𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭𝐮𝐧𝐨

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«A cosa pensi cuor di panna?» mi chiese zia Barbara vedendomi guardare incantata fuori dal finestrino la pioggia che si stava abbattendo quel pomeriggio di novembre su Boston.

«A nulla zia» mentii senza spostare il mio sguardo dalle gocce che si schiantavano a terra.

Per quanto quel giorno cercassi di fingere che tutto fosse apposto e fossi contenta di essere stata dimessa dall'ospedale, la mia testa era completamente rapita dalla lite con Zayn del giorno prima. Mi sentivo uno schifo ad aver chiuso con lui, ad averlo allontanato in modo così brusco ma credevo davvero che fosse la scelta migliore per tutti.

Lui però mi mancava come l'aria: quando ero sola con me stessa io pensavo a lui, ai suoi occhi, al suo sorriso, ai nostri baci, alle carezze. Mi mancava il suo profumo, la sua voce, il suo sguardo sul mio, mi mancava davvero tutto di lui ed era solo un giorno che non lo vedevo.

Trattenere le lacrime in quel momento nel pensare a Zayn era una vera e propria tortura tanto che iniziai a mordermi l'interno guancia per resistere ma crollai in un pianto disperato non appena zia Barbara, che era in grado di capire cosa succedesse nella mia testa a chilometri di distanza, mi mise una mano sul ginocchio.

All'istante misi le mani sul volto per coprirlo ed iniziai a singhiozzare mentre zia Barbara continuava a farmi carezze per cercare di calmarmi mentre guidava lungo le strade di Boston fin quando però trovò uno spiazzo in cui accostò.

Con un rapido scatto mi attirò a sé e mi strinse forte forte, poi mi cullò per cercare di calmarmi proprio come avrebbe fatto una mamma anche se lei era molto di più: lei per me era mamma e papà messi insieme, lei era il mio angelo custode, l'unica di cui fidarmi, la persona fidata che era disposta a scalare montagne pur di potermi aiutare. Ero grata ad averla, ero infinitamente grata perché in momenti come quelli il dolore che provavo al petto era lancinante e lei sembrava l'unica in grado di capirlo.

«Parlami cuor di panna, ti prego sfogati» sussurrò mentre eravamo strette in un abbraccio.

«Lui lo sa, io penso e sono quasi certa che lui abbia capito tutto» risposi qualche istante dopo. Lei di scatto sciolse l'abbraccio, mise le mani sulle mie spalle e mi allontanò per guardarmi dritta negli occhi.

«E qual è il problema?» chiese perplessa. «Io ti ho già ripetuto milioni di volte che tu non hai nessuna colpa di tutto quello che ti è successo» aggiunse poco dopo.

«Non è questo il problema zia.»

«E allora che c'è?»

«Vuole aiutarmi, vuole farsi carico di tutto quello che mi disturba ma non vuole che io faccia lo stesso con lui» singhiozzai mentre mi asciugai lacrime. «Lui si droga zia...» aggiunsi subito dopo e quando mi voltai vidi lei con gli occhi spalancati. «Io vorrei aiutarlo, vorrei davvero ma come faccio se non so nemmeno aiutare me stessa?»

«È una situazione complicata» disse lei abbassando il capo e prendendo un respiro profondo.

Zia Barbara fissava il vuoto rimanendo in assoluto silenzio mentre io la guardai confusa perché desideravo da morire sapere cosa pensasse di tutta quella storia, desideravo sapere cosa pensasse ogni volta che ci vedeva insieme, se stessimo bene, se fossimo una coppia mal assortita e soprattutto desideravo vedere lo sguardo di Zayn spiarmi di nascosto.

«Penso che lui non voglia il tuo aiuto perché ci tiene troppo a te» aggiunse poco dopo con un sorriso dolce attirando di nuovo la mia attenzione.

«Non ti seguo zia...» dissi tirando su con il naso e continuando ad asciugarmi le lacrime che non smettevano di scendere.

«Non vuole coinvolgerti ma lui per te, per i tuoi problemi e per il tuo dolore farebbe di tutto: questo è bello, vuol dire che ci tiene davvero tanto a te» affermò lei con gli occhi lucidi e un sorriso dolce stampato sulle labbra. «Io penserò sempre che lui per te prova qualcosa di forte perché l'ho visto nei suoi occhi cuor di panna, l'ho visto dal modo in cui ti guardava e dal suo sorriso stampato sulle labbra.»

𝐂𝐎𝐋𝐃 𝐀𝐒 𝐈𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora