Dato che Jungkook si stava riprendendo in fretta, Mr. Park e Namjoon decisero che non era il caso di avvisare i suoi genitori: una notizia del genere li avrebbe fatti preoccupare inutilmente.
Da quando avevano lasciato Londra non avevano avuto notizie né da parte loro né da parte dei Kim e Jimin non sapeva come interpretare quello strano silenzio. Ricordava benissimo l'espressione della madre di Jungkook quando loro due se n'erano andati dalla festa: il suo era uno sguardo omicida e non prometteva nulla di buono.
Il biondo aveva temuto che a Londra potessero circolare dicerie in merito alla loro fuga, ma aveva seppellito tale preoccupazione sotto agli strati di felicità che provava quando era in compagnia di Jungkook. Gli bastava essere insieme a lui e avrebbe accettato perfino di affrontare la società inglese. Per Jungkook avrebbe lottato a qualsiasi costo.
Ciononostante, spesso si domandava quanto a lungo tale situazione di stallo potesse durare. Sentiva che prima o poi la bolla di pace in cui si trovavano sarebbe scoppiata e non poteva fare a meno di chiedersi in che momento il peggio sarebbe accaduto. Poi però scacciava la paura e tornava a prestare attenzione a Jungkook.
Il ragazzo era guarito nel giro di un paio di giorni, convalescenza compresa, e Jimin era restato accanto a lui per tutto il tempo. Gli leggeva poesie, racconti, perfino lunghi capitoli di romanzi. Jungkook non si stufava mai, anzi, continuava a supplicare il suo amato di ammazzare il tempo con qualcosa di letterario. La sua unica condizione era che si trattasse di scritti d'amore.
Jimin sorrideva di fronte all'animo romantico di Jungkook e, nonostante talvolta la sua voce lo pregasse di prendersi una pausa, non riusciva proprio a smettere di leggere ad alta voce per quel giovane.
Gli piaceva farlo e gli piaceva lanciargli di tanto in tanto occhiate e sorprenderlo a fissarlo, mentre ascoltava ed era pienamente concentrato. Jimin non chiedeva altro se non che egli fosse felice e in salute e se ciò significava per lui avere la gola in fiamme avrebbe sofferto più che volentieri.
“Non volete fare una pausa?” gli domandò Jungkook una mattina, sentendo quanto la voce del suo amato fosse rauca e preoccupandosi immediatamente per lui.
Il biondo, però, gli rivolse un sorriso sincero e caloroso e scosse la testa.
“No, Jungkook, sto bene”. Poi allungò una mano e gli accarezzò delicatamente una guancia, come se avesse paura che troppa forza potesse spezzare quel fiore prezioso e delicato.
I loro sguardi si incrociarono. Quello di Jimin era pieno di amore e gratitudine, e così anche quello di Jungkook, sebbene una certa dose di preoccupazione vi fosse rimasta. Per questo il moro posò una mano su quella di Jimin, ancora posata sulla sua guancia, e se la portò alle labbra, per poi lasciarvi un bacio delicato.
“Non voglio che stiate male per colpa mia”.
“Oh, Jungkook” disse lui ridacchiando. “Voi siete la mia unica felicità. Come potete anche solo pensare che io stia male per colpa vostra?”.
Jungkook dischiuse le labbra, come se fosse sul punto di dire qualcosa; poi però le richiuse, arreso. Jimin sorrise, poi tornò a leggere alcune poesie di Shakespeare che tanto piacevano al romantico Jungkook.
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Un'oretta dopo un forte rumore al piano di sotto portò Jimin a interrompere la lettura. Il giovane sollevò lo sguardo dalla pagina del libro e lo puntò sulla porta della camera, chiusa ma non a chiave.
“Che cos'è stato?” domandò Jungkook, cercando di mettersi a sedere e venendo subito fermato dall'altro, che gli posò una mano sul petto, coperto dalla camicia da notte, e lo spinse delicatamente, in modo che tornasse a sdraiarsi.
“Non affaticatevi” sussurrò con grande premura, per poi stringergli una mano e rivolgergli uno sguardo espressivo, come per chiedergli silenziosamente se poteva lasciarlo da solo per qualche minuto e andare a verificare di persona che cosa avesse causato quel rumore.
Proprio in quel momento, però, alcune voci, attutite dalle pareti, giunsero alle loro orecchie. Jimin non riuscì a distinguere le parole, né a capire a chi appartenessero, ma era certo che non si trattasse di Namjoon.
Guardò Jungkook, che era diventato ancora più pallido del solito.
“Sono i miei genitori” sussurrò il ragazzo, per poi mordersi il labbro e cercare invano di trovare un modo per evitare che sua madre lo vedesse in compagnia di Jimin.
“State calmo” gli disse lui, rivolto però anche a se stesso. Si sentiva improvvisamente uno straniero in casa d'altri e aveva paura di cosa potessero urlargli contro i coniugi Jeon.
Tuttavia gli occhi scuri di Jungkook furono sufficienti per tranquillizzarlo. Finché poteva specchiarsi in quelle iridi profonde, lui era al sicuro.
La porta si spalancò e Mrs. Jeon si precipitò nella stanza.
“Jungkook!” esclamò, con gli occhi sbarrati e il respiro affannoso, probabilmente perché aveva salito le scale di corsa. Le emozioni dipinte sul suo volto erano varie, confuse e contrastanti; per un attimo i due innamorati non seppero decifrarle, perciò restarono semplicemente immobili, in silenzio, e aspettarono di vedere lo svilupparsi delle vicende.
“Sei un disgraziato!” urlò la donna, per poi attraversare la stanza e raggiungere il figlio.
Per qualche istante Jimin restò a fissarla senza riuscire a capire che cosa ella avesse intenzione di fare.Con una furia omicida a contrarle i lineamenti, la donna afferrò le lenzuola che coprivano il corpo di Jungkook e le tirò di lato. Dopodiché si mise a urlare e picchiare il figlio sul busto e sulle braccia.
“Mrs. Jeon!” esclamò Jimin, spaventato, per poi allungarsi per fermare la donna. Non poteva permettere che facesse del male al suo Jungkook, che in quel momento aveva un'espressione spaurita, dato che non capiva del tutto che cosa stesse accadendo. Cercava di allontanare sua madre, ma le sue grida lo frastornavano.
“Sei la rovina della famiglia! Come hai potuto pensare... di fuggire in quel modo... Ah, Jungkook, figlio scellerato! Sia maledetto il giorno in cui sei stato concepito!”.
Gridando queste cose, la madre del ragazzo continuava a picchiarlo e a versare lacrime di rabbia e disperazione; tuttavia non era tanto la violenza fisica a ferire Jungkook, dato che ella non era molto forte, quanto la cattiveria che trasudava dalle sue parole.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma non riuscì a lasciarle scivolare lungo le guance come invece stava facendo lei. Si sentiva solo e smarrito.
Fortunatamente dopo alcuni tentativi Jimin riuscì a bloccarla e a convincerla ad allontanarsi dal letto del figlio.
Proprio in quel momento altre due persone entrarono nella stanza: Mr. Jeon e Mr. Kim Seokjin.

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Compromise || Jikook
Fanfiction[Completa] Dove Jungkook e Jimin vivono nell'Inghilterra di inizio Ottocento e appartengono entrambi alla classe borghese. ▻ liberamente ispirata a "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen ▻ in alcuni punti potrebbe non rispecchiare la realtà di qu...