Capitolo 26

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La carrozza si addentrò nei dintorni di Londra e venne avvolta da una fitta oscurità. Soltanto la luna rischiarava la notte e la sua luce si infiltrava nella vettura in cui si trovavano Jimin e Jungkook. Erano entrambi silenziosi, un po' per la stanchezza, un po' per un misto di timore ed eccitazione.

“Stiamo fuggendo davvero, Jungkook” sussurrò a un certo punto il biondo, distogliendo lo sguardo da ciò che si riusciva a scorgere del panorama al di là del finestrino e incrociando quello del moro. I loro occhi quasi luccicavano nel buio.

“Jimin, siete consapevole del fatto che stiamo mettendo a rischio la nostra reputazione?”.

“Lo sono, ma non ho paura. Voi sì?”.

“No, affatto. Ormai il mio disgusto per l'ipocrisia e il grigiore della società ha raggiunto un livello così alto che niente può spaventarmi”.

Jimin sollevò un angolo della bocca. “Dite che i vostri genitori ci raggiungeranno presto?”.

“Conoscendo mia madre vi direi di no. Il suo orgoglio la porterà a restare a Londra fino alla data stabilita, né giorno in più, né giorno in meno. Avremo un po' di tempo per restare soli, non temete”.

“E poi che succederà?”.

“Il dopo non ha importanza. Nelle fughe bisogna pensare soltanto al presente, altrimenti che divertimento c'è?” mormorò Jungkook ridacchiando.

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Le stelle brillavano nel cielo infinito, così lontane e irraggiungibili che in confronto Jungkook si sentiva un misero granello di polvere.

“A cosa pensate?”.

Il giovane distolse lo sguardo dalla vastità che avvolgeva il mondo e lo posò su quello di Mr. Park.

“Penso alle stelle e a quanto vorrei, in questo momento, poter scrivere una poesia su di loro”.

“Il vostro animo poetico mi lascia sempre a bocca aperta”.

Jungkook sorrise, quindi gli porse una mano. Jimin la osservò confuso e con lo sguardo parve volergli chiedere quale fosse il motivo di quel gesto.

“Il mondo e la società non ci permetteranno mai di mostrare i nostri sentimenti, ma le stelle non sono giudici, al contrario delle persone, e ci osservano in rigoroso silenzio. Questa notte, la notte della nostra fuga, può essere un nuovo inizio; io sono sicuro che sarà un nuovo inizio.
Park Jimin, volete promettermi di rimanere al mio fianco a qualunque costo? Il mio cuore è vostro e voi lo sapete”.

“Jeon Jungkook, io vi prometto che non vi abbandonerò e che mi prenderò sempre cura del vostro cuore, così come sono sicuro che voi vi prenderete cura del mio, al momento riposto nelle vostre mani, dove fedelmente rimarrà”.

I due giovani sorrisero a quelle promesse scambiate con sentimento, sebbene dal carattere quasi infantile.

Sebbene fosse ancora soltanto un germoglio, il loro rapporto pareva già ai loro occhi come la più bella delle fiabe. Niente poteva sconfiggerli, se erano insieme. Niente poteva fermarli.

“Stiamo fuggendo dalla vostra amata città e voi avete il sorriso sulle labbra. Com'è possibile?” domandò Jungkook, sinceramente curioso.

“Non avrei mai creduto che Londra potesse essere sostituita, eppure così è accaduto: la campagna è il luogo dove vi ho conosciuto e dove ho versato lacrime sincere. Ha assunto un significato prezioso per me e sono oltremodo felice di recarmi lì in vostra compagnia”.

Jungkook intrecciò le sue dita a quelle di Jimin e provò una certa eccitazione al delicato contatto delle loro pelli.

Il buio che li avvolgeva e che avvolgeva il mondo esterno, sommato al luccichio negli occhi di Mr. Park e ai suoi capelli resi quasi argentei dalla luce lunare, era sufficiente per fargli desiderare di annullare la distanza tra i loro corpi e di riscoprire il sapore delle sue labbra tentatrici.

“Vorrei baciarvi, Jimin” sussurrò, allungando una mano tremante e sfiorando uno zigomo del ragazzo seduto di fronte a lui, come se fosse fatto di porcellana e avesse paura di danneggiarlo.

“Fatelo allora, in modo che la nostra fuga da Londra sia anche una fuga dalle nostre paure” sussurrò di rimando Jimin, accostando il suo viso alla mano dell'altro, come per invitarlo ad accarezzarlo con maggiore intensità.

“Con voi accanto non avrò più paura di niente”.

Dopodiché Jungkook prese il volto di Jimin con entrambe le mani e lo baciò con così tanta passione da lasciare il biondo completamente spiazzato.

Le loro bocche si dischiusero all'istante e le loro lingue iniziarono a esplorarsi avidamente. Il lago di oscurità in cui si trovavano era abbastanza profondo perché i due innamorati vi potessero nuotare a piacimento: nessuno poteva vederli, nemmeno Namjoon, che sedeva a cassetta, al di là del vetro, ed era concentrato sulla guida.

Le uniche spettatrici di quel bacio erano le stelle.

“Ji-Jimin... vi devo confessare una cosa” balbettò Jungkook, non appena i due si staccarono per riprendere fiato, restando tuttavia a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.

“Lo so già, Jungkook”.

“Lo sapete?” sussurrò lui, sgranando gli occhi perché preso alla sprovvista.

“Non sono cieco; lo vedo il modo in cui mi guardate e lo sento il modo in cui mi baciate. Forse riuscirete a ingannare tutti, ma non me. Io lo so che voi mi amate, Jeon Jungkook”.

Il moro rimase a bocca aperta. Non si aspettava che il sentimento che giorno dopo giorno era cresciuto nel suo cuore fosse così lampante agli occhi del biondo.

“Lo so che mi amate e sebbene non mi intenda molto d'amore, sono più che certo che amare non è possedere. So che l'amore è qualcosa di troppo vasto e complesso per essere definito mediante poche e semplici parole, eppure so che due innamorati non devono per forza possedersi per dire di amarsi”.

Jimin sorrise, quindi si alzò da dove era seduto, si mise accanto a Jungkook e gli posò la testa sulla spalla, nonostante la carrozza continuasse a sobbalzare sulla strada piena di sassi e buche.

“Io e voi non ci possiamo possedere. Non potremo mai vivere nella stessa casa, non potremo mai baciarci alla luce del giorno, non potremo mai dire a nessuno che i nostri cuori sono un tutt'uno ogni singola volta che i nostri sguardi si incrociano. Non potremo fare e dire tante di quelle cose che gli innamorati fanno e dicono... Eppure dovremo farci andare bene ciò che abbiamo, dovremo arrivare a un compromesso tra i nostri desideri e il volere della società”.

Jungkook voltò la testa verso Jimin e lo ammirò, mentre era teneramente appoggiato sulla sua spalla. Mai si sarebbe aspettato, settimane prima, che quella persona potesse pronunciare parole del genere, dense di poesia e sentimento.

“Amare non è possedere” ripeté il moro tra sé e sé. “Amare è condividere lacrime e sorrisi e trovare l'infinito negli occhi dell'altro”.

Dopo queste riflessioni profonde, unite a confessioni capaci di far battere forte i loro cuori, Jimin e Jungkook restarono in silenzio, ad ascoltare la quiete della notte e il lento procedere della carrozza lungo le strade della campagna inglese.

Sebbene il viaggio a bordo di quella vettura non costituisse il massimo del comfort, entrambi avrebbero pagato tutto l'oro del mondo per far sì che non avesse mai fine.

Compromise || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora