XIII

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NARRATORE ESTERNO

Joshua girò le spalle alla vista dell'auto in cui Zain aveva bruscamente spinto il corpicino di Amélie, la quale era sfrecciata verso la sua nuova casa divenendo sempre più piccola per poi scomparire all'angolo della strada.

Con le mani strette a pugni all'interno delle tasche del comodo jeans che aveva indossato poco prima di essersi accertato delle condizioni in cui era stato lasciato corpicino di Amélie scoprendolo dalle lenzuola, si diresse all'interno della sua accogliente ed elegante villa non prima di aver scoccato un'ultima veloce occhiata al cielo che, come il suo umore, si era scurito alla comparsa di alcuni nuvoloni.

《Signor Thompson!》lo chiamò a gran voce Bill, il suo fedele autista.
《Si?》voltò lentamente il capo Joshua fissando i suoi occhi scuri in quelli dell'anziano uomo, socchiusi a causa del fastidio provocatogli dal sole cocente che gli colpiva il viso.
《Lei non lo merita.》affermò con tono cauto quest'ultimo.

I muscoli della mascella di Joshua guizzarono furiosamente capendo all'istante a chi si era riferito Bill.

《Limitati a fare il tuo lavoro Bill, o rischierai di perderlo prima o poi.》minacciò lanciandogli un'occhiata gelida che lo fece trasalire.
《Hai compreso il concetto?》domandò con tono arrogante.
《Si, Signor Thompson.》sussurrò flebilmente l'uomo abbassando umilmente il capo.

Compiaciuto dalla sua risposta Joshua salì velocemente gli scalini che collegavano il vialetto all'ingresso della villa chiudendosi la porta alle spalle.

Chiuse gli occhi appoggiando le spalle contro il legno pregiato di quest'ultima, stringendo fortemente le mani in due pugni al ricordo di ciò che aveva affermato Amélie.

"Posso anche iniziare a campare tra i barboni, anzi, lo preferirei!", parole che gli si ripetevano nella mente come un brutto earworm.
Come se fossero intrappolate nella sua testa al punto da annebbiargli la vista dalla disperazione.

Sospirò appena sollevando le palpebre lanciando una veloce occhiata a ciò che lo circondava incontrando solamente un arredamento fine, pavimenti lucidi e pareti nere come il suo eterno morale.

C'era così tanto silenzio e il soave profumo floreale che tanto amava di Amélie era andato sfumando.

Digrignò furiosamente i denti rammentando nuovamente le parole di quest'ultima riscontrando che esse avevano avuto assurdamente il potere di ferirlo gravemente dall'interno.

"Avrebbe preferito campare tra i barboni anziché condividere un tetto confortevole con il sottoscritto? Bene! Le avevo semplicemente dato ciò che desiderava."

Almeno, questo era quello che si ripeteva per giustificare il suo gesto, nato dalla rabbia e dall'odio che negli anni avevano inghiottito ogni briciola d'amore.

Solitamente le parole proferite dalle persone non smuovevano nulla in lui, ma, l'insinuazione di Amélie, la sicurezza con la quale aveva sputato la sua minaccia implicita gli aveva provocato una furibonda ira che gli ribollí al centro del petto.

Amélie doveva comprendere qual era il suo posto, a casa di Zain, docile e accondiscendente a tutto ciò che quest'ultimo avrebbe avuto in serbo per lei.

Sarebbe divenuta sua, da possedere, da controllare, da manipolare a suo piacimento.

Erano stati quelli gli accordi.

"Quel che è fatto è fatto!", affermò a sé stesso battendosi un pugnetto sul torace vuoto, come la sua anima.

Tuttavia, gli eventi della giornata lo avevano prosciugato d'ogni grammo d'energia.
Pertanto, saltò la cena preferendo docciarsi e filare subitamente a letto tentando di spegnere quella sua mente fastidiosa.

Ma anche in sonno, non trovò pace.

Trascorse una lunga notte insonne dopo aver avuto un terribile incubo.

JOSHUA

Mi trovavo in una stanza priva di qualsiasi arredo, color bianco candido, paragonabile al gesso.

Diedi un'occhiata confusa al mio vestiario interamente nero, l'unico colore che stonava con il bianco accecante della stanza in cui mi trovavo.

Avvertii alle mie spalle dei leggiadri passi che mi invitarono a voltarmi cosicché potessi vedere chi ne fosse la proprietaria.

《Ma-mamma...》sussurrai incredulo.

Gli occhi mi luccicarono dal pianto e i miei piedi si mossero velocemente prima che il mio cervello potesse cogliere l'espressione fredda che possedeva il bel volto di mia madre.

《Fermo!》tuonò freddamente facendomi bloccare di colpo.

Il mio corpo era totalmente immobilizzato, come se una forza invisibile mi stesse trattenendo dall'avvicinarmi alla figura di Nicole, la quale mi fissava con sguardo gelido e accusatorio.

《È colpa tua se morirà, Joshua! Non te lo perdonerò mai! Mai!》gridò furente piangendo lacrime di sangue che le rigarono copiosamente le guance pallide e lievemente scavate, come se la delusione che traspariva dal suo sguardo le avesse succhiato ogni sprazzo di pace.

Ero saltato dal letto come se mi fosse scoppiata una bomba dentro.

L'accusa di Nicole mi provocò un dolore immenso, profondo, insopportabile.

Avrei tanto desiderato trovare le parole giuste per spiegare ciò che mi aveva spinto a cacciarla fuori dalla mia villa, privandola della mia protezione nonché di molto altro, ma, gli occhi furiosi di Nicole mi avevano completamente stravolto.
Il suo sguardo gelido mi aveva privato della parola, facendomi sentire piccolo e insignificante come un lurido insetto.

Il sonno abbandonò completamente il mio corpo, troppo rigido e in tensione per tornare al dolce dormire.
Con gli occhi spalancati rimasi sotto le calde coperte a rimuginare su ciò che avevo commesso.
Se da una parte ero totalmente convinto che ciò che avessi fatto era giusto, dall'altra il pensiero che il mio gesto avesse potuto arrecare la morte di Amélie stava provocandomi un'ansia viscerale e opprimente.

Erano le 8 a.m. quando decisi che avrei rimediato al mio errore riportando a casa Amélie.

Immediatamente, chiamai Bill informandolo che all'indomani mi avrebbe accompagnato nella bettola di casa in cui si accingeva ad abitare Zain, cosa che dal suo tono di voce, compresi lo rendesse oltremodo felice.

Quella bestiolina aveva il potere di far innamorare chiunque, anche colui dal cuore più duro, ma, non me.
Amélie possedeva il sangue di Scott Thompson, era rotta, macchiata, indegna.
Non sopportava le regole, era perennemente immersa nei suoi pensieri e, alla costante ricerca di affetto.
Nonostante sin dalla nascita fosse stata sola, avvolta nei buio in cui i suoi occhi l'avevano rinchiusa, sorrideva sempre, a chiunque, anche a coloro che non le andavano a genio.
Era così piena di forza, così simile a Nicole caratterialmente che mi faceva rabbia.

La odiavo ma al contempo la stimavo.

Per amore di Nicole l'avrei riportata a casa, al sicuro, almeno dal mondo, almeno da Zain.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora