XXI

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JOSHUA

Faceva ancora male.

Nonostante fosse il diciottesimo anno consecutivo in cui Nicole Thompson era morta e sepolta, il dolore non era sfumato.
Il tempo che era passato da allora non era riuscito a guarire le ferite, le aveva solamente assopite.

Tuttavia, ogni primo di gennaio esse si mostravano pronte a riemergere per ricordare quanto male avevano fatto, quanto male ancora facevano.

Quel giorno, però, quelle stesse ferite bruciavano un po' di più.
Perché?
Perché mi rammentavano che per diciotto lunghi anni avevo odiato la persona sbagliata, una persona che assolutamente non meritava odio, non da parte mia.
Perché mi ricordavano che quella stessa persona, quel giorno stava pagando per le mie scelte sbagliate.

Stringevo con viva forza i pugni, tentando di contenere la folle voglia di raggiungere Zain e prenderlo a pugni sull'altare della piccola chiesa in cui stava celebrandosi il matrimonio tra lui e Amélie, mia sorella.
Sì.
Amélie era mia sorella.

Purtroppo, l'avevo capito tardi.
Purtroppo, l'avevo accettato tardi.
E, quelle erano le amare conseguenze.

Un gran rimorso mi gravava sulla coscienza, aggiungendo altro dolore, altro scurore alla mia anima buia.

Zain stringeva i polsi sottili di Amélie, fissando il capo chino di lei con evidente soddisfazione.
Il corpo minuto di lei era avvolto strettamente da un abito da sposa semplice ma elegante, anche se addosso a lei sembrava oltremodo sofisticato.
Il suo viso era ancora nascosto dal velo bianco, ma era chinato in basso.

I miei occhi attenti si concentrarono sulle mani di Amélie, scosse da deboli tremiti, che stringevano con agitazione un bouquet di...orchidee.

Trattenni le crescenti lacrime e l'angoscioso pianto che mi salì in gola al ricordo della dolorosa morte di Nicole e del significato che mia madre, nostra madre, attribuiva a quello specifico fiore.

Quando il prete, un uomo decisamente anziano dalle guance piene ma cadenti e pieno di rughe, proclamò Zain e Amélie marito e moglie, mi contrinsi a battere le mani come il resto degli invitati con la differenza che non sfoggiai un sorriso sincero rivolto ai novelli sposi, bensì il mio volto restò totalmente inespressivo.

Zain non attese il permesso del prete per baciare la sposa, le afferrò la nuca dopo aver scoperto il suo viso dal velo e la baciò con possessività quasi a voler mandare un tacito ma evidente messaggio, rivolto a tutti.

La stava rivendicando, era chiaro, soprattutto a me.

Amélie era diventata sua.
E, ciò difficilmente sarebbe potuto cambiare.

Quando le persone si accalcarono davanti all'altare per poter congratularsi con gli sposini, li seguii procedendo a spintoni finché non riuscii ad avvicinarmi alla piccola figura di Amélie che con mia sorpresa sorrideva con scioltezza agli invitati stringendo dolcemente la grande mano di Zain, come se fosse il suo unico appiglio.

Me lo meritavo, per la miseria!

Tuttavia, non mi scoraggiai.

Spintonai malamente un uomo sulla cinquantina che le aveva afferrato la mano baciandone lascivamente il dorso lasciandole una disgustosa striscia di saliva sulla pelle pallida della mano rischiando di farmi vomitare sul posto, per poi avvolgerle le dita attorno al gracile braccio coperto dalle maniche velate del bel vestito da sposa.

Amélie sussultò al mio improvviso tocco voltando di scatto il viso verso la mia direzione.

Sì, bestiolina.
Sono qui.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora