XXII

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ZAIN

Le persone diventano cattive generalmente per tre motivi: diversità, pessima educazione o la totale mancanza di essa, o ancora, sofferenza.

Quest'ultima, particolarmente, cambia le persone.
O, perlomeno, ciò accadeva alla maggior parte delle persone che in precedenza erano buone.

Io non ricordavo che tipo di persona fossi prima che la sofferenza e la morte entrassero nella mia vita.

In ogni caso, il male che avevo subito aveva generato a sua volta un male ancor più grande e, dannoso.

Probabilmente, per il mondo, per la scienza, per la medicina, in generale, ero uno psicopatico con i fiocchi.

Comportamento antisociale persistente, un'empatia e un rimorso alterati, audacia, resilienza emotiva, meschinità, impulsività e tratti egoistici facevano parte del mio essere.

Ma, non li ritenevo assolutamente dei difetti, anzi, essi facevano sì che fossi totalmente indistruttibile e in grado di detenere un enorme potere.

Non mi piaceva darmi delle etichette sociali. Le odiavo.
Però, in effetti, ero proprio così.

Se tali aspetti di me, mi rendevano uno psicopatico agli occhi del mondo, era okey.

In effetti, chi non avrebbe paura di uno psicopatico?
Nessuno, almeno, nessuno con un minimo di ragionevolezza.
Perciò, mi stava più che bene essere definito in tal modo e, di conseguenza, temuto.

Tuttavia, il povero Joshua probabilmente non aveva compreso cosa fossi, chi fossi.

Era stato coraggioso, ma, oltremodo stupido ad opporsi a me, al contratto che avevamo pattuito.

Tanto, tanto, stupido.

Ed ora, era disteso in posizione fetale sul pavimento medievale della chiesa, con lo stomaco sanguinante e il volto d'un pallore quasi cadaverico.

Amélie, si divincolava come un'anguilla impazzita tra le mie braccia, urlando a squarciagola il nome di Joshua.

《Shhh, shhh, bambolina.》le sussurravo con tono fintamente dolce all'orecchio cercando di calmare la sua violenta crisi.

Ma, Amélie non accennava a tranquillizzarsi ed io, per quanto mi sforzassi non comprendevo perchè stesse soffrendo per una persona che di lei non aveva mai avuto cura.

《Lasciami! Lasciami! Cosa hai fatto?》gridò fino a perdere la voce, fino ad avere delle convulsioni quasi inumane.

Non provavo paura né preoccupazione, tuttavia, non desideravo che il mio giocattolino si rompesse di già.

Probabilmente, avevo commesso un altro passo falso sparando Joshua in presenza della mia bambolina.

Ma, quando i miei occhi li avevano visti abbracciarsi e il capo di lei poggiare la fronte sul petto di Joshua, quel poco di lucidità che possedevo era andato a farsi benedire.

《Non l'ho ucciso. È solamente ferito.》le rivelai con tono sincero, stringendo il suo piccolo corpo scosso violentemente da tremori e singhiozzi incontrabbili.

Alle mie parole, Amélie si afflosciò contro il mio corpo fino a cadere con le ginocchia sul pavimento proferendo parole insensate a bassa voce, frutto del profondo turbamento che stava provando a causa dell'accaduto.

《Fa-fammi andare da lui.》disse a mo'di ordine, facendomi indurire la mascella per il fastidio.

Non la degnai d'una risposta afferrandole, invece, il polso obbligandola ad alzarsi.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora