XXVII

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AMÉLIE

Avevo da sempre sofferto l'assenza di mio padre all'interno della mia vita.

D'altronde, lui era tutto ciò che rimaneva della mia famiglia.

Mia madre aveva dato la vita per me, Joshua aveva deliberatamente scelto di abbandonarmi, o, peggio, non aveva mai realmente scelto di...quale è il contrario di abbandonare?

Ah sì, "restare"o, "rimanere", oppure, "fermarsi".

Beh...Joshua aveva scelto di non fare nulla di tutto ciò, o, almeno aveva scelto di farlo quando era  troppo tardi.

Dunque, l'unica persona a cui spettava farlo era mio padre.
Tuttavia, lasciò che terze persone si prendessero cura della sua unica figlia.

Lo ricordavo un uomo oltremodo distaccato e freddo.
Non mi rivolgeva la parola né il suo sguardo si fissava mai su di me.

Non perché io potessi vederlo, questo era certo.

Ma, solitamente, avvertivo le occhiate di coloro che mi circondavano e, mai avevo avvertito i suoi occhi poggiarsi sulla mia figura.
Anzi, solitamente percepivo i suoi passi precipitarsi lontano da me ogni qualvolta facevo il mio ingresso in un'ala della villa.

Raramente pranzavamo o cenavamo assieme e, ogni serata si concludeva con una piccola Amélie in lacrime.

《Gli ricordi troppo tua madre, tesoro.》affermava Agatha tentando di consolarmi quando notava quanto la noncuranza di mio padre nei miei confronti mi ferisse a livelli inimmaginabili.

A conferma di ciò fu l'episodio in cui mio padre mi bruciò con l'accendisigari.

Pensai che fu quello il momento in cui iniziai a precipitare realmente nella solitudine, in cui compresi di non potermi fidare neanche di colui nelle cui vene scorreva il mio stesso sangue.

La stessa voglia che avevo sulla spalla, l'aveva anche mia madre e, fino a quel giorno Scott Thompson non aveva mai soffermato i suoi occhi sulla mia figura con abbastanza attenzione da venire a conoscenza della presenza di quest'ultima.

Quando la notò, io indossavo una semplice maglietta che lasciava la mia spalla scoperta.
Sedevo sulla sedia accanto a lui, che sedeva a capotavola.

Era Natale e io stavo ansiosamente aspettando il via libera di Agatha per lo scarto dei regali, l'unico lieto evento che Scott Thompson permetteva che si festeggiasse a Villa Thompson.

Purtroppo, però, quel giorno mio padre impazzí totalmente, rovinando quell'unica gioia che attendevo pazientemente e, che avveniva un solo giorno all'anno.

Spinse l'accendisigari che stava rigirandosi tra le mani sulla mia pelle con tutta la furia, la rabbia, l'ira che dalla morte di mia madre gli stava dilaniando il corpo e che arrivò ad annebbiargli completamente la mente, divenendo succube di essa.

Mio padre mi bruciò ed io, non opposi resistenza alla sua violenza, al suo improvviso scatto d'ira.
Proprio come un agnellino che si arrendeva e accettava d'esser sbranato dal grosso lupo cattivo.

Era la prima volta che mio padre mi guardava, la prima volta in cui mi toccava.

Non fu piacevole, ma, almeno compresi perché non avesse mai soffermato il suo sguardo su di me e cioè, che non solo gli ricordavo troppo mia madre, ma, anche che il motivo per il quale ella non esisteva più ero io.

Da quel giorno, la sempre potente presenza del grande Scott Thompson in Villa Thompson la percepii sempre meno, finché quest'ultimo non decise di togliersi la vita.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora