Laxus rientrò nella sua camera d'albergo che era già molto tardi. Era stato in giro tutto il giorno per delle faccende, a partire dal trovare un nuovo lavoro al trovarsi una nuova casa, un posto dove stare. Ricostruire la propria vita dopo un gap di sette lunghi anni non era qualcosa che aveva impegnato solo i membri di Fairy Tail, anzi forse per lui era stato anche più complicato visto che non c'era stato nessuno ad aspettarlo e accudire per lui la sua casa. Aveva perso tutto, dall'affitto, al lavoro momentaneo che si era trovato per riuscire a sopravvivere. Ripartire da zero era veramente una gran scocciatura, anche se con ancora qualche vecchio risparmio che almeno gli aveva permesso di trovarsi una stanza d'albergo momentanea e fare qualche pasto. Si era fermato per strada a comprare delle cose in un negozio, qualche stuzzichino per la sera, per la noia, e dei vestiti nuovi visto che i suoi vecchi erano tutti da buttare. Persino il suo vecchio cappotto era rovinato dal tempo, ma quello aveva preferito portarlo in sartoria nella speranza di ripristinarlo.
Aprì la porta della sua camera, accese la luce, ma si bloccò all'ingresso sorpreso quando vide il suo letto occupato. Priscilla dormiva beatamente, rannicchiata su se stessa e il cuscino ancora parzialmente abbracciato. Il respiro pesante le usciva delicato dalle labbra schiuse, muovendole appena le spalle. Si chiese cosa ci facesse lì, come fosse entrata e soprattutto da quanto era lì visto che aveva avuto persino il tempo di addormentarsi. Ma dormiva così beatamente che svegliarla sarebbe stato alquanto crudele. Richiuse la porta alle sue spalle, poggiò il sacchetto con le sue compere vicino al comò e rispense la luce per evitare di disturbarla troppo. Prese una coperta dall'armadio e gliela stese addosso, infine si tolse la giacca dalle spalle e cominciò ad allentare i bottoni della camicia, dirigendosi verso il bagno.
Era nella doccia già da qualche minuto, impegnato a sciacquarsi i capelli dal sapone, quando sentì la porta del bagno aprirsi.
«Laxus, quando sei tornato?» biascicò Priscilla, affacciandosi, con la voce e la faccia ancora addormentati.
«Pricchan!» urlò Laxus, sentendosi paralizzare. I muscoli rigidi dallo spavento, il volto ora rosso dall'imbarazzo. La fulminò, oltre la parete di vetro della doccia e, sorprendentemente, invece di vederla uscire e chiedere scusa Priscilla entrò del tutto e riaccostò la porta alle spalle. «Davvero entri nel bagno altrui senza nemmeno bussare o preoccuparti?» la rimproverò, cercando di afferrare con rapidità l'asciugamano appeso al bordo superiore della porta della doccia. Chiuse l'acqua e si coprì più in fretta che poté, per quanto sapesse ormai essere già abbastanza tardi. Sperava solo che gli occhi addormentati di Priscilla non le avessero permesso di avere una vista abbastanza attenta.
«Bagno altrui? Che dici? Questo è il tuo bagno, mica quello di qualcun altro» mormorò lei, avvicinandosi al gabinetto e sedendosi sopra il coperchio.
«Che stai facendo?» chiese lui, ancora sconvolto.
«Ho bisogno di parlarti» disse lei, sbadigliando.
«Ti sembra il momento?!» ruggì Laxus, sempre più sconvolto e imbarazzato.
«Ti ho aspettato tutto il giorno! Non stai facendo niente, adesso, perché ti devi ancora far desiderare?!» piagnucolò lei.
«Sto facendo la doccia!!!» urlò al limite dell'esasperazione.
«Lo vedo» disse leggermente irritata per l'essere presa così scema da non accorgersi cosa stesse facendo. «E stai usando l'acqua troppo calda, sei tutto rosso. Non ti fa bene» aggiunse poi.
«Dici sul serio?!» strillò ancora.
«Perché ti arrabbi? Mi stavo solo preoccupando per la tua salute» sospirò poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Cortesemente, potresti uscire solo per qualche minuto?» tentò la via esplicita del favore, visto che non sembrava capire da sola quale fosse il problema. «Mi rivesto e poi parliamo, ok?»
Priscilla spalancò gli occhi e la sua espressione diede sollievo a Laxus perché era esattamente quella di una che aveva capito... o almeno così sperava.
«Ti vergogni di me?» chiese lei, sconvolta.
«Quando è successo che hai perso così il senso del pudore?» sospirò Laxus, stupito della sua innocenza.
«Com'è possibile, Laxus?» piagnucolò lei, ferita. «Un tempo facevamo addirittura il bagno insieme».
«Eravamo bambini, abbiamo smesso non appena è arrivata la pubertà!» ruggì ancora lui.
«È vero, ora ricordo, ti chiudevi sempre a chiave quando entravi in bagno» rifletté lei, presa da un attacco nostalgico che comunque non la convinse a uscire.
«Mi ero dimenticato dell'importanza fondamentale della chiave quando ci sei tu in giro» sospirò lui.
«Te lo ricordi? Anche allora mi sgridavi sempre» ridacchiò lei e solo il fatto che invece che uscire e capire si fosse messa a ricordare i vecchi tempi lo irritò ancora di più.
«Esci, per favore?» chiese minaccioso.
«Perché?! Voglio solo parlare!» sgambettò lei, infastidita. «Mi giro dall'altro lato e non ti guardo se la cosa ti disturba tanto».
«Qual è il problema di aspettare pochi minuti?!» la sgridò di nuovo.
«Ma è urgente!» continuò a frignare.
«Tanto da non poter aspettare un paio di minuti?» le chiese, per niente smosso dalla sua posizione.
«Ho aspettato per quasi sei anni, Laxus!» si fece improvvisamente minacciosa, pronta a giocare la carta del senso di colpa. Si voltò, pronta a puntargli un dito contro, ma strillò spaventata quando se lo trovò a fianco, non aspettandosi di vederlo uscire dalla doccia con tale rapidità. Laxus si chinò e la sollevò di peso, caricandosela su una spalla. Uscì dal bagno ignorando i suoi continui capricci e i colpi che gli dava alla schiena per cercare di liberarsi, si avvicinò al letto e ce la fece cadere sopra con tale foga da strapparle un altro urlo. Priscilla riaprì gli occhi, chiusi per lo spavento, e si preparò a parlare ancora, insistendo sulla faccenda, ma qualcosa gli chiuse improvvisamente la gola. I capelli di Laxus erano ancora bagnati, tanto che le gocciolarono addosso nel momento in cui si sollevò sopra di lei per allontanarsi e rimettersi in piedi. La pelle ancora calda per l'acqua della doccia, a contatto con l'aria più fredda della stanza da letto faceva evaporare alcune delle gocce che gli scivolavano lungo le spalle, le braccia e il petto nudi. Lo sguardo intransigente, a breve distanza dal suo viso, e le braccia tese, poggiate al letto ai due estremi delle proprie spalle. Era nudo, bagnato, chino su di lei stesa su un letto. Nessun pensiero, non ebbe nessun pensiero particolare e questo la confuse ancora di più perché non riuscì a capire il motivo di quell'improvviso batticuore e agitazione. Laxus ebbe tempo di rialzarsi e allontanarsi, sorpreso che finalmente lei avesse capito, non sapendo in realtà che a convincerla a non muoversi non era stata la comprensione del suo gesto tanto quanto una sottospecie di paralisi che le aveva mandato in tilt completamente ogni facoltà mentale. Priscilla parve risvegliarsi solo quando sentì la chiave nella serratura del bagno scattare e mettere perciò un confine netto tra loro due.
«M-ma...» balbettò lei, mettendosi a sedere sul letto e sentendo l'improvviso bisogno di nascondersi da qualche parte. «Che diamine era quella sensazione?» balbettò ancora e afferrò il cuscino alle sue spalle. Si rannicchiò nelle sue stesse ginocchia, strinse il cuscino tanto forte che avrebbe potuto farlo esplodere delle piume che conteneva e ci immerse il viso all'interno. Chissà perché ancora una volta le tornò in mente Cana che sbatteva la bottiglia sul tavolo.
Laxus uscì dal bagno, finalmente vestito, dopo pochi minuti ma ancora Priscilla trovò il modo di sorprenderlo. Era infilata nel suo letto, la coperta tirata fin sopra il petto, seduta con la schiena poggiata allo schienale. La mano sinistra sorreggeva una patatina presa da un pacchetto appoggiato al suo fianco, mentre la destra portava una lattina di birra alle labbra di tanto in tanto. Usando la sua magia del vento teneva un libro sollevato davanti agli occhi, per poterlo leggere, e ogni tanto girava la pagina sempre usando la magia.
«Tranquilla, fa' pure come se fossi a casa tua» disse sarcastico, ma Priscilla non colse il tono di voce e sorrise allegra, esclamando: «Meno male! Ammetto non mi sentivo molto a mio agio, temevo di essere invadente».
«Mi stai prendendo in giro?»
Lei non rispose, diede giù un lungo sorso di birra e tornò a fissare la pagine di fronte a sé.
«Questo libro è interessante» biascico con una manciata di patatine in bocca. «Non pensavo ti piacesse leggere storie simili. Levy ne ha decine di questo genere, ogni tanto me ne presta qualcuno».
«Alla fine sei riuscita a legare anche con loro, eh?» sospirò lui, sollevato. Prese una sedia e si mise al suo fianco, vicino al letto.
«La sera che Gajeel ci mandò all'ospedale, Levy mi aveva invitato nella sua stanza per fare un pigiama party. Penso che sia da lì che abbiamo iniziato a parlare un po' di più. Sa davvero un sacco di cose, è sempre bello stare a sentirla parlare. Ah! Lo sai Lucy scrive romanzi? Non vuole farli leggere a nessuno, ma qualche volta io e Natsu ci siamo intrufolati in casa sua e l'abbiamo letto di nascosto» spiegò innocentemente.
«Ecco da chi hai preso il vizio di violare gli spazi altrui» commentò lui.
«Ah! Ti racconto questa! Una volta per sbaglio Natsu ha distrutto uno dei libri di Lucy, gli ha proprio dato fuoco, per poi scoprire che era uno dei più importanti che aveva nella biblioteca. Gliel'ha tenuto nascosto per un po' e ha girato mezzo mondo nella speranza di trovarne una copia per sostituirlo e far finta di niente. Alla fine non ci è riuscito e si è arreso nel rivelarle la verità. Beh, è saltato fuori che quello in realtà era uno dei libri scritti dalla stessa Lucy che per l'imbarazzo di dover ammettere che era opera sua si era inventata la storia che apparteneva a sua madre, morta. Poverina, scrive ancora lettere alla madre defunta, deve mancarle proprio tanto. Mentre suo padre era una canaglia, è stato lui a mandare Phantom Lord e fare tutto quel caos! Lo sapevi che Lucy è scappata di casa? In realtà è stra-ricca! O meglio, lo era visto che suo padre ha poi perso tutto. Sua madre era una maga degli spiriti stellari, come lei! È stata lei a regalarle Acquarius quando era bambina... l'hai mai vista Acquarius? È fantastica! Anche se decisamente scorbutica, se la prende sempre con tutti. Forse un po' ti somiglia» disse infine, mandando giù un'altra manciata di patatine. Laxus si lasciò scappare un sorriso, divertito dal flusso di pensieri in cui era caduta di nuovo come se avesse voluto recuperare quei cinque anni in pochi minuti.
«Comincia a piacerti davvero molto Fairy Tail, vero? Non penso sia mai stato così, in passato» commentò, divertito.
«Sai, penso che dopo quello che è successo... potrebbe piacere anche a te, se decidessi di tornare» e il viso le si fece improvvisamente serio e cupo. Era arrivato il momento di affrontare quella questione apertamente.
«Sono stato bandito, non posso tornare, lo sai» rispose lui, semplicemente.
«Ci hai salvati contro Hades, se solo provassi a chiederlo al nonno scommetto che...» ma venne interrotta da un severo: «Pricchan!», come un rimprovero.
«Perché non vuoi tornare, Laxus? Ti stiamo aspettando tutti» disse lei, avvilita.
«Non posso tornare. La questione è chiusa».
«Se tu lo volessi veramente faresti qualcosa!» strillò Priscilla, colta da un improvviso moto di rabbia e frustrazione.
«Credi che costringere il vecchio a riammettermi tirando in ballo la questione del "mi devi un favore" sia un gesto degno di un mago di Fairy Tail?» tentò di provocarla.
«Non devi costringere nessuno! Hai salvato la gilda, questo dimostra la tua redenzione, cosa c'è che non va in questo discorso?» insisté, sempre più furiosa.
«Non è questione di redenzione. Non si può fare e basta».
«Non essere così categorico, dammi una motivazione!»
«Non insistere, Pricchan!» il tono di Laxus si fece improvvisamente più duro e più forte, tanto che Priscilla ebbe un tentennamento. Non era questione di volere o meno, Laxus non avrebbe mai accettato la sua proposta né le sue motivazioni. Aveva sperato di riuscire a vedere la luce, finalmente, dopo tutto quel tempo e ora invece le veniva nuovamente strappato di nuovo. Quella pallida speranza, quel sentimento di felicità e sollievo, solo illusioni.
"Cana... Credi dovrei aspettarlo ancora?"
Strinse le coperte tra le dita e gli occhi le si fecero più umidi. Il petto non aveva mai fatto male fino a quel punto, nemmeno quando nei cinque anni precedenti lui diceva di odiarla. Allora c'era una motivazione, c'era sempre stata una motivazione, delle cause maggiori, non era colpa sua. Non era mai stata colpa sua, continuava a ripeterselo, continuava a crederlo. Ma in quel momento... qual era la motivazione?
«Non posso essere sempre lasciata indietro, Laxus» lamentò, sentendo la voce morirle nel dolore di un pianto. «Avevo promesso di aspettarti, è quello che ho fatto. Ma se tu non hai intenzione di tornare, io cosa ti aspetto a fare? Non ti importa... neanche un po'?» sulle mani strette nella coperta caddero le prime lacrime, incontrollabili. Aveva da sempre basato la sua vita sagomandola secondo l'ombra di Laxus, tutto ciò che desiderava era potergli stare a fianco e vederlo felice, non importava cosa facesse o cosa le facesse. Era la prima volta in tutta la sua vita che cominciava a pensare a ciò che voleva lei, a se stessa, a quanto fosse il suo valore. Perché valore non ne aveva mai avuto prima, era sempre stata solo un corpo magico che si muoveva con un unico scopo, era questo che era sempre stata. Una macchina, uno strumento... un'arma.
"Un'arma in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone".
Poteva davvero una creatura come lei poter avere dei desideri, dei sogni, dei sentimenti verso se stessa.
"Quanto mi piacerebbe essere come voi".
"Avevo promesso... di aspettarlo".
"Voglio ricomprare questa casa".
«Io...» singhiozzò.
"Priscilla, non credi sia il caso di cominciare a pensare un po' anche a te stessa?" la voce di Erza.
«Io...».
"Sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!" La voce di Casa.
«Io voglio...».
"Laxus... posso restare per sempre con te?" una domanda che puntualmente gli rivolgeva tutte le volte che lui non poteva sentirla, solo quando era addormentato. Un desiderio, il primo e unico che avesse mai avuto e che mai si era sentita in diritto di esprimere ad alta voce, anche se non desiderava farlo sentire al resto del mondo, come se se ne vergognasse.
Si irrigidì e schiuse le labbra, pronta a pronunciarlo ad alta voce quel sogno, quel desiderio, che aveva sempre e solo sussurrato quando lui non poteva sentirla. Ma una scossa elettrica le pizzicò il braccio e lei sussultò più per lo spavento che per il dolore. Fulminò Laxus con lo sguardo, chiedendosi che diamine gli fosse preso e irritata più che mai visto che aveva interrotto il suo unico moto di coraggio per aprirgli finalmente il suo cuore. Lui la guardava pigramente, chino sul letto, appoggiato al materasso col gomito e guancia piantata sul pugno.
«Spostati» le ordinò.
«P-perché?» chiese lei confusa, con ancora le guance umide nonostante la sorpresa le avesse interrotto il pianto.
«Fammi spazio, non ci sto» e nell'istante in cui lo disse alzò le coperte e cominciò a infilarcisi all'interno, premendo per costringere Priscilla a farsi più in là.
«Ma... che stai facendo?» lamentò lei, arrancando per riuscire a ritrovare la comodità visto quanto spazio occupasse lui e chiedendosi, sorprattutto, che diamine stesse combinando. Laxus si chinò e infilò una mano nella busta di patatine dove Priscilla aveva già rovistato abbastanza, prese un'altra lattina di birra e se l'aprì.
«Quel libro fa parte di una trilogia. Quello è il più lento tra tutti, ti consiglio di leggerlo superficialmente e passare presto agli altri due, sono più avvincenti» disse lui, prendendo tra le mani il libro che Priscilla stava leggendo fino a poco prima.
«Parli... del libro?» balbettò lei, avvilita. «Ma... mi stavi...»
«Ti ho ascoltata» la interruppe di nuovo, con sguardo serio. Lui l'aveva ascoltata, l'aveva ascoltata più di quanto lei fosse riuscita a dire. Non voleva vederlo sparire di nuovo, l'aveva capito e ci aveva riflettuto abbastanza. Per quanto una parte di lui ancora non riuscisse a perdonarsi quanto successo, per quanto si urlasse da solo di sparire dalla circolazione per il bene di tutti, capì che non poteva continuare a ignorare ciò che lei gli chiedeva. L'aveva fatto per troppo tempo.
«Oggi pomeriggio sono andato a vedere un appartamento in periferia, non sono nemmeno venti minuti da qui. Potrei farci un pensiero...» disse e Priscilla sentì improvvisamente il cuore più leggero. L'aveva ascoltata, l'aveva sentita e forse avrebbe addirittura realizzato quel suo desiderio. Probabilmente il discorso Fairy Tail era ancora un tabù, ma lui sarebbe rimasto nei paraggi, disponibile e reperibile. Lei avrebbe sempre saputo dove andare a cercarlo. Pian piano il sorriso tornò ad adornarle il volto, sollevata, e si sistemò perciò meglio al suo fianco.
«Ci pensi tu?» chiese Laxus, indicando il libro steso ai loro piedi. Priscilla annuì e lo sollevò di nuovo per aria, tenendolo ben aperto in modo che entrambi potessero leggerlo. Laxus allungò poi un braccio dietro le sue spalle, poggiandoglielo intorno e sorseggiando la sua birra prese a leggere in silenzio, insieme a lei.
«Gira» disse poi.
«Aspetta, io non ho ancora finito» lo ammonì lei.
«Quanto ti manca?»
«Se parli non riesco a leggere, sta' zitto!»
E lui sbuffò annoiato, aspettando qualche secondo prima che finalmente la pagina venisse voltata. Ancora qualche attimo di silenzio, entrambi immersi nella lettura, fino a quando fu di nuovo lui a parlare per primo.
«Gira».
«Aspetta un attimo!»
«Ma quanto ci metti?»
«Mi godo le parole»
«Sei lenta».
«Stai zitto!» lamentò lei, scocciata.
E ancora sbuffò, scocciato.
«Alla prossima sarò più veloce io!» sorrise lei, girando ancora la pagina.
«È una sfida?» sorrise Laxus, improvvisamente interessato.
«Via!» annunciò lei, corrucciandosi e concentrandosi.
«Finito!» disse lui per primo, dopo neanche un paio minuto, e lei sobbalzando lo fulminò.
«Stai imbrogliando!» lo accusò.
«Ma figurati» disse lui, superiore.
«Scommetto non hai letto nemmeno una parola, hai solo fatto scorrere gli occhi sulla pagina» insisté, offesa.
«Ti dico che ho letto»insisté Laxus.
«Non è vero! Imbroglione!» si allungò ad afferrare il libro e se lo portò vicino alla faccia, volgendo la copertina verso di lui. «Avanti, dimmi che cosa dice!» lo provocò, pronta a rinfacciargli la scorrettezza di cui era certa.
«I quattro per sfuggire all'attacco del nemico si lanciano in acqua e nuotano fino alla barca, a largo, salendoci sopra e mettendosi al sicuro. Poi iniziano a remare per raggiungere la riva opposta» disse lui con tranquillità e sicurezza e Priscilla iniziò a sgambettare sotto le coperte, irritata. «Non è giusto! Tu l'hai già letto, lo sapevi già!»
«Come facevo a ricordare che era proprio quella parte se non la leggevo?» ridacchiò Laxus, divertito dal suo modo di fare infantile e giocoso.
«La prossima volta non mi batti!» brontolò, rimettendo il libro in aria sopra di loro e voltando pagina cominciò a far correre gli occhi sulle righe con una velocità incredibile. Tanto concentrata e irritata da quella sfida da corrucciarsi enormemente e bofonchiare tra sé e sé.
«Finito!» esclamò infine, felice di essere stata la prima. Si voltò verso Laxus, pronta ad annunciare la sua vittoria, ma lo trovò con gli occhi già spostati su di lei e un vago sorriso sornione sul viso. E capì.
«Avevi finito prima di me ma non me l'hai voluto dire per farmi vincere!» brontolò tirandogli pugni al petto.
«Perché ti arrabbi? Ti ho voluto dare un vantaggio» ridacchiò ancora, subendo i suoi colpi frustrati.
«Perché potevi fingere meglio, l'hai fatto apposta per farmi capire che stavi fingendo e prenderti comunque il merito! Sei malvagio!» gracchiò continuando a colpirlo e quella volta Laxus non riuscì a trattenersi, complice forse anche le quattro mura in cui erano rinchiusi dove poteva permettersi di non mantenere un certo atteggiamento ma poteva essere più libero. Scoppiò in una fragorosa risata, esclamando: «Malvagio? Ma come parli?»
«Esiste come parola, l'ho letto in un libro» borbottò lei, infastidita.
«Lo so bene che esiste, Priscema» e le scompigliò ancora i capelli.
«Priscema?!» sobbalzò lei. «Non chiamarmi in quel modo, bastardo!» tornò a colpirlo, sempre più furiosa.
«Credevi me lo fossi dimenticato?» sghignazzò lui.
«Lo odiavo al tempo e lo odio adesso».
«A me piace» sghignazzò maligno.
«Non azzardarti a chiamarmi in quel modo di fronte agli altri!» lo minacciò.
«Altrimenti?»
«Vuoi davvero saperlo?» e il tono fu incredibilmente più minaccioso di quanto si sarebbe aspettato. L'aria prese a vorticarle intorno, scompigliandole e sollevandole tutti i capelli, e lui capì. Quando Priscilla si arrabbiava davvero con lui cominciava a farlo roteare in uno dei suoi tornadi ad alta velocità, senza l'aiuto della sua magia stabilizzante inevitabilmente cadeva vittima della nausea. Lo odiava.
«Va bene, va bene, calmati» mormorò, intimidito e per fortuna quello bastò a tranquillizzarla. Tornò a sedersi normalmente, di fianco a lui, con gli occhi sul libro anche se ancora infastidita per quella sfida persa miseramente. Poi Laxus afferrò il libro, strappandolo alla sua magia, e rispose allo sguardo incuriosito di Priscilla con una proposta di pace: «Leggo io ad alta voce, così resti al passo».
Quando erano piccoli Priscilla non aveva nessuno che le insegnasse a leggere, e comunque Laxus era più grande di lei di due anni, perciò aveva imparato prima. Nonostante fosse ancora il periodo di Priscilla la bambina di carta, senza anima sul volto, Laxus aveva notato come quegli occhi comunque si muovessero incuriositi spesso, intorno a sé, in cerca forse di risposte. Avevano iniziato per gioco, per trovare qualcosa che comunque potessero fare insieme e li accumunassero, ma era stato lui a prendere i primi libri e leggerli ad alta voce per coinvolgerla. Nonostante Priscilla fosse ancora la bambina di carta, nel sentire quelle storie e l'entusiasmo di Laxus che poi gliele spiegava o gliele imitava, i suoi occhi assumevano sempre un colore diverso. Erano stati quelli i primi momenti di vera vita di Priscilla, quando lui parlava e raccontava le storie che leggeva o anche semplicemente se le inventava. I primi sentimenti di Priscilla, meraviglia ed emozione, felicità e curiosità, erano nati tutti da quel gioco che Laxus aveva creato per loro. Lui leggeva ad alta voce, almeno un'ora al giorno, e lei ascoltava fissando il suo volto incantata.
Fare quel salto nel passato, tornare a essere la bambina ammaliata dalla voce di suo fratello che con solo il potere della fantasia la prendeva per mano e la trascinava nei suoi mondi, era incredibile. In quei mondi... persino lei poteva essere umana e libera. Si illuminò, gli si lanciò addosso e cercando una posizione comoda si stese meglio, poggiando la testa al suo ventre. Lo abbracciò, chiuse gli occhi, e infine rimase in attesa dell'inizio del racconto con un sorriso emozionato in volto.
Durò almeno una buona mezz'ora, poi Laxus la sentì mugolare, col respiro pesante, e capì da quello che doveva ancora una volta essersi addormentata. Le fece una carezza sulla testa e delicatamente chiuse il libro, riponendolo sul comodino. Cercò lentamente di scivolare sul materasso per potersi stendere anche lui, senza svegliarla, poi allungò una mano a spegnere la luce.
E infine anche lui chiuse gli occhi, per quella sera.
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~{Fairy Tail}~ La bambina di carta ~
FanfictionNon c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'...