Capitolo 8

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“Non credo di avere mai conosciuto una persona peggiore di Mr. Park. Mi ero fatto un'idea su di lui e temevo di essere stato prevenuto ed esagerato, eppure non era niente in confronto a come si è rivelato essere davvero!”.

Jungkook era fuori di sé. Lui e Taehyung si trovavano nel giardino della grande casa di Mr. Jung per prendere una boccata d'aria dopo l'ennesimo ballo. Erano entrambi stanchi e desideravano tornare a casa, ma purtroppo dovevano aspettare che i loro genitori acconsentissero a prendere le carrozze e lasciare la festa.

Nel mentre Jungkook non era riuscito a resistere al bisogno di esprimere all'amico il suo disprezzo nei confronti di Mr. Park, che in quel momento chissà quanti poveri campagnoli stava aspramente criticando, quasi sottomettendo.

“Si crede un dio sceso in terra, ma non si rende conto che è più piccolo di una formica. Se fosse davvero della grandezza di una formica proverei un grandissimo piacere nello schiacciarlo sotto la suola della mia scarpa”.

“Jungkook!” esclamò Taehyung, inorridito. 

Non aveva mai visto l'amico così furioso. Sebbene fosse un'abitudine per loro sparlare degli invitati durante le feste, al solo scopo di divertirsi un po', quella sera le critiche che Jungkook aveva espresso nei confronti di Mr. Park erano state così colorite e pesanti che il corvino era rimasto a bocca aperta.

Anche secondo lui Mr. Park era un signorotto viziato, arrogante e presuntuoso, eppure se lo era aspettato un carattere del genere e aveva capito che l'unica cosa da fare fosse ignorarlo.

Invece Jungkook sembrava aver preso la questione molto più sul personale.

“Lo detesto, ecco cosa! Lo detesto immensamente, Taehyung, e non vedo l'ora che se ne torni a Londra, dato che la ama così tanto. D'altronde cosa potevo aspettarmi da uno che ama quella città e che ne tesse le lodi ogni due per tre: che fosse una persona perbene?”.

“A me Londra piace” mormorò Taehyung, leggermente ferito.

“Per voi la questione è diversa” disse Jungkook, come se fosse la cosa più ovvia e sensata al mondo.

Seguirono alcuni secondi di silenzio, in cui i due giovani camminarono fianco a fianco tra le aiuole e ammirarono la natura circostante, immersa nel buio più totale.
Dopo un po', però, Jungkook riprese a parlare.

“E la sua fidanzata è praticamente una statua di cera. Non ha detto una parola per tutto il tempo che abbiamo trascorso in loro compagnia. Dite che è muta?”.

“Jungkook, adesso state esagerando” lo rimproverò l'altro.

Ma Jungkook non pareva intenzionato a fermarsi. “La gente come loro non si merita né soldi né attenzioni. Ci sono tante persone buone che non hanno assolutamente nulla e poi ci sono persone come Mr. Park che hanno tutto, ma allo stesso tempo non hanno niente, nemmeno l'anima”.

Taehyung si bloccò e Jungkook fece ancora qualche passo prima di rendersi conto che stava camminando da solo. Si fermò anche lui e si girò per capire che cosa fosse successo al suo amico.

“Io torno dentro, Jungkook. Sentirvi parlare così non fa altro che aumentare il mio nervosismo. Le vostre parole non portano da nessuna parte”.

Dopodiché Taehyung gli rivolse un'altra occhiata severa, girò su se stesso e percorse a ritroso il vialetto di ghiaia fino al portone d'ingresso, da cui proveniva una luce forte, quasi abbagliante, che si vedeva da lontano. Davanti all'ingresso c'era una piazza con la fontana e alcune carrozze ferme.

Jungkook sospirò osservando l'amico dirigersi di nuovo verso l'edificio, quindi si mise le mani in tasca e alzò lo sguardo al cielo, punteggiato di stelle, quelle stelle così lontane, così silenziose, ignare di ciò che lui stava provando in quel momento.

Compromise || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora