capitolo 23

1.6K 47 6
                                    

Gabriel's pov:

Mi sveglio di soprassalto.

Mi guardo attorno spaesato.
Il rumore ovattato della macchina collegata ai fili sul mio petto mi rende nervoso.

 Ho fatto un cazzo di incubo. 

Immagini sfocate che ritraevano Mister Big, il Bronx e poi lo sparo.

Poi ancora il commissariato, i pianti di mia madre e tutta la merda che ho lasciato a New York prima di arruolarmi.

Il respiro è accelerato, faccio fatica a rimanere lucido.

Cosa cazzo c'era dentro quelle pasticche?

Rachele è qui accanto a me e la sento.
La sento mentre cerca in tutti i modi di calmarmi.

Mi accarezza i capelli, le braccia.
Modella sotto il suo tocco delicato le mie spalle e mi beo di queste attenzioni almeno finché non contenta dello scarso risultato ottenuto, non usa una tattica a me famigliare.

Poggia con irruenza le labbra sulle mie.
Cercando di staccarsi subito dopo.

È timorosa.

Pensa che io non voglia questo contatto, ma non ha idea di quanto si sbaglia.

Finalmente potrò gustarmi il suo cazzo di sapore.
Finalmente potrò assaporare un po' della sua essenza.
E sento che tutto questo sarà l'inizio della mia rovina.

 Ma anche della mia rinascita.

Posiziono prima una mano sulla sua nuca, per prolungare il bacio, poi sposto l'altra sui suoi morbidi fianchi e dopo essermi messo a sedere con fatica, la sposto sulle mie gambe fino a farla mettere  a cavalcioni su di me.

"Mi devi un favore Albòdinga, voglio quelle tue morbidezze sulle mie, quindi porca troia baciami" dico spalmando le sue forme su tutto il mio corpo "e questa volta dammi un vero bacio".

La stanza è completamente buia, illuminata soltanto dalla luna.
La luce biancastra è fioca, ma mi permette lo stesso di notare le sue guance prendere un colore rossastro.

Dopo mesi di attesa posso finalmente bearmi di queste cazzo di labbra.
Le mordo e le lecco con bramosia. 

"E poi devo trovare un modo per farmi perdonare per il mio comportamento" con tono adulatorio continuo.

Cerco di crearmi un varco così da intrufolare la mia lingua all'interno di quella cavità gustosa che sa di vaniglia.
Mentre slego la sua folta chioma, così da poter stringere anche i suoi meravigliosi boccoli profumati.

Noto con una nota di nervosismo che non si è appoggiata completamente a me. 

Ha scaricato tutto il suo peso sulle sue gambe e sicuramente lo sta facendo per paura di risultare troppo pesante, ma forse è arrivato il momento che inizi a farle capire che con me questi problemi non ci devono essere. E lo farò a modo mio.

Le afferro il retro delle cosce e la spingo quanto più possibile verso di me, allargandole poi le cosce e farla appoggiare completamente a me.

"Ti voglio sul mio fottuto corpo dottoressa" le afferro il labbro inferiore con i denti.

Mi guarda disorientata ma poi presa da un impeto improvviso, la vedo muoversi sul mio bacino, aiutata dal movimento delle mie mani che la spingono sempre più a fondo.

Afferro le natiche, che sembrano fatte apposta per le mie mani e le stringo forte, fino a farla gemere.

Non è dolore ciò che prova. 

No.

È eccitazione. 

Il linguaggio del corpo parla chiaro. Una sculacciata o una palpata se data con forza controllata sprigionano solo endorfina nel corpo e ciò fa eccitare la vittima a cui è dedicata questa dolce attenzione.

-In spite of everything-  -nonostante tutto-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora