MILA
La cena si è conclusa con un brindisi lunghissimo. Ho evitato il vino, ma in certi momenti avrei voluto morirci dentro. Sento mia madre che si aggira tra gli ospiti e si ostina a giustificare l'assenza di un accompagnatore al mio fianco. Più mi affido al fastidio, più ostento indifferenza. Una mano mi sfiora la spalla, mentre tutti si alzano per raggiungere la sala principale, qualcuno mi mormora sulla pelle. Sostenuto dal nero di un abito che gli calza a pennello mio padre sembra ancora più imponente. Gli afferro una mano e la stringo come se gli chiedessi aiuto, come se le mie dita, accucciate dentro quel palmo così ospitale potessero urlare al posto mio. Accenna un sorriso, se ne è accorto che da qualche parte il dolore ha aperto una crepa. Prova a farmi qualche domanda, tergiverso, muovo un sorriso imbarazzato sopra passi furiosi, mi dirigo verso la sala dove sono spariti tutti. Non mollo la presa, voglio che un uomo resti con me. È sotto l'architrave di legno che la musica ci viene incontro cancellando ogni possibile ulteriore dialogo ed è la salvezza.
Una piccola band di cinque elementi senza personalità suona brani fin troppo famosi.
«Posso pensarci io a farti girare la testa?».
Avverto la stretta della mano che mi lascia indolenzita, ritrovo gli occhi che interrogano il vuoto, il sorriso incorniciato da una chiara peluria.
«Te ne sarei infinitamente grata».
Mi accompagna in mezzo alla sala, in pochi volteggi ha già preso possesso della scena, ha cancellato ogni affanno e risollevato visibilmente il mio umore. Rido con lui tra i movimenti maldestri dei piedi e il mio completo affidarmi alla forza delle sue braccia. Era il gioco con cui mi stanava, anche allora mi guidava così, io gli salivo sulle scarpe e lui manovrava i passi di entrambi. Mi sento leggera, la lunga gonna del vestito non mi ostacola affatto e la sua mano aperta che preme sulla schiena dirige magistralmente ogni gesto.
«Scusa Mila, ma stasera quest'uomo è tutto mio!».
Con mia madre il possessivo si scompone. Urla come se dovesse farsi sentire da tutti e risucchia la presa del marito scansandomi bruscamente. Iniziano a ballare sulle note di una Ella Fitzgerald dalla voce poco convincente. Mi allontano rapida, appoggio i palmi al vetro di una finestra e guardo giù, il cortile è stipato di macchine, una lunga distesa di luci attraversa il parco e si insinua verso il bosco. Mi volto di nuovo verso la sala, mia madre gioisce, cerca gli occhi del pubblico, la conferma della sua infinita meraviglia. Gli uomini sono assiepati attorno ai vini, le rispettive compagne si muovono in gruppo smistando dettagli. Il lampadario manda bagliori, il frastuono copre l'assedio delle parole che mi ostino a non voler sentire, tutto è in movimento tranne il cuore che sembra essersi atrofizzato. Una donnina minuta dalle braccia affusolate balza in piedi, seguo quell'impeto in cerca di una motivazione, si tocca nervosamente i capelli, qualcuna la imita spingendosi in avanti di qualche passo. È alla porta che il branco dirige occhiate febbrili. Mi volto e la gola sbarra ogni accesso, le labbra si schiudono appena ma l'aria non entra, il respiro sospende ogni attività.
Dominique è fermo sulla soglia, mi guarda. Certo della mia attenzione allaccia la giacca dello smoking e, un attimo prima di spostarsi, attinge di nuovo allo stupore della mia espressione. È in cerca di una conferma, vorrei mostrarmi ostile, aggressiva, mandarlo via e invece resto ferma, incastrata tra la crudeltà dei miei sentimenti e l'arroganza della sua bellezza sfacciata. I capelli sono pettinati all'indietro, l'accenno di barba maschera appena il sorriso che spande ovunque, ho migliaia di parole compresse nella testa e nessuna è realmente spendibile. Mi aggrappo a quegli occhi bui, li cerco e mi concentro, voglio stanare tutte le emozioni che non sono mai riuscita a decifrare, voglio capire perché mi guarda, perché ride, perché si sente ancora così dannatamente sicuro di potermi avere indietro. In pochi passi è davanti a me, indugia un secondo e poi mi porge la mano cercando di non perdere la fermezza dello sguardo.
«Sono uno stronzo».
Penso che non è quello che voglio, che siamo sempre allo stesso punto, che non è così che dovrebbe funzionare ma che invece tra noi due funziona esattamente così e che non ci posso proprio fare nulla. Neppure il dolore che mi accende addosso sembra bastare a tenermi lontana. Appoggio la mano al centro della sua e mi lascio guidare verso la pista da ballo abbassando gli occhi per non incrociare quelli dei miei genitori. Non so perché lo sto facendo, qualcosa dentro urla, prova a farmi inciampare, ma la determinazione del mio cuore supera di gran lunga la volontà di tornare indietro. La musica cambia ritmo e il cantante si avventura dentro una perfetta imitazione di Stevie Wonder. Dominique si lascia sfuggire una risata sonora, poi si volta in fretta e mi spinge in avanti costringendomi a volteggiare tra le sue braccia. Imita gesti da ballerino esperto e li carica di enfasi senza perdere mai il sorriso. Lo assecondo, accantono insicurezze, frustrazioni, è così bello che fatico a crederlo reale.
STAI LEGGENDO
OUTSIDE
RomanceOutside è il primo episodio della serie "Side of Love". Mila, giovane avvocato di Firenze, lavora presso lo Studio Bollani-Innocenti e vive una travagliata relazione con uno degli avvocati dello studio. A un concerto degli Staind incontra Dominique...