Capitolo 42

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Fortunatamente Jungkook riuscì a prendere una carrozza diretta al nord e viaggiò per tutta la notte e per buona parte del giorno seguente. A bordo si trovava quasi sempre in compagnia di altre persone, ma con nessuna di esse scambiò più di qualche parola.

Si sentiva spaesato, piccolo e indifeso, pellegrino in un mondo troppo vasto, molto più di quanto avesse mai pensato.

Nei suoi venti anni di vita era sempre rimasto nella sua contea natale, a parte due volte; in quei casi, però, era in compagnia dei suoi genitori e spesso anche di altre persone, mai solo. Quel viaggio verso il nord costituì per lui una sfida soprattutto a livello emotivo.

Guardava spesso fuori dal finestrino e osservava la natura, prima avvolta nel buio, poi rischiarata dalle prime luci dell'alba e infine dal sole, alto e splendente nel cielo turchino. Poter ammirare la campagna inglese, così simile a quella che circondava casa sua, gli bastava per sorridere e calmare il battito del suo cuore.

Non riuscì a dormire nemmeno per pochi minuti durante tutto il tragitto, un po' per gli scossoni che la carrozza subiva a causa delle buche e dei sassi nel terreno, un po' perché le emozioni provate nelle ultime ore erano state troppo forti e non gli consentivano di prendere sonno. Continuava a ripensare a ogni dettaglio del pomeriggio in cui la sua vita era cambiata irrimediabilmente, e soltanto per via di un semplice bacio.

Ciò di cui Jungkook sentiva di più la mancanza non erano i suoi genitori, fortunatamente, quanto piuttosto la casa dove aveva sempre vissuto e i luoghi dove era solito passeggiare per ore, ma anche le persone che gli erano amiche, specialmente Taehyung, Namjoon e Mr. Jung.

Di sicuro a queste persone avrebbe scritto delle lettere, una volta giunto a destinazione, per informarli del fatto che non sarebbe più tornato a casa. Non sapeva ancora come avrebbe giustificato la sua partenza, senza dover svelare la verità, ma un modo l'avrebbe trovato.

Non poterli rivedere era per Jungkook assai doloroso. D'altronde lui stava fuggendo così lontano proprio per rifarsi una vita e scappare dal giudizio della gente.

Qualcosa gli suggeriva che i suoi genitori non sarebbero andati in giro a sbandierare ai quattro venti la vera natura del loro unico figlio, ma di certo qualcosa avrebbero dovuto dire. Con una punta di curiosità, Jungkook si chiedeva cosa.

Finalmente la carrozza superò i confini della contea in cui il giovane si stava dirigendo e presto arrivò alla fermata a cui lui dovette scendere. Pagò il vetturino con i soldi che Jimin gli aveva donato e, dopo essersi messo in spalla la sua borsa di stoffa, si incamminò lungo la strada che l'avrebbe condotto alla tenuta dei Pope.

Vi arrivò all'incirca mezz'ora dopo, aiutato da ciò che c'era scritto sul biglietto di Jimin e dalle indicazioni della gente che aveva incontrato lungo la via e a cui aveva chiesto aiuto.

La casa dei Pope era situata su una piccola altura, accanto a un boschetto e a un piccolo ruscello dalle acque limpide e scintillanti. Jungkook spese qualche minuto ad ammirare con occhi pieni di gioia quel piccolo angolo di Inghilterra, tanto simile a un Paradiso terrestre.
Gli sembrava di trovarsi a casa.

Alcuni contadini lavoravano nei campi, gli uccellini cinguettavano a più non posso e il sole accarezzava dolcemente ogni cosa.

Il ragazzo percorse un vialetto costeggiato da filari di alberi, fino alla porta d'ingresso della casa dei Pope. L'edificio era un cottage grazioso, non particolarmente grande ma neanche piccolo, l'essenziale per una famiglia di tre persone.

I Jeon vivevano in una dimora più grande, perciò gli venne da pensare che i Pope potessero essere un gradino sotto di loro, a livello sociale. Questo pensiero non gli provocò alcun rammarico, anzi, semmai una punta di gioia: più in basso si trovavano a livello sociale, più era probabile che fossero persone con un cuore grande e non corrotto dai costumi della società. Esempio di questa sua teoria era il comportamento di Namjoon.

Senza esitazione bussò alla porta. Gli venne ad aprire una signora che poteva benissimo essere la padrona di casa. Di certo non faceva parte del corpo della servitù, poiché era vestita piuttosto elegantemente.

“Scusate, abita qui una certa Mrs. Adele Pope?” domandò Jungkook per sicurezza.

La donna sorrise e annuì. “Sono io. Voi, invece, chi siete?”.

“Mi chiamo Jeon Jungkook e...” iniziò il ragazzo, per poi estrarre dalla tasca dei pantaloni la lettera scritta da Mr. Park e porgerla con dita tremanti a colei che era in piedi nel vano della porta.

Mrs. Pope l'afferrò, corrugando la fronte, poi la girò e l'aprì. Appena lesse il nome del mittente gli occhi le si spalancarono e il viso le si illuminò di gioia.

“Oh, Santo Cielo! È di Park Jimin! Lo conoscete?” chiese la donna con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.

Jungkook annuì, mentre dentro di sé si rafforzava la convinzione che quei Pope fossero brava gente, proprio come Jimin gli aveva assicurato.

La donna fece scorrere lo sguardo sul testo scritto, poi ripiegò il foglio e tornò a prestare attenzione al nuovo arrivato.

“Giovanotto, voi siete il benvenuto! Avanti, accomodatevi e fate come se foste a casa vostra. Da come scrive Jimin dovete aver fatto un viaggio lungo e stancante. Avrete di sicuro molta fame... Farò subito in modo che possiate avere cibo e un letto nella camera degli ospiti” esclamò la donna, facendosi da parte per permettere a Jungkook di entrare.

Il ragazzo obbedì e subito si guardò attorno. L'arredamento di quella casa era semplice ma di buon gusto. Un orologio a pendolo era presente nell'ingresso e dietro a una delle porte che vi si affacciavano si poteva intravedere un grazioso salotto.

“Adesso vi presento le persone con cui per mia sfortuna devo condividere le giornate” scherzò la signora, ridacchiando amabilmente.

Poi gli fece strada fino al retro dell'edificio, vicino alle scuderie, dove trovarono Mr. Pope, intento a strigliare un cavallo.

“Mr. Pope, abbiamo un ospite!” esclamò la donna saltellando per la gioia, per poi spostarsi e lasciar spazio a un imbarazzato Jungkook.

Mr. Pope inclinò la testa di lato con fare scherzoso e ridacchiò allegramente. Era un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e una pancia abbastanza prominente, mentre sua moglie era anch'ella sulla cinquantina, anch'ella piuttosto in carne e con i capelli raccolti in un semplice chignon.

“Tenete e leggete anche voi!” disse Mrs. Pope, per poi passare al marito la lettera di Mr. Park. Anch'egli la lesse e infine sorrise, ricordando il giovane che sua moglie spesso elogiava e con cui era rimasta in contatto dopo avergli fatto da istitutrice più di dieci anni prima.

“Sono felice che Mr. Park abbia pensato a noi, è un grande onore. Mr. Jeon, voi siete il benvenuto” disse l'uomo, rivolgendo al ragazzo un sorriso sincero e affettuoso. “Spero che in questa casa vi troviate bene. Se avete bisogno di qualcosa, non esitate a farcelo sapere”.

Jungkook era sinceramente commosso dalla loro ospitalità. Da come si esprimevano quei due, non sembrava che lui fosse un peso piombato all'improvviso in casa loro, quanto piuttosto colui che avevano sempre aspettato. Era sicuro che con loro si sarebbe trovato davvero a casa.

Li ringraziò a lungo, senza temere di risultare eccessivo.

“Smettetela” disse Mrs. Pope sorridendo. “Per noi è un piacere ospitarvi. Adesso però venite, che vi presento mia figlia”.

Compromise || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora