Master

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Sul tetto della nuova gilda di Olympos Priscilla sedeva a gambe incrociate. Le mani raccolte a conca davanti al ventre, la schiena ben dritta, la testa leggermente china in avanti e gli occhi chiusi, in una concentrazione assoluta. La cascata di ethernano le cadeva con pesantezza sul collo e sulle spalle, era lì sotto ormai da almeno mezz'ora e poteva sentire il formicolio della pelle per il duro colpo che il liquido le faceva cadendole addosso, laddove ora brillava con orgoglio il simbolo della montagna di Olympos, dello stesso azzurro che da sempre aveva caratterizzato la magia del suo corpo. Il marchio della sua nuova gilda, stampato esattamente il giorno dopo il loro arrivo in quel luogo, veniva sollecitato dai colpi dell'ethernano e sembrava assorbirne gli effetti. Era qualcosa a cui era anche fin troppo abituata, avendo fatto e rifatto quell'esercizio più volte al giorno per tutti i precedenti sette mesi che si erano stabiliti lì. All'inizio aveva cominciato con qualcosa di più delicato, dei semplici bagni, delle immersioni, per poi passare al vero e proprio esercizio fisico. Nuotate, ginnastica ed allenamenti insieme ad Ares con i piedi in ammollo sulla riva. I primi due mesi era sembrato tutto inutile: come il giorno che aveva scoperto di quella fonte magica, non appena usciva dall'acqua di ethernano e si asciugava perdeva nuovamente tutta la sua magia. Aveva cominciato a credere di non avere speranze, aveva cominciato ad arrendersi, ma le persone che aveva a fianco avevano trovato il modo di trascinarla avanti. E così, con tanto allenamento e sacrificio, era infine riuscita a generare qualche debole corrente d'aria senza per forza stare con i piedi ammollo. Era bastato quello a dare conferma alle teorie di Athena e spingerla a riprendere con dedizione tutti gli esercizi e la terapia. Passava ore sotto la cascata, rinforzando il corpo e l'anima, si allenava a terra con Ares nel corpo a corpo, meditava e provava ad allenare anche la magia stessa usandola al di fuori del fiume di ethernano.
Erano passati sette mesi e solo da qualche settimana poteva finalmente dire di essere rinvigorita... anche se quella cicatrice sul braccio mai era sparita.
Stirò la schiena, fece un paio di respiri profondi, e sistemò meglio il corpo che sotto al sollecito della cascata si era leggermente spostato dal suo asse. Solo il rumore del liquido che atterrava feroce sul terreno le faceva compagnia, e proprio quel rumore le impedì dapprima di sentire la voce di Dike chiamarla da terra.
«Master!» urlò la ragazza a terra, nascondendosi nel frastuono della cascata. «Master!» gridò più forte, almeno altre due volte prima che potesse risultare vagamente udibile.
Priscilla aprì gli occhi e guardò la ragazza che ancora stringeva cenci e stracci, sempre impegnata nella cura della casa. Aveva un braccio alzato e stava cercando di farle segno di scendere e seguirla.
«Hermes è tornato! Mi ha detto di chiamarti» avvertì, cercando di urlare per farsi sentire.
«Ok!» gridò Priscilla, alzando un braccio, e infine si tolse dalla traiettoria della cascata e si rialzò. Si avvicinò al bordo e da lì saltò, galleggiando per aria e atterrando morbidamente vicino a Dike. La ragazza le porse degli abiti asciutti da mettere sopra il costume, compresa la giacca di pelle che Eris e Ebe le avevano regalato e un paio di guanti scuri dalle dita tagliate da cui si separava difficilmente. Si poggiò un asciugamano sulla testa, coprendo i cortissimi capelli bagnati e cominciò a strofinarli per asciugarli, mentre entrava nella gilda. Sentiva la forte voce di Hermes provenire dalla sala riunioni benché si trovasse a metri di distanza, quel ragazzo aveva una potenza vocale oltre che energetica veramente invidiabile. Lo raggiunse e non si sorprese nel vedere già presenti anche tutti gli altri membri di quella che era stata da lei rinominata come "squadra d'assalto": i membri più forti, combattivi, che partecipavano volentieri alle sue spedizioni contro le gilde oscure di Zeref. Si erano divisi i ruoli senza che fosse stato necessario esprimerli ad alta voce, era come se fosse tutto già deciso. Ovviamente Ares, Eris ed Ebe ne facevano parte. Athena sedeva a una scrivania, come al solito circondata da centinaia di libri, era il cervello di ogni operazione. Persefone le stava affianco, preferiva restare alla gilda insieme agli altri piuttosto che scendere in prima linea, ma la sua capacità di comunicare tramite gli spettri permetteva ad Athena di restare sempre in contatto con la squadra d'assalto, ovunque essi fossero. Efesto, per quanto fosse secondo solo ad Ares in quanto a forza fisica, aveva l'animo pacifico ed era troppo paterno con i suoi fratelli per preferire le battaglie. Restava a casa ad occuparsi delle riparazioni, delle invenzioni, era un grande costruttore, mentre Dioniso, con grande meraviglia di tutti, gli faceva volentieri compagnia ma non tanto per aiutarlo nelle riparazioni, ma semplicemente quando aveva scoperto la bellezza del cibo nella pancia aveva sviluppato una vera e propria passione per la cucina. Preferiva restare chiuso a sperimentare qualche ricetta, mentre i gemelli di tanto in tanto gli portavano da cucinare qualche mammifero dalle piccole dimensioni cacciato nei dintorni. Nemesi si occupava della disciplina e assisteva Athena come poteva, facendogli da vice praticamente, Eirene preferiva passare le giornate a poltrire ma nessuno le diceva mai niente. Anche Eunomia, insieme a Dike e Afrodite preferivano la vita casalinga e insieme ai fratelli più grandi si occupavano solo della sicurezza della loro gilda, per evitare che qualcuno avesse potuto trovarli. Hermes, con la sua incredibile velocità, si era rivelato un messaggero perfetto e potendosi sentire libero di uscire dalla gilda con quella scusa e partire all'avventura aveva accettato volentieri l'incarico. Anche perché Persefone, per quanto fosse più rapida nel raggiungere ogni parte del continente, era decisamente troppo timida e non riusciva mai a parlare con nessuno che fosse uno sconosciuto. Entrare in contatto con gli informatori, con i clienti, e soprattutto con Crime Sorcière era sempre un enorme ostacolo. La presenza di Hermes era a dir poco necessaria. A completare la squadra c'erano infine Ilizia, che nonostante la sua pacatezza accompagnava volentieri i suoi fratelli in combattimento, e infine Priscilla, nominata Master con un voto unanime tra tutti i membri della gilda appena un mese dopo la sua entrata. Anche se ancora senza magia, al tempo, sapevano che era da sempre stata l'unica che avrebbe meritato quel titolo, fin da quando si erano incontrati la prima volta. Vederla unirsi a Olympos era stato il sollecito perfetto per completare l'opera, metterla a capo di quella gilda che era nata in qualche modo solo grazie a lei e che sempre solo grazie a lei era ora libera e viva di vivere la propria vita come meglio preferiva. Ed inutili erano stati i suoi lamenti, volente o nolente, ormai tutti la chiamavano Master e lei non poteva che risponderne.
«A sentire dal tuo tono direi che è andato tutto bene, Hermes» disse Priscilla, finendo di scuotersi la testa umida.
«Eccezionale!» quasi gridò il ragazzino. «Sono corso come una saetta lungo la foresta, superavo persino gli uccellini in volo. Poi fuori, nel villaggio, sulla strada a nord verso le colline, e poi ho svoltato ad ovest, entrando in città, e poi...»
«Insomma, hai incontrato Gerard?» tagliò corto Ares.
«Ci stavo arrivando» lamentò lui.
«Sei più veloce a correre che a raccontare. Sbrigati, non farci pentire di averti nominato messaggero» sbuffò Nemesi, facendo un gesto con la mano per invitarlo a parlare.
«Le voci erano fondate!» disse Hermes, raddrizzandosi come un soldatino. «Master, Gerard ha trovato la gilda di cui ci parlò tempo addietro. Si trova a tre giorni di cammino da qui, verso la costa a nord» disse.
«Dobbiamo mandargli rinforzi» mormorò Priscilla, ma era più una riflessione che una domanda. «Assolutamente no!» esclamò Hermes, sorridente nei suoi denti a finestra. «Quei tizi sono dei mostri! Gerard e i suoi, intendo. Li ho visti, sono davvero incredibili».
«È per questo che ci hai messo tanto a tornare?» rimproverò Ebe.
«Ti sei fermato a guardarli combattere?» storse il naso Ares, divertito però dalla sua curiosità.
«Ce la fanno alla grande, non sarà un problema per loro. Piuttosto mi ha detto di occuparci di qualcos'altro» disse Hermes, catturando su di sé tutta la curiosità dei suoi compagni. «Come ho detto, le voci erano fondate. Pare che quella gilda fosse in possesso di uno dei libri di Zeref e sia riuscito anche a trovare il modo di usarlo. Hanno detto di aver spedito il demone verso sud con l'ordine di distruggere tutte le cittadine che avrebbe incontrato».
«Dalla costa nord a sud è un bel disastro» commentò Ebe preoccupata.
«Sulla traiettoria dovrebbe a un certo punto incrociare persino Crocus, la capitale» disse Athena, aprendo una mappa per aria per studiarla.
«Un demone di Zeref a Crocus è un bel guaio» disse Priscilla, poggiandosi al muro e incrociando le braccia al petto.
«Dovremmo vedercela noi, insomma» disse Ebe.
«Loro sono impegnati a scovare e cacciare i membri della gilda oscura, non potranno venirci ad aiutare prima di allora. Prima intercettiamo il mostro e lo fermiamo, meglio è» disse Hermes.
«Non che mi preoccupi» disse Ares. «Ma siamo pur sempre in cinque e parliamo di un demone di Zeref. Non è da sottovalutare».
«Tempesta di Tartaros ti ha fatto venire i capelli bianchi, eh?» sgomitò Eris, trovando divertente che proprio lui, il più duro della gilda, avesse paura di un simile avversario. Ma era comprensibile, tutti loro avevano avuto a che fare con Tartaros e avevano scoperto che essere immortali non significava essere invincibili. Ares stesso aveva vinto per un pelo, aggrappato alla disperazione di voler portare il sangue per il vaccino a Polushka.
«È solo buon senso, Eris» l'ammonì lui, palesemente ferito nell'orgoglio.
«Hanno detto di non preoccuparci!» intervenne Hermes. «Hanno incontrato per la via dei vecchi conoscenti di una gilda che non ha sede molto lontano da lì. Hanno detto che manderanno qualcuno ad aiutarci! Sono persone a posto».
«Una gilda? Di chi si tratta?» chiese Priscilla, curiosa. Era la prima volta che una gilda ufficiale interveniva ad aiutarli contro le gilde oscure, le restrizioni del Concilio erano sempre un problema benché questo fosse nuovamente cambiato.
«Una gilda con un cavallo alato» disse Hermes.
«Una cavallo alato» mormorò Priscilla, pensando su chi potesse essere. Non fu difficile trovare una risposta. «È Blue Pegasus. Probabilmente useranno l'incrociatore magico, è davvero un grosso aiuto».
«Ah! C'è un'altra cosa!» aggiunse poi Hermes. «Hanno saputo che il libro del demone è stato portato via non appena è stato utilizzato. Per metterlo al sicuro, uno dei membri della gilda oscura si è rifugiato in un villaggio lì vicino e si è mescolato ai civili. Non conosciamo la sua identità, ma se riuscissimo a trovarlo Gerard dice che potrebbe essere un'altra possibilità».
«Distruggendo il libro il demone morirebbe con lui, è sicuramente più semplice che scontrarsi col demone stesso» commentò Athena.
«Perciò abbiamo due strade davanti a noi» disse Priscilla.
«Ci dividiamo in due squadre?» chiese Ebe, ma Athena fu risoluta nella sua risposta: «Negativo. Dopo l'ultima volta ho capito che dividere a metà la nostra squadra d'assalto è un grosso errore. Dimezziamo la nostra potenza d'attacco e trattandosi di un demone è bene caricare con il colpo più forte da subito».
«Perciò ci buttiamo all'assalto del demone» annuì Ares, convinto dalla strategia.
«Andrò io a cercare l'uomo» intervenne Priscilla.
«Athena ha appena detto di non dividersi» l'ammonì Nemesi, che per quanto la sua rigidità la portasse a essere risoluta non riusciva a fare la voce grossa contro Priscilla.
«Infatti loro resteranno compatti» disse Priscilla. «Se andrò sola potrò muovermi nell'ombra, userò il Mirage e l'Aerial Perception, non sarà difficile trovarlo. Cercherò di non ingaggiare battaglia, prendo il libro e sparisco».
«È una buona strategia ma continuo a valutarla come troppo pericolosa» disse Athena.
«Sei rimasta scottata dall'ultima volta, è normale che cerchi di essere prudente» cercò di rassicurarla Priscilla.
«La mia cecità ha messo in pericolo Ilizia, è stato un grave errore» insisté Athena.
«Questa volta andrà bene, vedrai» e si voltò verso i suoi compagni, ordinando. «Cercate di restare uniti, d'accordo?»
«Cerca di non metterti nei guai» sospirò Ares, per niente convinto all'idea di lasciarla andare da sola.
«Gli spiriti di Persefone mi accompagneranno, resteremo sempre in contatto così che possiamo chiamarci nel caso ci fosse bisogno» disse Priscilla, prima di staccare le spalle dal muro e chiudere la riunione con un: «Andate a prepararvi. Partiremo immediatamente».
«Vado a dire a Efesto di preparare la carrozza» si alzò Ebe. «Certo non possiamo permetterci di metterci tre giorni, anche se andare a piedi ci aiuta a restare nell'ombra».
«Eris, prepariamo i bagagli» disse Ares, alzandosi e uscendo insieme alla sorella.
«Mi farò dare delle provviste da Dioniso» disse Ilizia, uscendo anche lei.
Hermes guardò i suoi fratelli eccitato e cominciò a correre sul posto, muovendo le gambe tanto velocemente da non essere quasi nemmeno visibili. «E io che faccio?» chiese, sperando in qualche altro compito figo.
«Scarica le batterie» lo rimproverò Ares. Hermes era instancabile, ci sarebbe mai stato qualcosa in grado di farlo fermare?
«Anticipaci» disse invece Athena. «Vai avanti, cerca il demone insieme allo spettro di Persefone e comunica la tua posizione non appena lo trovi».
«Ricevuto! Vado!» urlò e in un attimo sparì dalla circolazione, portandosi dietro una ventata improvvisa. Ridacchiando divertita Priscilla si accostò alla porta, pronta per uscire anche lei, ma Athena la fermò. «Master. Vorrei discutere con te un paio di strategie, se non ti dispiace».
Priscilla annuì e rientrò nella stanza, dove ora c'erano solo loro due. Si richiuse la porta alle spalle e restò lì, a parlare con Athena, fino a quando non furono pronti per partire. Come sempre i gemelli uscirono fuori dalla gilda urlando e sbracciandosi, augurando loro buona fortuna e pregandoli di tornare presto. Non solo i loro occhi furono preoccupati, ma anche quelli degli altri compagni che si lasciavano alle spalle. Un demone di Zeref non era qualcosa su cui scherzare... o forse c'era qualcos'altro?
«Blue Pegasus, eh?» chiese Ebe dopo la prima mezz'ora di viaggio in silenzio. Si era schiarita la voce più volte e aveva lanciato occhiate ai suoi fratelli, ma niente di tutto quello Priscilla aveva notato, impegnata a studiare delle carte che Athena le aveva lasciato. Non vide nemmeno la gomitata che Eris destinò alla sorella che aveva appena azzardato la domanda.
«Ho lavorato con loro molto tempo fa. Sembrano degli idioti, ma alla fine sanno il fatto loro» rispose Priscilla, impegnata a studiare ancora i fogli. «Se manderanno Christina come penso sarà praticamente una vittoria assicurata».
«È passato molto tempo da quando non hai più avuto contatti con le altre gilde» commentò ancora Ebe.
«Sono sette mesi che siamo rintanati quaggiù, dovendo stare nascosti per evitare l'arresto è normale che vengano tagliate tutte le comunicazioni. Spero solo che non venga quel carciofo di Ichiya, quell'uomo mi faceva venire i brividi» sospirò e abbozzò un sorriso, prima di stendere la schiena sul sedile e togliere per la prima volta gli occhi dai fogli che aveva sotto il naso.
«Noi troppi problemi a venire a Fairy Tail non ce ne facevamo al tempo, anche se eravamo ricercati» disse Ilizia, riflettendo su quanto quella suonasse solo come una scusa. Non era una novità, in fondo. Quella di Priscilla era stata una vera e propria fuga da casa.
«Ah, questa burocrazia non la sopporto» sospirò Priscilla, sventolando i fogli che aveva davanti e ignorando la frase di Ilizia... deliberatamente. «Mi hai lasciato il ruolo di Master solo per liberarti da questo tormento, vero Ares? Ammettilo» ridacchiò, ma nessun'altro lo fece. Aveva cambiato discorso, l'aveva fatto palesemente, il solo sentire il nome di Fairy Tail l'aveva portata a staccare completamente la testa da quel discorso e passare ad altro. Priscilla continuò a ignorarli, si allungò e lasciò le carte sulle gambe di Ares prima di accasciarsi sul sedile.
«Perché non mi aiuti un po', eh?» disse e incrociando le braccia al petto si abbandonò completamente. Chiuse gli occhi, appoggiò la testa da un lato e mormorò semplicemente: «Svegliatemi quando arriviamo». Infine si addormentò.

La carrozza smise di oscillare e fu quel piccolo cambiamento, insieme alla mano delicata di Ebe che si appoggiava al suo braccio, a svegliarla.
«Master» la chiamò dolcemente. «Siamo arrivati. Ti facciamo scendere qui e noi proseguiamo verso il demone».
Priscilla sbadigliò e si stirò la schiena, prima di sollevarsi dal sedile.
«Va bene, allora» disse, scendendo dalla carrozza. «Mi raccomando, teniamoci in contatto e restate uniti. Ares, lascio a te il comando».
«Sono in buone mani» annuì lui, accettando l'incarico, cosa a cui era comunque abituato. «Fai attenzione» aggiunse poi, preoccupato. Era raro che si separassero e anche se Priscilla aveva riacquistato la sua magia non si poteva dire la stessa cosa della sua immortalità. Le ferite non si rimarginavano più come una volta, ma usavano classici processi biologici e lasciavano segni sulla pelle. Saperla sola, dato questo suo grosso handicap, lo faceva stare sulle spine. Negli ultimi mesi non aveva fatto che proteggerla, durante qualsiasi missione.
«Starò bene» annuì semplicemente. «Eris, tienilo d'occhio e impediscigli di fare danni» aggiunse poi con un sorriso malizioso. Eris sghignazzò divertita e cominciò a punzecchiare suo fratello maggiore con la punta della scarpa, tirandogli calci agli stinchi fino a vederlo diventare paonazzo dalla rabbia. Ares era sicuramente il più in gamba di tutti, ma quando si trattava di menar pugni non era raro che perdesse il controllo e distruggesse più del dovuto, preso dall'eccitazione. Ma la frase di Priscilla alla fine era stata solo un modo per stemperare un po' la situazione già tesa di per sé ed evitare di aggiungere altre preoccupazioni, strappando una risata liberatoria.
La carrozza ripartì e lei, ora sola, si incamminò lungo il sentiero verso il villaggio di cui riusciva già a distinguere i tetti non troppo lontani. Nel completo silenzio, riuscì a sentire solo il rumore dei sassi sotto le scarpe man mano che avanzava e si inoltrava nella cittadina. Si sistemò gli occhiali da sole sul naso, proteggendosi non solo dal sole ma anche dagli sguardi che avrebbe potuto incrociare. Schermata dal vetro scuro degli occhiali avrebbe potuto soffermarsi di più a osservare il volto delle persone senza essere notata. Ma quell'ultima premura scoprì con preoccupazione essere inutile: la città sembrava essere completamente deserta. Camminò con disinvoltura lungo la strada, fiancheggiando le case palesemente vuote e, molte di queste, parzialmente distrutte. Ancora intorno a lei non c'era che l'odore della polvere e il rumore dei suoi passi.
«Persefone» sussurrò poco dopo, assicuratosi che non fosse solo apparenza ma che quella fosse veramente una città fantasma.
«Non c'è nessuno nemmeno nelle altre vie» una voce anticipò la nascita di uno spirito sopra la sua spalla, allungato come fosse un essere informe, diretto verso il suo orecchio.
«Sei sicura che sia questo il posto?» chiese.
«Le indicazioni di Hermes erano molto precise, non possiamo sbagliarci» assicurò lei e Priscilla si fermò in una piccola piazza, dove anche lì non c'era altro che il silenzio e le ombre allungate dal sole alto del pieno pomeriggio. Sospirò prima di pronunciare: «Dunque Athena aveva ragione».
Restò immobile e passò appena un paio di secondi prima di riuscire a sentirli. Approfittando della sua posizione completamente esposta e della sua solitudine un gruppo di dieci uomini sbucò dall'interno delle case abbandonate e da sopra i tetti. Urlando, ognuno armato con una sua particolare arma, altri già impegnati a disegnare cerchi magici per aria, assalirono Priscilla puntando ad atterrarle praticamente addosso. Un'imboscata, a cui però lei si era già preparata: Athena aveva previsto anche quell'eventualità, non era sorpresa. Il vento soffiò impetuoso e improvviso intorno al proprio corpo, allargandosi con un impatto e investendo tutti i suoi nemici. Li scaraventò lontani, li sbatté contro i muri delle case, ne fece svenire almeno la metà per la potenza del colpo e tutto questo senza nemmeno aver mosso un dito. Due si alzarono immediatamente e tornarono alla carica, seguiti subito dopo da un terzo. Puntò gli occhi a loro e altro vento rispose ai comandi di Priscilla, colpendoli e lanciandoli via di nuovo. Uno riuscì a sfuggire, schivando il colpo e aggrappandosi a una vecchia fontana nel centro per non essere sbalzato via. La raggiunse e dalle sue mani nacquero nubi di fumo e ombra, che l'avvolsero come fiamme. Non aveva idea di cosa fossero ma certo non si sarebbe fatta colpire così facilmente. Arretrò con la testa, si mosse e schivò i primi tre colpi per poi roteare su se stessa e piantare contro il suo nemico un potente calcio al fianco. Lo colpì, con un mugolio dolorante l'uomo venne sbalzato via, ma la gamba di Priscilla non ebbe modo di tornare al suo posto. Colta di sorpresa, una frusta le si era avvolta alla caviglia e l'aveva afferrata non appena esposta. Riuscì a vedere appena in tempo il volto del suo avversario, una donna dai capelli biondi e mossi, che la frusta avvolta alla sua caviglia la sollevò per aria e la lanciò contro il muro di una casa. Una bolla d'aria riuscì a proteggerla, ma la frusta non la lasciò andare e Priscilla venne scaraventata da una parte all'altra senza controllo. Digrignò i denti e cercò, nel caos che stava subendo, di individuare il nemico per poterlo colpire. Allungò una mano verso di lei, pronta a generare un tornado prima che raggiungesse il muro successivo ma con molta più velocità di lei la donna allungò una seconda frusta nata dalla punta delle sue dita e la colpì in pieno petto. L'impatto fu tale da toglierle il fiato e questo le impedì persino di reagire in tempo per generare altro vento e proteggersi dal muro contro cui venne lanciata. Spalancò la bocca, cercando aria, e tremando tentò di rimettersi in piedi. Ma la frusta ancora la tirò via.
Un tornado scese dal cielo e centrò Priscilla in pieno proprio quando si trovava a mezz'aria, travolgendola e inghiottendola. Non colpì il suo avversario ma se stessa e questo lasciò disorientata il nemico per i primi secondi, fino a quando non si rese conto che non riusciva più a tirare Priscilla dove volesse. Il vento che l'aveva colpita la proteggeva e la teneva ben arpionata in quel punto, evitando così di essere sballottata ancora.
«Tch»sputò la donna e lanciò una mano in avanti. Da tutte e cinque le dita nacque una frusta che provarono con violenza a penetrare nel tornado di Priscilla e colpirla, ma rimbalzarono su di esso senza avere possibilità.
«Persefone» chiamò Priscilla, osservando il suo nemico oltre il proprio muro. Lo stesso spettro di prima nacque dalla sua spalla e si avvicinò al suo viso. «Notizie da Ares?»
«Un guaio» commentò Persefone. «Hanno trovato il demone, ma è scappato. Un gruppo di uomini ha teso loro un'imboscata, hanno combattuto ma per non perdere di vista la preda Ares ha mandato le altre avanti ed è rimasto indietro ad occuparsi del nemico».
«Ci stanno dividendo» osservò Priscilla.
«Hanno fatto sì che i più forti fossero fermati per primi, non mi stupirei se facessero in modo di bloccare anche Eris, più avanti» disse Persefone.
«E Blue Pegasus?» si informò, continuando a prendere tempo contro il suo avversario che non riusciva a raggiungerla.
«Sono già sul posto! Stanno combattendo contro il demone» disse Persefone.
«Hanno l'incrociatore magico?» chiese Priscilla.
«No, hanno solo mandato degli uomini» rispose lo spettro.
«Allora avranno bisogno di una mano» commentò lei, guardando la donna che si accaniva contro il proprio muro. Una scintilla vibrò davanti ai suoi occhi, un riflesso sui suoi occhiali, e fu un vero colpo di fortuna. Indietreggio con la testa appena in tempo prima che una delle fruste della donna la centrasse in pieno viso, passando da sotto verso l'alto. Notò solo in quel momento una particolare caratteristica.
«Un'unghia?» commentò, notandola sulla punta della frusta. «Sono le sue dita, non sono fruste» realizzò e si rese conto della provenienza di quella che per poco non l'aveva colpita: la stessa che ancora aveva attorcigliata alla caviglia aveva allungato la sua estremità e poteva muoverla a proprio piacimento, come un serpente. L'unghia, affilata come un rasoio, mirò nuovamente al suo viso e lei riuscì a schivarlo per tempo. Muovendosi convulsamente all'interno del tornado quello stesso dito tentò più colpi che misero Priscilla in difficoltà, avendo un piede bloccato e non potendosi muovere troppo.
«Master!» la voce di Ebe risuonò dallo stesso spettro che Priscilla aveva sulla spalla.
«Ebe!» chiamò lei sorpresa, schivando e cercando di combattere contro quel semplice dito che si allungava e si muoveva in maniera del tutto innaturale. Riuscì a intravedere il proprio nemico, ancora in piedi pochi metri a terra, e puntò a lei ma il dito le si attorcigliò contro i polsi e la legarono. Si avvinghiò, ancora, fino a bloccarla completamente.
«Che succede laggiù?» chiese, nonostante la difficoltà della situazione. Il dito cominciò a stringere e lei strinse i denti, sentendosi lentamente soffocare.
«Hermes aveva addosso una cimice! Sapevano del piano, ci hanno aspettati!» spiegò prima di lanciare un urlo, dovuto alla battaglia che anche lei stava sostenendo dall'altro lato.
«Lo so, Athena l'aveva sospettato» disse con quel poco di voce che aveva.
«Abbiamo lasciato Ares indietro, ci hanno colto di sorpresa» intervenne Eris. «Ma questo è un gran figlio di puttana, ci sta mettendo in difficoltà».
"Uno solo contro tre dei miei e qualche uomo di Blue Pegasus, che razza di bestia" rifletté Priscilla prima di cominciare a sforzare i propri muscoli per contrastare la forza stritolatrice del dito della sua avversaria. "A questo punto penso proprio che il libro non si trovi qui, come pensavamo" e con quella conclusione decise di dare fine allo scontro. I suoi compagni avevano bisogno di lei, non sarebbe rimasta lì a giocare un solo istante di più. Con un urlo il suo intero corpo si avvolse improvvisamente dal vento, infilandosi al di sotto del dito che la stritolava, e con colpo secco si spalancò costringendo così la frusta ad allentarsi. Scivolò via dalla sua presa e volò rapida verso il suo nemico, pronta a colpirla. Le dita fruste della donna le si attorcigliarono addosso e crearono una sorta di scudo che riuscì a contrastare il pugno avvolto dal vento di Priscilla. Si aprirono di colpo e la colpirono, lanciandola via, ma Priscilla roteò a mezz'aria e lanciò contro il suo avversario altri tornadi. Le dita della donna si allungarono verso il suolo e si diede lo slanciò per schivare il colpo e anche tutti i successivi. Al primo spiraglio libero allungò di nuovo la mano contro Priscilla e due delle sue dita si prepararono ad afferrarla nuovamente. Le presero il polso, incastrandolo e attorcigliandosi ad esso. La tirarono, pronta a farla nuovamente volare contro le mura delle case e il terreno, ma Priscilla roteò con forza il polso e afferrò lei stessa le dita tese come corde che aveva al fianco. Nonostante queste fossero attorcigliate al suo polso, ora era lei a tenere ferma l'avversaria. Sogghignò e nonostante fosse distante parecchi metri tirò indietro l'altro braccio, caricò il pugno di vento e lo lanciò in avanti colpendo il vuoto. Il vento si allungò rapidamente partendo dal suo pungo, come fosse un'estensione del proprio braccio, e arrivò dritto contro la propria avversaria colta di sorpresa. Fu talmente potente che non ci fu bisogno di ripetere l'operazione e prolungare il combattimento. Priva di sensi, semplicemente il nemico cadde a terra e le dita allungate si afflosciarono lasciando libera Priscilla.
«Persefone» chiamò lei, cominciando a correre verso l'uscita del villaggio.
«Eccomi» rispose lo spirito, uscendo nuovamente dalla sua spalla.
«Portami da loro» ordinò e lo spirito si allungò nel vuoto, anticipando Priscilla almeno di un metro e da lì aprì lei la strada.
«Master!» la voce di Athena la raggiunse da quello stesso spettro che ora le volava davanti. «Ho le informazioni sul nemico».
«Sia Eris che Ebe sono lì, dopo Ares sono le più forti. Se anche loro sono in difficoltà non ho molte buone aspettative» commentò Priscilla.
«È un demone di fumo» disse Athena. «Non è tra i più potenti, in realtà è perfettamente affrontabile, ma è intangibile, si dissolve e non riescono a colpirlo mentre lui è in grado di penetrare attraverso i tessuti. Si ciba di potere magico» spiegò.
«Ora capisco le loro difficoltà» commentò Priscilla.
«Ares ha messo fuori gioco i suoi avversari e le sta raggiungendo, ma senza una strategia dubito che anche lui riesca a far qualcosa» disse Athena.
«Hai in mente un piano?» chiese Priscilla, affidandosi completamente alle sue idee.
«Il tuo vento potrebbe essere una soluzione, contro il fumo è più efficace che semplici pugni» mormorò Athena, riflettendo. «Ma non sono sicura che gli altri riusciranno a resistere fino al tuo arrivo».
«Allora prenderemo una scorciatoia!» disse saltando e spiccando così il volo, decisa a raggiungerli per via aerea. Ci avrebbe messo decisamente meno.
«Aspetta, Master! Non servirai a molto se arriverai lì senza magia! Ne hai già usata troppa per sconfiggere quella donna» disse Athena, ma Priscilla rispose semplicemente: «Posso farcela, non ho fatto che allenarmi in questi mesi, so quali sono i miei limiti».
«Ma...» mormorò Athena preoccupata, ma Priscilla semplicemente gridò: «Persefone, dimmi dove sono».
«Da quella parte!» indicò, allungando una protuberanza evanescente ad indicare una direzione. Uno scoppiò, come di un jet, e Priscilla aumentò almeno del triplo la sua velocità. Pochi minuti di volo e riuscì a vedere, infine, la zona del bosco completamente avvolta da un fumo nero e scintillante. Era come un'enorme nube vaporosa, in cui scoppiava elettricità, forse un ulteriore effetto della magia del demone. Si abbassò, sorvolò gli alberi e infine riuscì a vederli.
Ebe era completamente avvolta da una nube di fumo che la teneva sollevata da terra e penetrava all'interno del suo corpo da ogni cavità. Era rigida, urlava dal dolore, mentre quel fumo probabilmente le stava risucchiando l'anima e si stava cibando di esso. Riuscì a vedere anche Eris, stesa a terra, apparentemente immobile. Ares stava correndo incontro alla sorella, sperando di poter fare qualcosa anche se gli occhi disperati gli dicevano che non sapeva bene che cosa.
Una bomba d'aria calò dal cielo e colpì Ebe in pieno, esplodendo sul terreno con una tale foga che persino gli alberi intorno a lei si piegarono per il colpo. Il fumo venne momentaneamente disperso ed Ebe poté cadere libera a terra, priva di forze ma almeno libera. Non toccò però il suolo.
Priscilla atterrò dietro di lei e l'accolse tra le braccia, sorreggendola ed evitando che cadesse a terra. Tenne gli occhi puntati davanti a sé, al cumulo di fumo che aveva già ricominciato a condensarsi e raccogliere le particelle perdute dal suo colpo d'aria. Eris, benché stesa a terra poco lontano, le puntò l'unico occhio aperto che aveva e illuminandosi mormorò felice: «Master!»
«Master!» esclamò con la stessa gioia nello stesso momento anche Ilizia, inginocchiata a terra.
«Sei arrivata...» sospirò Ares, sollevato di vederla e persino Ebe, abbandonata tra le sue braccia, mugolò un felice: «Meno male».
«Master?!?!» l'urlo di tre voci insieme, potenti e sconvolte nel sentirla chiamare con quell'appellativo. Ma non fu la sorpresa nel sentire delle voci in più intorno a loro a farle venire la pelle d'oca, in fondo sapeva bene che Blue Pegasus era lì ad aiutarli. Ma a paralizzarla, facendole smettere persino di battere il cuore almeno per un paio di secondi, fu il sentire quelle voci.
Si voltò a occhi spalancati verso la loro fonte e ancora ebbe un principio di infarto quando si rese conto che i suoi dubbi erano fondati: Evergreen, Bickslow e Fried la guardavano a bocca e occhi spalancati. A terra come i loro compagni, ridotti a degli stracci, la fissavano sconvolti e paralizzati. E Priscilla ricambiò appieno i sentimenti di sorpresa, aggiungendo tutta una serie di emozioni che parvero esplodere in lei come una vera e propria bomba. Panico, paura, vergogna, imbarazzo... emozioni che si resero ancora più forti e insopportabili quando spostando lo sguardo vide non troppo lontano da loro anche Laxus. Con un ginocchio a terra, altrettanto mal ridotto e ferito ma almeno capace di reggersi in piedi, la fissava con la stessa paralisi che aveva colto i suoi compagni, anche se certamente meno plateale dei Raijinshuu.
Avrebbe sicuramente provato molte altre cose, pensato molti altri pensieri, ma in verità Priscilla ebbe appena il tempo di rendersi solo conto della loro presenza.
«Pricchan!» urlò Ares, attirando nuovamente la sua attenzione. Il fumo si era condensato e aveva approfittato della sua distrazione per avvolgerla e prepararsi ad attaccarla. Si irrigidì, maledicendosi per la sua debolezza che l'aveva messa in piena difficoltà, ma non fu colpita. Il fango di Ilizia nacque dal terreno e l'avvolse un istante prima che potesse farlo il fumo, proteggendola come un vero e proprio carapace. Ilizia lasciò sfuggire un urlo e la sua magia si dissolse, mentre quel fumo si rivelò essere in grado di penetrare anche nelle molecole del fango e andarla a prendere. Il fango sparì e al suo posto comparve lei, che si prese tutto il colpo. Il fumo penetrò all'interno del suo corpo, la prosciugò per quel poco che le era rimasto e infine la lasciò cadere al suolo, intenzionato a puntare gli occhi su una preda ben più succulenta. Il viso di Priscilla tornò ad essere marmoreo, guardando la propria compagna stesa a terra senza sensi.
Poggiò delicatamente Ebe al suo fianco e cominciò a rialzarsi in piedi, mentre il vento tornava a farsi potente intorno al suo corpo. Il fumo condensato, davanti ai suoi occhi, aveva la forma di un essere anche se per metà. Non somigliava nemmeno ad un umano, aveva forme mostruose, ma aveva due braccia, una testa, occhi e bocca.
«La magia per noi corrisponde alla nostra stessa anima» ringhiò lasciando che trapelasse tutta la sua furia. «Chi ti ha dato il permesso di cibarti dell'anima dei miei amici?» Afferrò entrambi i lembi della sua giacca di pelle e se la sfilò, restando con una semplice canottiera addosso. Lanciò la giacca ad Eris, che la prese al volo e la tenne per sé.
«Non voglio che si rovini» le disse e sapeva che era vero. Quella giacca gliel'avevano regalata loro, aveva più volte ammesso di esserci molto affezionata. Priscilla già si era dimenticata della presenza di Laxus e dei Raijinshuu, che da quella posizione e ora scoperta notarono subito la cicatrice sul suo avambraccio. La famosa cicatrice di quei sette mesi prima, che loro già avevano notato, tranne Laxus. Gliene avevano parlato, gli avevano detto che sulla pelle di Priscilla era rimasto per la prima volta un segno, un evento unico che poteva significare molte cose ma che aveva sicuramente la sua importanza. La sua immortalità, la sua natura, vacillava di fronte a quel segno indelebile che le increspava la pelle. Gliene avevano parlato, ma era la prima volta che Laxus lo vedeva e certamente l'effetto fu devastante. Il demone di fumo si dissolse di nuovo portandosi con sé una risata squillante e macabra e l'intera zona venne nuovamente avvolta dal fumo. Lo sentì e lo vide che puntava ai propri orifizi, pronto a insinuarsi dentro di lei e prosciugarla di ciò che aveva. Incrociò le braccia davanti al volto e riaprendole improvvisamente ondate di vento nacquero e seguirono i suoi movimenti, spingendolo via. Il fumo era intangibile, spade, pugni persino fulmini o attacchi magici non potevano colpirlo perché gli passavano attraverso. Ma anche se dissolto in micro molecole era pur sempre parte di quel mondo, galleggiava nell'aria e l'aria era la sua compagna da una vita. Poggiandosi sottile sul terreno, quasi invisibile, il demone strisciò fino ai suoi piedi dove si condensò improvvisamente tornando della sua forma originale. Saltò e la puntò con un pugno che l'avrebbe presa in pieno sul mento se non avesse avuto abbastanza riflessi per vederlo. Indietreggiò con la testa e si fece solo sfiorare. Saltò indietro, evitando così che potesse colpirla approfittando del suo sbilanciamento e tornò a cercarlo ma lui era di nuovo sparito. Si corrucciò e tese i muscoli.
«Aerial Perception!» evocò e l'intera zona fu sotto il suo più completo controllo. Riusciva a sentirlo, riusciva a sentire ogni sua singola particella aleggiare intorno a lei, condensarsi o dissolversi. Poteva vedere i suoi movimenti senza che avesse bisogno degli occhi. Si voltò a gamba tesa, colpendo l'aria con un calcio prima che il demone riuscisse a condensarsi alle sue spalle, anticipando così il suo attacco alle spalle. Ma fu ancora troppo veloce e si dissolse nuovamente, costringendo Priscilla a colpire il vuoto. Tornò a condensarsi subito dopo, riapparve al suo fianco pronto ad attaccarla, ma ancora lei riuscì ad anticiparlo e schivarlo prima che provasse a colpirlo. E proseguì, per interi minuti, usando costantemente la sua magia per riuscire a percepirlo e anticiparlo. Saltò, indietreggiò e tornò nuovamente in posizione di difesa ma nonostante avesse lottato relativamente poco il sudore le colava giù per la schiena inumidendo la sua canottiera. Ansimava, distrutta, non fisicamente ma magicamente. Lo sentiva il limite di cui aveva appena parlato a Athena. La sua malattia contro cui si stava ancora curando e che la costringeva a passare le ore immersa nell'ethernano.
Ma non poteva mostrarsi debole, non poteva cedere, non in un momento come quello. Sentì ancora la risata macabra del demone, alzò la testa sentendolo provenire dall'alto e sbarrò gli occhi, sorpresa. L'aveva tenuta impegnata a combattere a terra per tutto quel tempo per darsi il tempo di raccogliersi del tutto sopra le loro teste. Probabilmente il primo colpo di Priscilla l'aveva dissolto con troppa forza, molte particelle erano finite troppo lontano e aveva avuto bisogno di tempo per riprendersi del tutto.
«Tch» digrignò i denti lei.
«Leprechaun!» L'urlo di Evergreen anticipò il suo colpo, infiniti aghi di polvere magica andarono a colpire la nebbia sopra le loro teste. Fried la seguì immediatamente, scrivendo delle rune che provarono a sua volta a infliggere danni e anche Bickslow inviò i suoi totem per cercare di colpirla. Laxus alzò un braccio, generò elettricità e un fulmine penetrò il nemico aprendosi un varco che subito però si ricondensò. Il demone rise ancora prima che numerose braccia di fumo scesero verso di loro, pronte a prendere possesso dell'anima delle sue vittime. Talmente numerose che avrebbero colpito tutti contemporaneamente.
Priscilla ancora richiuse le braccia di fronte a sé incrociandole e le aprì con un colpo secco, pronta a rigenerare lo stessa bomba di vento precedente per dissolvere tutto quel fumo in un solo colpo e proteggere così le persone che aveva intorno. Riuscì nel suo intento ma la forza esplosiva fu decisamente minore della volta precedente e non poté far altro che rimandare indietro le braccia, ritardando l'attacco solo di qualche istante. Una fitta la trafisse da capo a piedi non appena concluse l'attacco e con un urlo di dolore cadde in ginocchio. Poggiò le mani a terra e alzò di nuovo lo sguardo al fumo sopra di loro. Il sudore le cadeva persino dalla punta dei capelli ed era talmente affaticata che tremava come una foglia.
«Ha finito la magia!» esclamò allarmata Eris, riconoscendo i suoi sintomi. Priscilla ne aveva usata troppa e aveva finito col consumarsi. La terapia che seguiva, le immersioni e il fiume di ethernano l'avevano aiutata a ricaricarsi ma non l'aveva guarita del tutto. Semplicemente riusciva a immagazzinarne sempre più e usarla all'evenienza, ma l'autorigenerazione era ancora un risultato lontano.
«Pricchan» gridò Ares, attirando improvvisamente la sua attenzione. In ginocchio vicino ad Eris, aveva appena tirato fuori dalla giacca che lei le aveva affidato una boccetta contenente dell'acqua particolarmente cristallina. Gliela lanciò e Priscilla alzò una mano e la prese al volo. Se la portò rapidamente alle labbra, tolse il tappo e ne bevve il contenuto. Tirò un lungo sospiro, mentre tornava dritta con la schiena e allungava la testa verso il cielo. Poteva sentire la vita che tornava a scorrerle in corpo e le dava una nuova forza. Sogghignò e puntò gli occhi al demone di fumo che aveva sopra la testa.
«Ora sono tutta infiammata» disse euforica, ricordando bene quale fosse l'inno di battaglia dei suoi vecchi amici. Un sorriso pericoloso che il demone riconobbe come tale. Questo si lanciò nuovamente contro i suoi avversari, senza attendere oltre, cercando di giocare d'anticipo.
«Anima del vento» gridò Priscilla, puntando la mano aperta davanti a sé. «Controllo molecolare! Compressione!» La lingua di fumo che aveva quasi raggiunto Evergreen si fermò, bloccata, e il vento intorno a loro tornò a farsi potente e rumoroso. Indietreggiò, lui come molte altre delle sue estensioni, e nonostante la forza nel riuscire a contrastarla venne come risucchiato in un unico punto che Priscilla stava controllando. Una forma più estesa del Fairy Shot, raccoglieva l'aria, la comprimeva e la rinchiudeva in una specie di bolla, anche se non delle dimensioni di una nocciolina ma più grande aveva lo stesso effetto. Tutto il fumo venne pian piano risucchiato al suo interno, imprigionato, ignorando le urla rabbiose del demone che non riusciva a liberarsi dalla sua forza. Provò a dissiparsi, nelle zone più distanti, quelle dove poteva ancora muoversi ma Priscilla lo notò e intensificò improvvisamente la potenza del suo attacco.
«Non ti lascerò scappare» ruggì, piantando bene i piedi a terra, cosa che fecero anche le persone intorno a lei per non venire coinvolti dalla furia del suo risucchio.
«Raccoglierò ogni tua singola particella, non ne resterà nemmeno una» si corrucciò e infine riuscì a vederlo, davanti a sé, l'effetto di quell'incredibile sforzo. Raccolto e compresso, schiacciato sempre più su se stesso, il demone non poté che riprendere le sue sembianze materiali e abbandonare la sua forma fumogena. Eppure, anche in quell'aspetto, la bolla d'aria di Priscilla lo comprimeva sempre più e lo schiacciava, gli toglieva il fiato. Si dimenò, urlò, la guardò con tutta la rabbia che aveva in corpo, sbavò come un animale, ma non c'era forza che potesse permettergli di sfuggire. Fino a quando pure l'ultima particella non venne raccolta e riunita in quell'unico punto.
«Eris, ora!» ordinò Priscilla e la ragazza non se lo fece ripetere due volte. Nonostante fosse stata a terra priva di energie fino a poco prima, sentire il suo ordine le diede la forza di alzarsi e impugnare nuovamente la sua spada. Corse incontro al demone, urlando per darsi la carica e la forza a eseguire quell'ultimo estenuante attacco. Saltò, la spada vibrò e scintillò nell'arco che disegnò. Eris atterrò nuovamente, poggiandosi su un ginocchio e una mano mentre dietro di lei il demone, compattato e reso forzatamente fisico dal colpo di Priscilla, venne letteralmente aperto a metà dal suo colpo. Urlò dal dolore e dalla rabbia, ma infine cadde a terra, morto.

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