“Partito? Come sarebbe a dire partito?!” urlò Jungkook, alzandosi in piedi e lasciando cadere per terra il giornale che fino a quel momento aveva distrattamente sfogliato.
Pochi minuti prima sua madre aveva interrotto il suo piacevole silenzio con le sue solite chiacchiere. Jungkook l'aveva tranquillamente ignorata finché ella aveva fatto il nome di Mr. Park e gli aveva comunicato la dolorosa notizia: il giorno prima egli era partito per Londra.
“Sì, se n'è andato, Jungkook caro. Me l'ha detto stamattina Mrs. Kim quando sono stata da lei” disse la donna, riferendosi alla madre di Seokjin.
“Ma ritornerà presto?” domandò Jungkook, con gli occhi pieni di paura e la voce tremolante.
“Da come ho capito sembra proprio di no. Evidentemente aveva deciso che la visita da suo cugino doveva finire e che la città lo stava chiamando. A dir la verità non mi aspettavo nemmeno che restasse per tutto questo tempo, visto quanto detesta la campagna” disse la madre di Jungkook, che era venuta a conoscenza del disprezzo di Mr. Park per l'ambiente in cui vivevano.
Jungkook non disse nulla. Lentamente raggiunse la finestra del salotto, che dava sul giardino, e guardò fuori, verso le colline verdeggianti.
Mr. Park era partito. Se n'era andato senza dire nulla, senza avvisarlo, senza salutarlo.
Jungkook avrebbe voluto piangere tutte le lacrime che il suo corpo conteneva, ma in realtà non ci sarebbe riuscito, un po' perché in quella stanza era ancora presente sua madre e si sarebbe terribilmente vergognato di mostrarsi così debole di fronte a lei, un po' perché si sentiva privato di tutte le sue forze.
Mr. Park era partito e lui probabilmente non l'avrebbe rivisto mai più.
Quella consapevolezza era così devastante che Jungkook si sentì morire. Avrebbe veramente preferito venire risucchiato dalla Terra in quel preciso istante piuttosto che essere costretto a vivere il resto della sua vita senza più vedere quel giovane che si era impossessato del suo cuore.
Jungkook non si sentiva pronto, per niente. Solo due giorni prima lui e il biondo si erano baciati, al tramonto, nel giardino di Mr. Jung. Gli sembrava ancora di sentire la morbidezza di quel paio di labbra, le lacrime salate che gliele bagnavano e il modo in cui lui lo guardava, come se lo stesse supplicando di non dimenticarlo.
Probabilmente Mr. Park già sapeva che sarebbe partito o, se non lo sapeva ancora, l'aveva deciso subito dopo.
Nonostante tutto, aveva agito bene: forse il sentimento che li legava non si sarebbe intensificato, se loro due fossero stati costretti a non incontrarsi mai più.
In quel momento, però, Jungkook non riusciva a convincersi che Mr. Park avesse voluto agire in tal modo, per il bene di entrambi. In quel momento riusciva soltanto a pensare di essere appena stato abbandonato da quel ragazzo biondo, che era partito per Londra senza dirgli nulla.
Londra.
Jungkook si voltò di scatto. “Madre, noi quando andremo a Londra?”.
“Fra otto giorni, Jungkook. Come facevi a non ricordarlo? È da stamattina che continuo a ripeterlo”.
Jungkook non rispose e si voltò di nuovo a osservare fuori dalla finestra, come se da un momento all'altro si aspettasse di vedere arrivare un giovane biondo in sella a un cavallo bianco come il latte.
“Dirò a Namjoon di iniziare a fare le mie valigie”.
“Caro, hai proprio la testa tra le nuvole! Nemmeno un'ora fa sono venuta da te e ti ho comunicato che avevo appena chiesto a Namjoon di dare il via ai preparativi per la partenza. A cosa pensavi quanto ti ho parlato?”.
“A niente, madre” mentì Jungkook, lasciandosi poi sfuggire un sospiro pesante.
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La settimana seguente fu per la famiglia Jeon di quanto più confusionario e frenetico si possa immaginare.
Mrs. Jeon non faceva altro che impartire ordini ai servi, che correvano di qua e di là alla ricerca di capi di vestiario scomparsi e cianfrusaglie varie, secondo la donna di casa assolutamente indispensabili per la loro permanenza a Londra. Suo marito cercava sempre di fuggire ai propri doveri e di rintanarsi nei posti più nascosti della casa, mentre il figlio era così perso nei propri pensieri da non rendersi nemmeno conto di ciò che accadeva attorno a lui.
Trascorreva la maggior parte del tempo con il suo cavallo Milton, a cavalcare senza meta per la campagna inglese.
Osservava la natura come se fosse la prima volta che la vedeva. I suoi occhi si posavano su tutto, ma la sua mente non si soffermava più di qualche secondo sulla realtà che lo circondava, dato che Mr. Park si intrufolava in continuazione nei suoi pensieri e chiedeva di essere ricordato.
In quella settimana, inoltre, Jungkook prese ancora più seriamente del solito la sua passione per la scrittura e si dedicò alla composizione di una raccolta di poesie dedicate a Mr. Park.
Non sapeva perché, ma avvertiva la necessità di mettere su carta ogni singola emozione e ogni singolo pensiero che aveva avuto in quelle ultime settimane, da quando il suo sguardo aveva incrociato quello del biondo.
“Jimin...” sussurrò Jungkook al vento, mentre osservava l'acqua che scorreva placida nel fiume, accarezzando le rocce del letto e i giunchi che crescevano ai suoi lati.
Quello era il luogo dove lui e Mr. Park si erano visti per la prima volta; Jungkook non riusciva a non pensarci ogni volta che ci tornava.
“Jimin...” sussurrò ancora, alzando lo sguardo al cielo denso di nubi.
Pronunciare il nome di quel giovane, e non il cognome, era qualcosa che mai si sarebbe sognato di fare davanti a lui. Soltanto quando si trovava da solo, di tanto in tanto, Jungkook si permetteva di sussurrare la parola Jimin, una parola che aveva un non so che di musicale, forse perché quelle sei lettere scivolavano assai dolcemente sulla sua lingua.
“Se vi vedrò, mi guarderete o farete finta di non conoscermi? Qualcosa mi dice che mi spezzerete il cuore, più di quanto non abbiate già fatto partendo così, senza dirmi nulla... Eppure non riesco a smettere di pensarvi, non riesco a smettere di provare sentimenti nei vostri confronti” sussurrò ancora Jungkook, mentre un nodo gli si formava in gola al pensiero del suo amore impossibile e proibito. “Vi vedo, sulla riva di questo fiume, che contiene anche le vostre lacrime. Voi...”.
La sua voce si spezzò, quindi smise di parlare al vento e preferì estrarre dalla tasca dei suoi pantaloni un moncone di matita dalla grafite assai morbida e un pezzo di carta che si portava sempre dietro.
Dove la voce non riusciva ad arrivare, ci riusciva la poesia.
Mi avete chiesto di stringere
Un accordo.
Mi avete chiesto di nascondere
I miei sentimenti.
Poi siete scomparso
Senza lasciare traccia,
Come un sogno che svanisce
Quando la notte esala il suo
Ultimo respiro.
Siete un illuso
Se credete che
Altrettanto facilmente
Io riesca ad allontanarvi
Dai miei pensieri.Incisi a fuoco sono infatti in me
I momenti
Che ci vedono protagonisti
Della breve storia
Che abbiamo scritto.
È una storia che non può avere
Un lieto fine,
È questo che volevate dirmi,
Sebbene io già lo sapessi?
Eppure siamo noi gli scrittori e
Abbiamo il libero arbitrio.Temo che voi non abbiate
Il coraggio di scegliere me.
È così? Preferite davvero assecondare
La belva chiamata società?Jungkook sorrise, poi piegò il foglio e lo rimise in tasca. Avrebbe aggiunto quella poesia alle altre decine di componimenti che in quelle settimane aveva dedicato a Mr. Park Jimin.
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Compromise || Jikook
Fanfiction[Completa] Dove Jungkook e Jimin vivono nell'Inghilterra di inizio Ottocento e appartengono entrambi alla classe borghese. ▻ liberamente ispirata a "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen ▻ in alcuni punti potrebbe non rispecchiare la realtà di qu...