Capitolo 47: Fa freddo fuori

695 33 9
                                    

Ogni giorno la stessa routine per tutti, ti alzi, fai colazione con i compagni che hanno i tuoi stessi orari, vai a lezione, torni per pranzare e, con l'avvento del serale, torni immediatamente a provare per la paura di perdere tempo fino a che non sei costretto a rientrare in casetta a causa del buoi, per poi cenare, pulire, fare giusto due chiacchere per non sentirti solo e andare a dormire. per poi riiniziare da capo il giorno dopo. 

Era così per tutti tranne che per lui: Mattia.

Non mi sono mai davvero soffermata a pensare a quanto sia doloroso per lui, che per via del suo infortunio non si poteva muovere troppo ma bensì doveva riposare il più possibile, vedere tutti i suoi compagni a intraprendere quella routine ormai per noi divenuta "monotonia". Come ci si sente a vedere i tuoi compagno che stanno vivendo il loro, e anche il tuo, sogno, senza che tu però possa farne parte? Fin dove arriva la mente con i pensieri quando non si ha nulla di meglio da fare che stare su un divano nell'attesa di una bella notizia da parte del medico, o del tuo insegnante? 

Andai in camera per posare la mia borsa di danza con all'interno tutti i cambi, ricaricai l'Mp3 con i brani che mi sarebbero serviti per le coreografie di domani, mi avvicinai allo specchio per capire se potevo resistere un altro turno o se avevo bisogno di una doccia in modo immediato: presentabile, pensai aggiustandomi la coda ormai distrutta da i giri alla seconda. 

Quando raggiunsi la cucina provai un po' di tristezza nel vedere tutti i ragazzi riuniti al tavolino, chi parlava, chi giocava a "UNO" e chi semplicemente si godeva il relax. Fin qui tutto bene, se non fosse per Mattia, seduto sul divano lì di fianco, senza attenzioni, muso lungo e sguardo basso verso i cuscini. Non do colpe ai miei compagni per questo loro comportamento, fino a poco fa probabilmente nemmeno io gli avrei dato attenzioni. Qua dentro siamo tutti presi dal frenetico delle prove e dell'arrivo del serale, per cui, chi contrariamente a noi, non aveva certi ritmi nella quotidianità, veniva escluso in modo involontario dalla nostra mente. Con ciò non voglio dire che Mattia, o chiunque altro stesse vivendo una situazione di stop lavorativo, sia completamente escluso dalla quotidianità della casetta, ne è solamente meno incluso poiché non partecipe alla nostra "normalità". 

Salutai con lo sguardo Francesco e Serena seduti al tavolo e andai verso il divano dove stava Mattia. 

«Ciao» dissi sedendomi vicino a lui. 

«Ciao» mi rispose con un sorriso abbastanza forzato. 

«Come va?» gli chiesi mentre appoggiavo la mia testa al palmo della mia mano. 

«Insomma» rispose abbassando lo sguardo verso la sua fasciatura. 

«Andrà bene» 

«Non lo so Ilaria, io ho paura, sono qua da troppo tempo, rischio davvero di andarmene» commentò lui. 

Mi avvicinai di più a lui per abbracciarlo. 

«Sei forte Mattia» dissi a bassa voce. 

Riuscii a capire che stava piangendo, anche se cercava di trattenere le lacrime e non darlo a vedere, aveva veramente paura. 

Gli asciugai una lacrima con il palmo della mano, mentre cercavo di rassicurarlo, forse invano. Non sarei la prima a cercare di farlo, con frasi fatte che dovrebbero sembrare rassicuranti ma che in realtà sembrano più finte di quanto non siano davvero. Anche io avevo paura, avevo paura che dovesse andarsene, avevo paura che non sarei riuscita ad andare avanti, avevo paura che il danno fosse quasi irrimediabile, e soprattutto avevo paura di sentirmi inutile per lui, in un momento di bisogno come questo. 

«E se me ne vado?» chiese di punto in bianco. 

«Non te ne vai»

«Ma, se me ne dovessi andare?» 

«Non lo permetterò» dissi. 

«Non  voglio che la mia esperienza finisca, non ho deciso io di farmi male, non voglio andarmene così presto, almeno il serale lo volevo provare, non saprò mai se me lo merito» spiegò in preda all'ansia e la paura. 

«Mattia» esordii cercando di trovare le parole giuste «tu sei bravo» continuai. 

«Non conta nulla» commentò lui interrompendomi. 

«Fammi finire» lo fermai. 

«Tu sei bravo, molto, sei un ballerino e soprattutto un latinista molto valido, se mai dovessi uscire avresti opportunità fuori, ovviamente dopo la tua riabilitazione e tutto il periodo necessario per riprendere al meglio. Sei anche molto forte e, non avrei mai pensato di dirlo, intelligente - a queste parole gli accarezzai la sua guancia sinistra - non sprecare questi, forse, ultimi giorni in paranoie, goditi tutto quello che ti puoi godere. Sarò onesta, l'opzione che tu te ne vada c'è, ma non prendiamola in causa quando non serve, ora sei qui e qui rimani» conclusi. 

«Io non capisco perché» disse. 

Rimasi in silenzio ma con un volto confuso che parlava per me. 

«Perché mi dici questo, perché mi stai vicina dopo tutte le volte in cui ti ho trattata male o ti ho presa in giro» spiegò. 

Sorrisi al suo dubbio. 

«Perché sei mio amico» dissi «e ti voglio bene»

«Non me lo merito» commentò lui. 

«Oh andiamo, ti ho trattato peggio io» gli risposi. 

«Ma infatti nemmeno tu meriteresti questo trattamento da me» 

Gli feci un sorriso e poi mi alzai dal divano. 

«Non ti sarai mica offesa?» mi chiese lui in lontananza. 

«Aspetta un attimo» gli urlai ormai in camera mia. 

Cercai i tutti i cassetti, comodino, comò, bagno, poi la trovai. La presi e tornai in salotto. 

«Quanto tempo è che non esci in giardino?» gli chiesi. 

«Boh non so, tre settimane forse» rispose lui. 

«Tieni metti questa» gli dissi porgendogli una sciarpa. 

«Questa?» chiese confuso. 

«Fuori fa freddo, non come qua dentro» gli risposi. 

«Ma io non voglio andare fuori» si lamentò. 

«E a me non interessa cosa vuoi e cosa no, andiamo» gli dissi prendendo le sue stampelle. 

Lo aiutai ad alzarsi dal divano e raggiungemmo la porta. 

«Che fai Matti? Esci?» chiese Christian che stava passando di lì per andare a lezione. 

«Tutta colpa di Ilaria» rispose lui al suo amico. 

I due si salutarono ed io e Matti ci sedemmo su una panchina. 

«Mi prometti una cosa?» chiese prendendomi la mano. 

«Dimmi» gli risposi. 

«Se dovessi uscire»

Cercai di fermarlo, avevamo deciso di non parlarne. 

«Per favore è importante» mi disse. 

«Se dovessi uscire, prometti che ti prenderai cura di Christian?» 

«Va bene» gli risposi sorridendo. 

«Grazie» mimò con le labbra. 

Successivamente alzò lo sguardo al cielo per poi tornare su di me. 

«Avevi ragione, fa freddo fuori»

Più che semplice amicizia || Christian Stefanelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora