per essere stata messa in mezzo. Una furia come quella era rara in Evergreen e proprio per questo faceva venire la pelle d'oca. Priscilla si ritrovò ad abbracciare Bickslow per lo spavento e Fried si schiacciò contro di loro, altrettanto intimorito.
«Scusami» sussurrarono all'unisono, facendo così calmare, almeno parzialmente, la donna più terrificante che conoscessero.
«E tu impara a rispettare le volontà altrui!» ruggì Priscilla non appena Evergreen ebbe loro voltato le spalle e poté sentirsi sicura. Alzò il braccio e tirò in pieno viso a Bickslow un pugno tanto potente da fargli voltare la testa dall'altro lato. Questo lo portò a perdere la presa su di lei, che cadde con un tenero «Kyah!», sbattendo il sedere a terra. Si massaggiò la zona colpita, con un lamento, mentre Fried allarmato si inginocchiava e chiedeva pressante: «Ti sei fatta male? Ti portiamo all'ospedale!»
«Io non vi sopporto più, tornateve dal vostro proprietario e lasciatemi in pace una buona volta» disse Priscilla scoppiando praticamente a piangere come una bimba.
«L'hai fatta piangere!» abbaiò Fried verso un Bickslow che ora si grattava la nuca imbarazzato. «Io stavo solo scherzando» confessò.
«Siete due incapaci, non avete idea di come si tratta una donna!» intervenne di nuovo Evergreen, riappropriatosi dei suoi occhiali. «Su, su! Vieni da Ever-nee» disse lei prendendo Priscilla tra le braccia e stringendola, quasi soffocandola, sul proprio seno. «Questi omaccioni cattivi ti trattano male?» chiese come una tata confortante e lei fulminando sia Bickslow che Fried annuì.
«Non è vero! È stato Bickslow!» balbettò Fried, cercando di difendersi.
«Stavo solo scherzando per vendicarmi che non mi ha riconosciuto al campo base prima. Mi ha maltrattato senza motivo» mormorò Bickslow, cercando di giustificarsi. Priscilla in un flashback ricordò ogni cosa, non solo il non averlo riconosciuto ma anche che sotto quell'elmo che aveva sempre pensato fosse la sua vera faccia c'era in realtà un ragazzo in carne e ossa che aveva ingenuamente anche considerato carino. Arrossì violentemente e affondò di più il volto sul seno di Evergreen, che intuì nel suo atteggiamento qualche fastidio e imbarazzo. Perciò se la prese con lui, abbaiando un: «Che le hai fatto?»
«Niente!» sussultò lui.
Un voce, una risata soffocata, sfuggita al suo controllo solo per qualche secondo, ma Priscilla non fu l'unica a coglierla con una palpitazione. Sollevò il volto dal petto di Evergreen e rossa per l'emozione si voltò verso Laxus, cosa che fecero anche gli altri tre. Era seduto a terra, gambe e braccia incrociate, cercava di fare l'indifferente e neanche li stava guardando, ma dal petto leggermente in movimento usciva comunque una debole risata sicuramente causata da quel quadretto ridicolo che i suoi amici avevano messo su insieme a Priscilla. La voce roca e cupa, ben chiusa all'interno della gola, eppure nel suo piccolo riusciva comunque a farsi sentire.
Quella risata...
"Quando Laxus tornerà troverà una casa allegra e felice ad accoglierlo, proprio come piace a lui. È questa la mia promessa" se l'era dimenticata. Quella promessa che aveva fatto a Makarov, ma forse più a se stessa, quando aveva infine accettato il suo ruolo all'interno della gilda, dopo il loro litigio. A Laxus era sempre piaciuta quell'atmosfera, non lo diceva spesso, era assurdamente orgoglioso, ma lei lo conosceva e sapeva che lui amava passare il tempo dentro Fairy Tail per sentirne la gioia e le risate. Priscilla stessa era cresciuta con quel particolare carattere solare e infantile, aveva imparato a provare quei sentimenti, solo perché aveva visto che così riusciva sempre a strappargli un sorriso. Era orgoglioso, ma in realtà era una persona molto solare a cui piaceva quell'atmosfera raggiante. Ci aveva messo cinque anni, non aveva mai smesso di ridere e cercare di far ridere chi aveva intorno solo per mantenere viva l'atmosfera allegra di Fairy Tail, solo perché lui avrebbe così potuto tornare sempre in una casa allegra e felice. Come gli piaceva, anche se non lo dava a vedere. Dopo il combattimento contro di lui alla cattedrale e il suo esilio, con tutto quello che era successo successivamente, se l'era dimenticata. Ma nel profondo non aveva mai smesso di portare avanti il suo compito, il suo ruolo, quello di occuparsi di lui... e renderlo felice.
"È questa la mia promessa".
Ce l'aveva fatta. Era passato così tanto tempo, aveva sofferto e lottato molto, ma alla fine ci era riuscita. Laxus era tornato e ad accoglierlo c'erano state risate e scherzi, era riuscita a renderlo felice...a farlo ridere di nuovo. Gli occhi le si inumidirono, le guance si arrossarono e portandosi una delicata mano vicino alle labbra sorrise timida ed emozionata, guardando il volto disteso di suo fratello e il suo petto che ancora sobbalzava per la flebile risata che si teneva chiuso dentro.
«Bentornato... Laxus».

~{Fairy Tail}~ La bambina di carta ~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora