XI

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AMÉLIE

Erano pochi i volti che nella mia vita avevo desiderato ardentemente vedere.
E, quei volti che con le mie piccole mani avevo sfiorato con l'ardente voglia di conoscerne i lineamenti appartenevano a persone che in primis, a pelle, mi avevano fatto una buona impressione.
Ad esempio, Agatha, la mia badante, il cui viso era stracolmo di rughe irregolari e perennemente atteggiato in un'espressione seriosa dai lineamenti spigolosi e eccessivamente magri, quasi appuntiti.
O, il viso tondo e morbido del Signor. Brook, il giardiniere a cui erano state affidate le cure dell'immenso giardino di Villa Thompson, appartenuto in precedenza alla mia defunta madre.

Erano tutti volti che appartenevano a persone che, inevitabilmente, seppur grazie a pochi semplici gesti e accortenze, come un educato saluto e l'offerta di un biscottino, si erano guadagnati la mia voglia di essere visti, perché ai miei occhi vuoti si erano mostrati degni di possedere un posticino nel mio cuore.

Pertanto, la pretesa dell'uomo, di cui ancora non conoscevo neanche il nome ma che sarei stata obbligata a sposare, mi aveva letteralmente messa alle strette.

Non ero minimamente interessata a conoscere le fattezze del suo viso.
Non desideravo vederlo.

Il silenzio che mi intestardii a tenere rivelò apertamente la mia riluttanza nei confronti della sua ostentazione.
Tuttavia, mi imposi di non assecondare il suo assurdo volere.

Quell'uomo non era nessuno per avanzare pretese.

Trascorsero precisamente cinque lunghi minuti dal momento in cui mi aveva rivolto le sue ultime parole, poi, il mio corpo, come se avvertisse un repentino cambio d'aria, si irrigidì.

Un potentissimo manrovescio si abbatté con indicibile violenza sulla mia guancia, la quale immediatamente prese a bruciare come se fosse stata travolta da una pioggia di lava bollente.
Il mio busto venne spinto bruscamente all'indietro cozzando contro una superficie dura e i miei polmoni espirarono tutta l'aria rimanente in essi.
Quasi svenni a causa dall'improvvisa mancanza d'ossigeno.

Subitamente, trassi lunghi e veloci respiri terrorizzata dal bruciore che avvertivo in petto.

Un fiato bollente e frenetico mi sbatteva contro la fronte e il collo mi venne stretto in una delle sue grosse mani.
Allungai quest'ultimo tentando di liberarmi dalla sua stretta, ma, più mi accingevo a resistere contro la sua forza più la morsa si faceva vigorosa.

Piagnucolai nel mentre imposi ai miei muscoli di rilassarsi e non opporre più resistenza al tocco di lui.

Quando mi rannicchiai sommessamente contro la superficie alle mie spalle inclinando il capo verso l'alto, la morsa che attanagliava la mia gola si allentò quel poco che mi permise di inspirare della preziosa aria.

Mi stava fissando il viso.
Avvertivo il suo sguardo penetrarmi dentro, scrutarmi l'anima e sfiorarla con un dito.

Con uno scatto mi liberò il collo afferrando le mie mani tremanti sollevandole verso il suo viso.

Gemetti contrariata strizzando gli occhi e voltando il viso di lato terrorizzata dall'arrivo di un suo violento ceffone.

《Toccami il viso, Amélie.》sibilò minacciosamente ad un palmo dal mio viso sicuramente sbiancato dal terrore che stavo provando.

Tremai maggiormente quando scossi velocemente il capo in atto di dissenso.

Tale gesto mi costò un violento strattone ai capelli che quasi mi spezzò il collo.

Un gridolino spezzato fuoriuscì dalla mia bocca che venne immediatamente tappata da una sua mano.
D'un tratto mi fu completamente addosso.
Gli occhi mi si spalancarono spauriti e le narici mi si allargarono per far fronte alla crisi respiratoria che minacciava di colpire nuovamente i miei polmoni.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora