Prima di lui

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MILA

La luce dei lampioni rimbalza sulla superficie del fiume, un punto luminoso dopo l'altro emerge una costellazione subacquea, cerco di contare quelle stelle al rovescio ma non ci riesco. I tacchi si infilano dentro ogni fessura, non ho la pazienza neppure per muovermi come vorrei. Ponte Vecchio si srotola sotto il rumore dei passi, rivedo mio padre, il suo sigaro che disegnava spirali, accanto a lui mia madre, la borsa a tracolla, la macchina fotografica chiusa in una mano. Camminavano vicini senza toccarsi mai.
Trovo il riflesso della mia immagine dentro una vetrina, i capelli sono in ordine, la frangia è composta, i jeans strappati, la giacca chiusa con un nodo sotto il seno. Il luccichio degli occhi si perde nella cavità di una gioielleria e avverto un'altra volta, forte come non mai, l'inversione del sangue che inizia a scorrere al contrario e mi fa sbilanciare in avanti.
Il pensiero di Marco mi ostacola. La sua faccia così bella è un misto di superbia e tranquillità. I capelli chiari gli entrano negli occhi quando mi bacia, la lingua invadente mi toglie di bocca le parole; il fiato si spinge giù fino all'ombelico e poi scompare. Gli angoli dell'ufficio generano ombre e al centro di quell'oscurità sfumo in sacrificio. Si abbassa di poco i pantaloni, non si lascia guardare, mi gira di spalle e si aggrappa ai fianchi con entrambe le mani. Se ne sta lì, alto, magrissimo, ride con solennità; abita un territorio meraviglioso che lo rende inattaccabile. Certe volte avverto l'impressione, profonda e terribile, di poterlo confondere, mi sembra che sia lui a dipendere da me e non viceversa, perché come scopro distanze, come inizio a prendere forza, a sfruttare le mie capacità in totale autonomia i suoi confini si allargano e invadono un'altra volta lo spazio che mi ero guadagnata. È così che in un attimo me lo ritrovo addosso, dietro una porta socchiusa, sopra gli scatoloni dell'archivio, e allora ci provo tutte le volte, lo invito a farsi carico della mia soddisfazione, persino di un'idea di amore ma, mentre accolgo il suo peso, le richieste mi muoiono in gola. Ci sono giorni in cui vorrei ribellarmi ma non riesco a sciogliere la presa e il contesto lavorativo che ci unisce rende tutto più difficile. Il ricordo del suo viso è sempre disposto a rifiorire, nonostante tutto.
Due ore fa ho rintracciato il suo profilo in strada: le spalle magre, la giacca dal taglio sartoriale, l'orecchio sottile. Tutto mi parlava di lui, tranne la donna che gli camminava accanto: capelli ricci, sorriso invadente. Con una mano le accarezzava la fronte, con l'altra teneva saldo il gomito. L'aria attorno a me era intrisa del suo profumo, i miei vestiti parlavano di lui con ostinazione.
Sono corsa a casa con un senso di perdita disgustosa a castigarmi i pensieri.
Determinata alla fuga ho infilato un paio di pantaloni, sostituito la camicia con un top leggero e riguadagnato la strada. Sono bravissima a scappare, a dimenticare la Mila che ubbidisce, quella che sbaglia sapendo di sbagliare. Gli Staind in concerto sono un'ottima motivazione per far fronte alla solitudine. Un unplugged di questo genere è qualcosa di irripetibile. L'entrata brulica di persone, la luce dei neon mi confonde gli occhi. Il corridoio è una gola che manda giù bocconi di gente, tutti sgranano maledizioni, tutti cercano un modo per avanzare di un passo. Supero due ragazze dalla pelle diafana, incollate al muro, l'aria disinteressata, le braccia vicine. Sopra le loro teste l'occhio di una telecamera si muove come un missile pronto ad essere sganciato. Troppi dettagli, troppe facce, è un luogo claustrofobico. Fendo l'aria con un calcio. I piedi spingono in avanti, superano le indecisioni. Sento le chitarre che incrociano gli accordi, il cuore pompa più lentamente. Sara è già seduta, dietro di lei c'è un ragazzo biondo dalla bocca carnosa, piena di denti. Si parlano, gli occhi parcheggiati dentro la mia scia. Il locale è spazioso, le luci rendono tutto più suggestivo. Non so come abbia fatto ad avere i biglietti, il mio l'ho trovato sul tavolo della cucina. Solo lei riesce a fare certe cose. La guardo da lontano, mi sorride, le sorrido. Sono dentro.

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