Capitolo 47

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Nel frattempo Jungkook si era del tutto ambientato a casa dei Pope e aveva abbracciato l'idea di essersi rifatto una vita. Ogni tanto la nostalgia tornava a fargli visita e in quei momenti lui si fermava e si estraniava da tutto e da tutti per rivedere nella sua mente i luoghi che nei primi venti anni della sua vita erano stati il suo mondo.

Tuttavia dai Pope si trovava così bene che non sentì mai il bisogno di trovare una nuova sistemazione. Ormai erano diventati la sua famiglia.

Già il giorno dopo essere arrivato, aveva chiesto a Mr. Pope di poter lavorare come bracciante nei campi e gli aveva spiegato che solo così gli sarebbe sembrato di ripagare l'immenso favore che loro gli facevano permettendogli di vivere sotto il loro stesso tetto e mangiare alla loro stessa tavola.

Inizialmente Mr. Pope aveva cercato di convincerlo del fatto che non fosse necessario, ma poi, capendo che Jungkook ci teneva molto, aveva accettato e gli aveva spiegato pazientemente quali sarebbero stati i suoi compiti e i suoi doveri.

Dal canto suo, il giovane aveva imparato in fretta e ben presto aveva raggiunto gli altri contadini che lavoravano le terre attorno alla tenuta.

Costoro lo avevano preso in giro quando erano venuti a sapere a che ceto sociale apparteneva, ma Jungkook non ci aveva badato e aveva iniziato a lavorare sodo come loro.

La fatica, il sudore, i muscoli che bruciavano e il sole che gli picchiava la pelle furono tutte cose che più di una volta gli suggerirono di mollare, ma la determinazione e il desiderio di sdebitarsi nei confronti dei Pope furono sempre più forti.

Con il passare delle settimane Jungkook divenne sempre più bravo nel suo umile lavoro e le soddisfazioni non tardarono ad arrivare. I contadini che lavoravano con lui iniziarono a portargli rispetto e con alcuni di loro riuscì perfino a stringere amicizia.

Al ventenne piaceva lavorare all'aria aperta, a contatto con la natura e al servizio di colui che ormai considerava un padre.
Non gli mancava niente, se non una certa persona, presente nella sua mente a ogni ora del giorno e a cui scriveva frequentemente: Park Jimin.

Jungkook lo aspettava con impazienza e ogni mattina, appena alzato, si chiedeva se fosse quello il giorno in cui il suo amato sarebbe arrivato. Lo aspettava e aspettava le sue lettere, in cui però il biondo non indicava mai una data in cui si sarebbero finalmente potuti rivedere.

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Un giorno di fine agosto Jungkook si trovava nei campi e svolgeva come al solito le sue mansioni, quando un lontano rumore di zoccoli sul terreno e la figura di un cavaliere gli fecero sospendere per un attimo ciò che stava facendo. Aguzzò la vista, per capire chi fosse quella sagoma che si stava avvicinando.

Dentro di sé sperava che si trattasse di Mr. Park, ma non voleva illudersi troppo. Comunque si avvicinò alla strada, in modo da poter vedere in faccia il cavaliere.

Immenso fu il suo stupore quando si accorse che in sella c'era il suo amico Kim Taehyung.

“Taehyung?!” esclamò, strabuzzando gli occhi.

Il ragazzo nominato voltò la testa verso la figura che sostava sul ciglio della strada, a pochi metri da lui. Non appena la riconobbe, tirò le briglie e costrinse l'animale a fermarsi.

“Jungkook!” esclamò, per poi scendere e correre da lui.

I due amici si guardarono per qualche istante negli occhi, leggendovi lo stesso stupore. Poi sorrisero e si tuffarono l'uno nelle braccia dell'altro.

“Oh, Taehyung!” esclamò Jungkook.

Non riusciva a credere di poterlo riabbracciare; gli sembrava un sogno, un miracolo, qualcosa di troppo bello per essere vero.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime.

Compromise || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora