Capitolo 27

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All'incirca un'ora dopo, Namjoon fermò la carrozza davanti a una locanda lungo la strada e propose a Mr. Jeon e Mr. Park di fermarsi lì per la notte.

“Ma certo, Namjoon! Avete svolto un ottimo lavoro e siete soprattutto voi a meritare un buon sonno ristoratore”.

Così i tre si avviarono verso la porta. Fu Jungkook a bussare. Uno sportello si aprì e un volto femminile comparve all'improvviso: due sopracciglia aggrottate e uno sguardo che non prometteva nulla di buono.

“Che cosa volete?”.

“Tre stanze per la notte, se è possibile” mormorò Mr. Park, sfoggiando il più accattivante dei suoi sorrisi.

“Entrate” si limitò a dire la signora. Dopodiché chiuse lo sportello e aprì il portone della locanda.

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Pochi minuti dopo Jungkook era seduto sul bordo del letto della sua camera, o meglio, della camera che la proprietaria della locanda gli aveva assegnato. Si stringeva convulsamente le mani in grembo e osservava il pavimento sotto i suoi piedi.

Era notte fonda e il cielo, visibile al di là dell'unica finestra presente in quella stanzetta, era ormai nero pece.

Le emozioni delle ultime ore avevano lasciato Jungkook stremato, eppure il richiamo del soffice letto su cui si trovava non era forte quanto egli avrebbe creduto. Voleva dormire, ma sentiva che prima di farlo doveva sentire ancora una volta una certa voce.

Così, interrompendo il vortice di pensieri che si era formato nella sua testa, si alzò in piedi e uscì dalla stanza, per bussare alla porta di quella accanto.

“Chi è?” domandò Jimin, dall'altra parte della barriera di legno scuro.

Jungkook posò una mano sulla superficie e la accarezzò, percependo quanto fosse liscia. “Sono io” sussurrò poi, appoggiando la fronte alla porta e chiudendo gli occhi. “Volevo solo sapere se state bene e... augurarvi la buonanotte”.

Nessun suono raggiunse le sue orecchie, così Jungkook riaprì gli occhi e si allontanò leggermente.

“C'è qualcuno nel corridoio a parte voi?” domandò Jimin.

“No, nessuno”.

Ci furono altri secondi di silenzio, poi due parole che Jungkook aveva ardentemente sperato di udire: “Volete entrare?”.

“Ne siete certo?”.

“Se ve l'ho proposto vuol dire che lo sono”.

Dopodiché la porta si aprì e Mr. Park in persona comparve di fronte a un Jungkook che cercava invano di tenere a bada i propri pensieri e il proprio battito cardiaco.

Il biondo indossava soltanto una camicia da notte bianca che fortunatamente la locanda aveva offerto ai nuovi arrivati. Anche Jungkook ne aveva una uguale, nella sua stanza, ma aveva preferito restare ancora un po' con indosso i suoi vestiti.

“Allora, non volete entrare?” domandò sottovoce Jimin, rivolgendo al moro uno sguardo così languido e sensuale da provocargli un violento sfarfallio nello stomaco.

Senza pensarci due volte Jungkook varcò la soglia della camera di Mr. Park, come tirato da una corda invisibile o ipnotizzato da un paio di occhi profondi, e nemmeno sentì il suono della porta che si chiudeva dietro di lui.

“Finalmente siamo soli” sussurrò il biondo, guardando Jungkook dal basso verso l'alto e sollevando un angolo della bocca.

L'altro non volle attendere un secondo di più e prese quel volto tra le sue mani, per poi far collidere le loro labbra e strapparvi un gemito di piacere.

Compromise || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora