XXVIII

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AMÉLIE

Sentirsi il cuore stanco, gli occhi ormai aridi e la testa pesante...che brutta sensazione!

Mai, però, quanto l'essere incompresa e in più, non creduta.

Cosa avevo fatto per meritarmi ciò?

Non ero moralmente in grado di mentire, semmai di omettere, di evitare di parlare.
Quello sì.

Mi riusciva semplice cambiare la direzione dei discorsi quando essi si facevano inquisitori e opprimenti.

Ero una persona riservata.
Tuttavia, tale abilità l'avevo acquisita con il tempo e, sacrificando le mie lunghe giornate affacciata alla larga finestra di casa.

Ogni qualvolta dicevo o facevo qualcosa che agli occhi di mio padre non era buono o "giusto", restavo bloccata in Villa Thompson ad attendere che la mia punizione terminasse.

In quei periodi, studiavo a casa e, cercavo di parlare il meno possibile, anche e soprattutto con Agatha.

Col tempo compresi che nonostante quest'ultima non fosse propriamente malvagia, era una gran spiona.
Pertanto, capii che con ella dovevo pesare e scegliere con parsimonia le parole da rivolgerle, poiché sarebbero state subitamente riferite a mio padre.

Ero stata cresciuta con un'educazione a dir poco severa e, priva di affetto, tranne per quelle poche carezze che Agatha mossa a pietà mi offriva.

Ma, mai, ero stata additata come una bambina bugiarda.
E, non riuscivo proprio a capire perché Zain avesse scelto di non credermi.

Che motivo avevo io di mentire?
Sarei stata una completa idiota ad osare, specialmente con Zain, il quale deteneva nelle sue mani la vita del mio fratellastro.

Tuttavia, compresi dalla sua immediata reazione alla mia rivelazione che, le mie parole si erano insinuate nella sua mente contorta, confondendolo.

Avevo percepito la tensione irrigidire le sue forti ossa spingendolo ad allontanarsi dal mio corpicino precedentemente stretto nelle sue braccia.

Il suo cuore mi aveva creduta, ma la sua testa aveva optato di comandare alla bocca di rivelarmi il contrario.

Per quanto volessi realmente capire i motivi dei suoi atteggiamenti, una crescente collera mi stritolò il cuore.

《Tu non mi conosci! Non conosci la mia storia, il mio vissuto...》sussurrai l'ultima parola per poi stringere fortemente i pugni infilzando i palmi delle mie mani con le mie piccole unghie.
《Ti potrei sembrare una ragazzina viziata dalla vita, ma, credimi la vita non è stata generosa con me.》continuai abbracciandomi il busto nudo con le mie magre braccia tremanti nell'intento di appropriarmi di un pizzico di rispettabilità.

Tale gesto dovette infastidire Zain, poiché, subitamente avvertii il suo corpo avvicinarsi con indicibile prepotenza al mio, circondandomi d'energia negativa.

Poco dopo, le sue mani strattonarono bruscamente i miei polsi lividi lontano dal mio petto.

Strinsi fortemente i denti, trattenendo a stento il desiderio di coprire nuovamente la mia pelle esposta, anche solo per disubbidire al suo volere.

《Hai forse mai sofferto di fame?》domandò all'improvviso cingendo maggiormente la presa sul mio corpo.

《N-no...》risposi esitante dopo una decina di secondi, improvvisamente confusa dalla sua domanda.

《Non possiedevi un letto sul quale dormire?》chiese nuovamente con un'intensa rabbia malcelata.

《S-sí, mio padre non mi ha fatto mai mancare nulla a livello materiale ma..Io sto parlando di...S-sto p-parlando di a-altro...》sussurrai con gli occhi lucidi e in procinto di lacrimare a causa del dolore provocatomi dalla stretta che si accingeva a mantenere sul mio corpicino, già eccessivamente malconcio.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora