DOMINIQUE
I cuscini la risucchiano mentre sul viso si muove un'espressione che non sembra di piacere, ma piuttosto di attenzione. Ricambio la stretta visiva come se da un momento all'altro dovessi trattenerla per non svanire. Per qualche secondo non parliamo, cerca un varco tra le lenzuola, si solleva di poco, mi sfiora la guancia col naso e poi si lascia nuovamente cadere all'indietro.
«Credo che potrei chiamare un medico se solo ne avessi le forze».
«Ieri stavi benissimo».
«Ieri non era oggi».
«E, sentiamo, quali cure potrebbe offrirti un medico che io non sia già in grado di darti?».
Si solleva sui gomiti, i capelli scivolano ovunque.
«Per prima cosa ti ordinerebbe di non toccarmi per almeno ventiquattro ore».
Affondo con le dita dentro la carne e la spingo dentro la sua metà di letto, privandola di ogni contatto.
«Così va meglio?».
Ride e si avvicina di nuovo.
«Prendi tutto sempre troppo alla lettera. Dovresti ascoltarmi con più attenzione».
«Quella che dovrebbe prestare più attenzione a quello che fa sei tu, non io».
Si gira a pancia in giù, arrossisce.
«E infatti le ho guardate con molta attenzione le ragazze che avevi attorno ieri sera e mi sei parso anche piuttosto disinibito. È così che fai di solito?».
Si fa improvvisamente seria, sposta una ciocca di capelli dagli occhi e si volta verso la finestra.
«A fare cosa?».
«Ad avvicinarti. Fai come ieri sera? Come hai fatto con loro... come hai fatto con me».
«E tu come ti comporti, invece? Fammi capire. Sculetti sulle mani dei maschi per passatempo o sei veramente così sbadata?».
«Io non lo volevo...».
«Io invece lo volevo».
«Volevi cosa?».
«Vedere come reagivi».
«E cosa hai visto?».
«Dimmelo tu, Mila».
Si solleva svelta e cade in ginocchio al centro del letto. Le lenzuola la chiudono dentro un cerchio stretto.
«Frustrazione», fa una pausa e respira più profondamente mentre si passa una mano sugli occhi. Le afferro il viso e le passo un dito sulle labbra. Un sospiro le scivola fuori mentre mi sfiora il polpastrello con la lingua.
«Quindi oggi niente gita in barca?», glielo soffio sulla bocca.
Sgrana gli occhi carica, acconsente al mio cambio di argomento con un sorriso.
«Quale barca?».
«A dire il vero è un banalissimo motoscafo ed è ormeggiato giù al porto, ci aspetta da circa un'ora. Però se sei stanca disdico».
Mi alzo, raccolgo i pantaloni e prendo l'Iphone dalla tasca. Le sue mani mi raggiungono prima delle parole.
«Due minuti e andiamo!».
Scompare in bagno, rintraccio il suo vestito a terra, le orme che i nostri corpi hanno seminato ovunque. Anche nel sogno io e Mila eravamo vicini, dentro una casa, ci scambiavamo occhi, carne, cuore e, per la prima volta, non avvertivo nessuna punta di paura, le nostre parti umane che si scioglievano l'una dentro l'altra sembravano un fatto naturale, persino indispensabile.
La sofferenza è una parte del piacere.
Lo diceva mio padre, forse aveva ragione, forse non sapeva neppure di cosa stesse parlando. Era un esperto nel mescolare le carte in tavola. Infilo i pantaloni e la vedo uscire dal bagno. Indossa un costume bianco che non lascia spazio all'immaginazione. Sbuffo malamente, lei allora si avvicina e mi tira per la maglia.
«Se ti dà così fastidio lo tolgo».
Dice una cosa e poi ne fa un'altra, ecco chi è Mila. Si fa scivolare addosso la mia camicia bianca, l'abbottona velocemente, afferra il panama dal tavolo e mi guarda sorridendo.
«Così mascherata vado bene?».
Calza i sandali in fretta, neppure mi guarda mentre esce dalla stanza.
Non incontriamo nessuno lungo tutto il sentiero. Il mare manda segnali, qualche urlo di bambino, qualche voce lontana che si inasprisce più ci avviciniamo al porto.
Il motoscafo è ormeggiato a pochi metri dall'accesso al residence. Mila è ferma sul molo, stringe la borsa con una mano, fissa il gigante che le galleggia davanti agli occhi. L'aiuto a salire, si siede inquieta. Mi avvicino, le sfioro una spalla.
«Tutto bene?».
Si toglie gli occhiali da sole e mi guarda. Ha un'espressione nuova, occhi che ancora non riesco a decifrare, sembra spaventata.
«Sì» sussurra appena.
Le carezzo una guancia.
«Mettiti comoda».
Mi fissa di nuovo senza sorridere.
«Guidi tu?».
«Sì».
Si alza, cerca un posto dentro cui rintanarsi, si sfila la camicia. Poi fa questo gesto, un po' infantile, di portarsi le ginocchia al petto, di abbracciarle e i muscoli della schiena si tendono. Vista da dietro, così, dentro quella curva umana sembra una bambina che chiude gli occhi per difendersi dalla paura. Il sole rimbalza sulla sua pelle come una cascata di biglie colorate, il mare se le inghiotte tutte e il vuoto torna ad aprirsi un varco tra noi.
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OUTSIDE
RomanceOutside è il primo episodio della serie "Side of Love". Mila, giovane avvocato di Firenze, lavora presso lo Studio Bollani-Innocenti e vive una travagliata relazione con uno degli avvocati dello studio. A un concerto degli Staind incontra Dominique...