MILA
La scrivania è spoglia, la fisso come se la riconoscessi appena. Sono disattenta in ogni gesto, tutto quello che prima facevo con precisione sembra essersi scomposto in mille pezzi. Non so cosa voglio fare, dubito persino di sapere chi sono. Provo a legarmi i capelli, ma mi sfuggono di mano, allora ci rinuncio, mollo la presa. Abbasso gli occhi, il vestito è macchiato, mi fisso le braccia, il dorso delle mani, sembra si sia sgualcita persino la pelle. Questa non sono io e la nuova immagine che mi precede affonda nel riflesso del vetro come una macchia sfuocata, non so neppure perché sono venuta qui.
La porta si apre e sposto l'aria con le mani, senza neppure rendermene conto balzo in piedi. Il corpo irrigidito, i fianchi appuntati alla scrivania. Bollani mi guarda con un nuova incertezza negli occhi, è entrato senza bussare e adesso ha l'aria insolitamente imbarazzata.
«Mila, stai bene?».
Provo a sorridere ma non ci riesco, mi esce dalle labbra una smorfia che preferisco mascherare e allora torno a sedermi, mi riavvio i capelli con le mani, lo guardo ma subito torno ad abbassare lo sguardo. È inutile perseverare nelle menzogne.
«Veramente, no... credo di no».
«Ti faccio accompagnare a casa?».
«Resto un attimo e poi vado. Mi scuso se...».
«Non ti scusare. Sono giorni di gran caos e l'afa di certo non aiuta. Vai pure».
Intercetto i fogli che stringe tra le dita, mi lascio sollecitare dalla curiosità di capire, dalla necessità di concentrarmi su qualcosa.
«Aveva bisogno di me?».
«Volevo solo mostrarti questo».
Mi porge un plico, me lo appoggia tra le mani e ne scorro in fretta il contenuto.
«È un verbale, Mila. Il consiglio di amministrazione della Giglio si è riunito più di un anno fa e questo particolare è emerso solo ora. Non è affatto un dettaglio da sottovalutare. Rossella Pratesi ha firmato tutto, era presente, la sua posizione cambia notevolmente». Balzo con gli occhi dentro ogni passaggio e inizio a comprendere le ragioni del suo tono risoluto e, per certi versi, preoccupato. Dentro un unico foglio si elencano con precisione i fatti e la cosa che più mi tormenta è che si tratta di un documento che non ho mai visto prima.
«Ma è impossibile, la madre di Dominique non torna in Italia da anni».
Appoggia le mani al tavolo e mi guarda.
«E tu come fai a saperlo?».
Non posso farmi carico di nessuna certezza personale e soprattutto non posso far trasparire una confidenza che non dovrei avere.
«Lo ha specificato il signor Gibrain durante una riunione, ma forse mi confondo» prendo fiato e cerco di essere più incisiva. «Resta il fatto che questo verbale non c'era quando ho prelevato i documenti in azienda».
«Impossibile. Marco ha controllato tutto quello che hai portato in studio e il verbale come vedi c'è, porta le firme di tutti. Può esserti sfuggito, non ci vedo niente di male».
Mi sfrego la pelle del viso con entrambe le mani, provo a sedermi composta, afferro la bottiglia d'acqua e ne bevo un sorso, ma mi va di trasverso e inizio a tossire.
«Ascolta, vai a casa. Non credo sia indispensabile parlarne ora».
«Questo verbale fa la differenza?».
«Mi stupisce la tua domanda. Dal documento si deduce chiaramente che è stata Rossella Pratesi a proporre la Parker come azienda da inserire nel gruppo. Dobbiamo programmare un altro iter di lavoro».
Provo a staccarmi di dosso l'angoscia, ma non riesco a trattenere la preoccupazione, il fastidio.
«Ti faccio chiamare un taxi?».
«No, grazie. Passa a prendermi un'amica».
Esce dall'ufficio senza aggiungere altro, mi guardo le mani e non riesco a trattenere il tremore. Sono chiaramente confusa e ha ragione Bollani, non posso avere la certezza di ricordare tutto. Quando sono andata alla Giglio c'era Dominique e le mie attenzioni erano tutte per lui, non ero sufficientemente concentrata e una volta arrivata in ufficio ho riguardato tutto e se è vero che un documento di quel tipo lo avrei sicuramente notato è anche vero che sono settimane in cui non sono lucida. Devo ingoiare l'ennesima delusione, ho mancato un altro passo, ho lasciato a Marco la possibilità di stabilire il punto vincente. Appoggio la fronte ai palmi delle mani. La pelle del viso mi brucia, forse ho la febbre. Ho troppi pensieri da smaltire, mi manca un pasto completo e qualche ora di sonno.
La porta si apre e Sara compare oltre la soglia. Sospiro pesantemente e mi spingo indietro con la sedia. Indaga con lo sguardo lungo tutta la stanza, come se si aspettasse di trovarci qualcuno, e poi mi porge un sacchetto di carta e una lattina di Coca-Cola.
«Mangia».
I suoi occhi mi guidano verso ogni gesto, è attenta, persino preoccupata. Prendo il sacchetto e sfilo il panino ancora caldo mentre, altrettanto rapidamente, le sue dita strappano la linguetta della lattina.
«Sono entrata come un ladro. Fortunatamente Carlotta non è lugubre come il resto del piano».
Mando giù il primo boccone senza sentirne il sapore.
«Puoi venire quando vuoi, lo sai».
«Certo, ma oggi non mi andava di incontrare quel grandissimo stronzo del tuo amico».
«Non è mio amico e comunque oggi non l'ho visto».
«E non lo vedrai».
Afferra il tagliacarte e lo punta verso la porta, lo agita in aria più volte e ride.
«Uno per tutti, tutti per uno!».
Seguo questa sua improvvisa ilarità e cerco di farmi coinvolgere, in parte già mi sento sollevata, ma mai del tutto distante dal pensiero assillante di Dominique. Si volta e mi guarda come se avvertisse i miei pensieri.
«Hai parlato col bell'emiro?».
Annuisco appena, appoggio le labbra alla lattina e bevo lentamente cercando di rimandare indietro il nodo che mi preme in gola.
«L'ho visto ma non mi vuole parlare».
Ho una strana calma addosso, una sorta di resa che mi rende inaspettatamente tranquilla. Sara mi fissa incredula, poi butta indietro la testa.
«Gli passerà, vedrai».
«Era con un'altra».
Stringe le palpebre, sbuffa.
«No, non voglio sentire altro. Dai! Alzati! Usciamo da qui e andiamo a prendere aria, questo posto mi inquieta».
La sua mano mi afferra trascinandomi di corsa verso l'ascensore. Una volta dentro si infila gli occhiali da sole, poi mi guarda, fa un gesto nervoso con le mani, se li toglie di dosso e me li porge nervosamente.
«Mettili tu. Ne hai più bisogno di me. Sei inguardabile».
«E tu sei di conforto, grazie».
«In questi giorni ti ho lasciata andare per la tua strada e guarda come ti sei ridotta. Adesso andiamo a cercare un vestito in grado di dare forma a queste piccolissime tette e poi ti porto fuori a cena. E domani sei roba mia, eh! Non si scherza, perché domani è domani...». Alza un sopracciglio, sembra in attesa di un cenno di assenso che però non arriva.
«Ti ho proprio persa, stellina mia».
La guardo per qualche secondo, incerta sul da farsi e poi realizzo che domani è il suo compleanno e che non avevo minimamente preso in considerazione la cosa. Mi aggrappo ai capelli con entrambe le mani e scuoto la testa infastidita.
«Sono una persona orribile. In questi giorni mi sono completamente dimenticata di tutti. Ti ho sommersa con i miei inutili problemi e non ti ho chiesto niente. Sono io la vera stronza! Io! Non Marco...».
Scoppia a ridere e mi accarezza la schiena.
«Non esagerare, adesso... sì, sei brutta e cattiva, ma non mi importa. Domani sera si spacca! Usciamo con la compagnia teatrale. Sono tutti gay, ma poco importa. Forse è meglio se te ne stai un po' al largo dalle tentazioni».
Riprendiamo a camminare. Finalmente inizio a liberarmi dal senso di disagio che mi opprime, finalmente scivolo dentro il mio cosmo di rettitudine, ordine e buone maniere. Finalmente sono di nuovo al sicuro.
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OUTSIDE
RomanceOutside è il primo episodio della serie "Side of Love". Mila, giovane avvocato di Firenze, lavora presso lo Studio Bollani-Innocenti e vive una travagliata relazione con uno degli avvocati dello studio. A un concerto degli Staind incontra Dominique...