𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐢𝐜𝐢𝐚𝐧𝐧𝐨𝐯𝐞

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Mentre pattinavo da sola pensai a quanto fossi, per la prima volta, fiera di me stessa: mi stavo impegnando tanto per riuscire a migliorare, mi allenavo ormai tutti giorni e il poco tempo che mi rimaneva lo passavo a lavorare in caffetteria. Tutti si erano accorti di quanto fossi giudiziosa e responsabile ultimamente e non mancarono i complimenti e gli incoraggiamenti di continuare a fare così.

Ero fiera, ero davvero molto fiera di quanto fossi forte in quei giorni, ma dovevo ammettere a me stessa di non essere minimamente felice: dentro di me ero vuota, non mancava mai la tristezza e mi sentivo sola, terribilmente sola.

La verità di tutto quell'impegno nel lavoro e nel pattinaggio era che stavo cercando di concentrare la mia attenzione in qualsiasi cosa che non fosse la mancanza che sentivo per colpa dell'assenza di Zayn. Era da quella sera in cui Niall aveva avuto quella terribile crisi che non lo vedevo e la sua assenza nella mia vita, incredibilmente dalle mie aspettative, stava iniziando a pesare tanto.

Non pensavo che questo sarebbe potuto essere possibile, dopotutto Zayn era la stessa persona che fino a qualche settimana prima non sopportavo eppure ora era cambiato completamente tutto: sapere che era lontano anche solo circa trecentoquaranta chilometri da me non mi faceva fare altro se non pensare a lui e a quanto stessi bene in sua presenza.

Erano passati dieci giorni e non si era fatto vivo nemmeno una volta, non era ancora tornato ed io morivo dalla voglia di sentire la sua voce, vedere il suo sorriso e guardare i suoi occhi.

Pensai più volte di chiedere a Noah o a Liam il suo numero per telefonargli, parlargli un po' e dirgli quanto mi mancava ma non volevo mostrare a nessuno questo mio lato così dipendente da Zayn che solo ora avevo scoperto di me: iniziavo a pensare che forse un pochino, in fondo al mio cuore, mi piaceva.

Non ne ero innamorata, non penso fosse questo il giusto termine, ma ero certa del fatto che quando lui mi era intorno tutto da bianco e nero diventava colorato.

Ero talmente disperata per la sua mancanza che ero andata a vedere su instagram alcune sue fanpage che aggiornavano su ogni suo spostamento: vidi alcune foto scattate da dei paparazzi in cui era teneramente imbronciato, altre fatte durante uno shooting in cui manteneva sempre la sua serietà tenebrosa, poi però vidi delle foto con alcuni fans e mi si sciolse il cuore non appena notai quanto fosse felice e che meraviglioso sorriso ci fosse sulle sue labbra.

In quel momento realizzai che non era la sua bellezza a rapirmi ma il suo modo di fare, il suo modo di parlare, il suo modo di strapparmi sempre un sorriso: Zayn si scopriva essere una persona meravigliosa una volta che si imparava a conoscerlo e me lo confermavano la quantità di persone che lo seguivano e lo supportavano.

L'unica cosa di cui ero certa era che quando sarebbe tornato non lo avrei più lasciato in pace, sarei stata il più tempo possibile con lui perché mi mancava terribilmente.

Mentre uscì dalla pista e mi tolsi i pattini pensai a cosa stesse facendo lui, se fosse felice e soprattutto se ogni tanto il suo pensiero si rivolgesse a me. Mi continuavo a chiedere e a torturami se Zayn sentisse le stesse cose che sentivo io quando eravamo insieme.

Mi mancava così tanto...

Entrata nello spogliatoio presi il mio telefono e rimasi di sasso quando mi accorsi che erano le dieci di sera: ero rimasta davvero così tanto tempo a provare?!

Sperai con tutto il cuore che non mi avessero chiusa dentro, che si fossero accorti che stavo ancora pattinando e soprattutto che all'ingresso ci fosse il signor Perry, il custode, e non fossi rimasta da sola nell'immenso e terrificante Skating Club. Le luci dello spogliatoio, che erano perfino mezze spente, creavano un'aria soffusa e vidi tutta la mia vita passarmi davanti quando alzai lo sguardo dal mio armadietto e vidi che seduto su una delle panchine c'era qualcuno: istintivamente iniziai ad urlare spaventata.

𝐂𝐎𝐋𝐃 𝐀𝐒 𝐈𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora