Capitolo 49: Ferma

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Ilaria’s pov

Ero a pezzi. Il serale era sempre più vicino, alcuni miei compagni avevano già conquistato la maglia, io no. Ferma sempre un passo indietro a tutti. Sempre seconda nella classifiche, anche in quelle del mio stile.

Ferita nel profondo dalla lontananza di Mattia, ma non ferita abbastanza da poterlo mostrare in pubblico: chi ero io per soffrire di fronte a chi ha subito maggior sofferenza di me?

Le parole non erano mai giuste, vedevo accanto a me volti feriti, segnati dal dolore, ero impotente e non sapevo cosa dire per alleviare la tristezza.

Le persone che amavo stavano soffrendo più di me, e questo, oltre a  rendermi estremamente introversa, mi fece sentire inadeguata.

«Prenditi una pausa»

Una pausa. Sì, certo. Come se me lo potessi permettere. Come se avessi l'opportunità di fermare tutto a mio piacimento solo perchè la mia anima si è crepata profondamente.

Una pausa. Ferma, a rimuginare sui miei vecchi pensieri, sui ricordi, sui momenti, sulle frasi non dette, mentre attorno vedo persone che conquistano gli obbiettivi, che scalano le classifiche, che arrivano al serale.

E io? Lì, immobile, impassibile di fronte ai successi delle persone a cui voglio bene, mentre penso a quanto dolore dovrò ancora sopportare.

«Stavolta sono serio, Ilaria, devi fermarti, ti stai solo distruggendo»

Fermarmi. Come se non fossi ferma nello stesso punto da settimane.
A rivivere quelle due ore in loop.
A cercare di capire se mi distrugge di più la sua assenza o il dolore che essa causa a chi amo.

Chi sono io per prendermi una pausa? Non ho nemmeno pianto quel giorno. Nemmeno una lacrima, neanche un singhiozzo, niente.

Non ho diritto di lamentarmi dal momento che quel giorno non mostrai il mio dolore.

«Sto bene» classica frase che ormai ripeto a tutti.

Oh si, altroché, sto bene. Bene. Non penso di ricordare più cosa voglia dire il termine bene.

Sorrido alle persone, mostro affetto, riconoscenza, mi congratulo, ma poi? Cos'è che realmente provo? Niente.

Lo sguardo spento di chi soffre ancora oggi di quella perdita mi annulla ogni senso. L'amore che ero disposta a regalare sta mancando per me stessa. La gioia che la danza mi trasmetteva sembra non essere abbastanza. Io sembro non essere abbastanza.

Seconda. Seconda. La prossima volta. Magari. Dopo. Prima o poi. Ce la farai.

Sempre lì sono. Ferma a un punto di non ritorno, non avanzo e non indietreggio. Sono ferma.

«Posso solo immaginare come tu ti senta ma, ascoltami, devi fare qualcosa»

Ad esempio? Ballare? Lo faccio. E se non basta forse il problema non è la situazione ma sono io.

«In puntata sei stata brava»

Brava. Aggettivo che non mi sa di nulla. Viene spesso usato per cercare di non far rattristare una persona. Brava.

«Dico sul serio»

«Francesco» parlai.

Ero stanca di nascondermi.

Sebbene non avessi versato nemmeno una lacrima, sebbene fossi seconda e non ultima nelle classifiche, sebbene la mia insegnante creda in me, avevo il diritto di soffrire.

Anche se qualcuno soffriva più di me.

«Posso piangerti addosso?»

Finalmente alzai lo sguardo. Vidi di fronte a me un ragazzo, un ragazzo d'oro per la precisione.

Vidi Francesco, e non Crytical. Vidi un'anima, e non un artista. Vidi un amico, non un semplice compagno.

Mi abbracciò. Rimasi impotente di fronte all'amore che forse ancora mi meritavo.

«Sono una cattiva persona»

«Non è vero»

«Sì che è vero. Christian sta soffrendo da settimane e io non gli ho nemmeno mai parlato. Arriva sempre ultimo alle classifiche e io mi lamento di arrivare seconda. Ha perso un amico, un punto fondamentale, e io lo sto abbandonando»

«Ilaria» mi prese il viso tra le mani.

«Ognuno soffre a modo suo, e per quanto possa sembrarti ingiusto, anche tu puoi rimanere male di certe cose, nonostante tu giovi di una posizione più alta in classifica o tu pianga meno di altri, sei una persona, hai un'anima e meriti di poter soffrire in santa pace»

«Tu perchè sei mio amico?»

«I dubbi esistenziali un altro giorno magari eh» rispose dandomi un bacio sulla fronte.

«Vuoi stare da sola?» mi chiese.

«Non ha importanza»

«Per me sì, meriti di stare nella condizione che ti fa meno male, hai sempre aiutato tutti a riprendersi, ti sei presa cura del loro dolore, adesso devi prenderti cura del tuo. Che sia per Mattia, per Christian, per la danza, o per i fatti tuoi»

Rimasi in silenzio con lo sguardo fisso verso il basso.

«Allora, vuoi stare da sola?» chiese di nuovo.

«Sì grazie»

Uscì dalla sala relax e mi abbandonò tra la danza.

«Se dovessi uscire, prometti che ti prenderai cura di Christian?» 

Che cazzo sto facendo?

Più che semplice amicizia || Christian Stefanelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora