Nei giorni seguenti Jungkook aspettò con impazienza, sebbene si sentisse alquanto ridicolo, che Mr. Park li invitasse un'altra volta a casa sua, oppure che, per caso, si incontrassero lungo una delle strade londinesi.
Tuttavia non accadde niente di tutto ciò ed egli iniziò a perdere le speranze e a credere di essersi soltanto immaginato le dolci parole dette da Mr. Park quando loro due erano a casa sua, nella stanza della musica, da soli.
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La pioggia picchiettava incessantemente sui vetri delle finestre di casa Kim. Jungkook era seduto scomposto e annoiato sul divano di uno dei numerosi salottini e, con un braccio appoggiato allo schienale, osservava il mondo esterno.
Il grigiore degli edifici dall'altro lato della strada era reso ancora più evidente dall'aria cupa e malinconica della pioggia e della nebbia, che, come un manto di tristezza, avvolgevano la capitale inglese.
Jungkook aveva sempre amato la pioggia, ma soltanto in campagna: in città, infatti, essa aveva un carattere totalmente diverso. Lì le lacrime del cielo non erano vitali, bensì spente e intrise di malinconia.
Jungkook odiava la pioggia londinese, ma in fondo le era anche grato, poiché bloccava gli abitanti in casa e concedeva loro di prendersi una pausa dal soffocante ritmo di vita borghese.
La porta si spalancò di colpo e la mamma di Jungkook entrò nella stanza, accompagnata dai fruscii delle sue vesti.
“Jungkook, che cosa ci fai lì a deprimerti? Mr. Kim ha appena proposto di trovarci tutti nel salotto del piano di sotto per giocare una bella partita a carte”.
“Io odio il gioco delle carte, madre, e voi lo sapete benissimo” si lamentò il ragazzo, tornando a osservare le sinuose strisce d'acqua che accarezzavano il freddo vetro della finestra.
“Non dire sciocchezze! Che ti piaccia o meno, adesso devi venire nell'altra stanza e acconsentire a fare una partita insieme a noi. Non essere maleducato, Jungkook!” lo rimproverò la donna, camminando su e giù per il salotto e rivolgendo di tanto in tanto un'occhiata di fuoco al figlio ribelle.
Jungkook non rispose, ma dopo poco si alzò di scatto dal divano e si precipitò verso la porta, lasciando sua madre con la bocca aperta e gli occhi sbarrati per lo stupore, a causa di quello scatto repentino.
Jungkook era semplicemente stufo di dovere sempre assecondare gli altri e farsi andare bene le stupide convenzioni sociali. Se a tutti piaceva giocare a carte, ma a lui no, perché era costretto a ignorare il suo stesso volere? Perché non poteva dedicarsi a ciò che preferiva? Perché non era libero di osservare la pioggia?
Queste erano soltanto alcune delle innumerevoli domande che Jungkook si poneva ogni giorno e a cui non riusciva quasi mai a dare una risposta.
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“Ho vinto!” esclamò Seokjin, gettando sul tavolo le poche carte da gioco che gli erano rimaste in mano e sfoderando un sorriso smagliante.
Gli altri giocatori controllarono che dicesse il vero, poi si lasciarono sfuggire versi di protesta.
“Non è giusto! Siete sempre così fortunato, Mr. Kim” si lamentò Mrs. Jeon, con la bocca piegata in una smorfia.
“Non è fortuna, è semplicemente tanta pratica” spiegò il corvino. Dopodiché si appoggiò allo schienale e osservò serenamente le persone che aveva sconfitto.
Anche Jungkook mise le sue carte sul tavolo, quindi si alzò senza dire una parola e andò a sedersi su un divanetto che si trovava contro una delle pareti del piccolo soggiorno in cui si trovavano in quel momento le due famiglie amiche.
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Compromise || Jikook
Fanfic[Completa] Dove Jungkook e Jimin vivono nell'Inghilterra di inizio Ottocento e appartengono entrambi alla classe borghese. ▻ liberamente ispirata a "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen ▻ in alcuni punti potrebbe non rispecchiare la realtà di qu...