XXV

1K 36 5
                                    

AMÉLIE

Avevo perso di nuovo tutto.
Forse, per sempre.

Forse?

《Che stupida!》risi di me stessa e della mia maledetta e testarda speranza.

Oh, quanto era inutile sperare!

Non sarei mai riuscita a sfuggire da lui.
Zain era troppo forte, troppo ossessionato e, folle.

Non mi avrebbe mai lasciata libera.
Anche lui mi aveva tarpato le ali, ma, in un modo assai più crudele.

Mi aveva illusa.

Mi aveva attirata a sé facendomi oscillare davanti al naso un minuscolo sprazzo di luce, ed io, come una falena avevo seguito quel minuscolo sfavillio che brillava nel buio, seguendolo, fidandomi.

Ecco a cosa aveva conseguito la mia mal riposta fiducia in Zain: tanto dolore.

Desideravo continuare a dormire e di conseguenza restare ignara della massiccia presenza che, nonostante dormisse tranquillo e beato all'altro lato del letto, riusciva a bloccarmi il respiro, ma ad un certo punto i miei occhi si erano stancati di rimanere serrati.

Probabilmente era da poco arrivata l'alba, poiché su alcune zone del mio corpo infreddolito, nudo dalla sera prima, percepivo del flebile calore probabilmente prodotto dai piccoli raggi di sole che filtravano dai buchi che solcavano le vecchie mura della casa.

Mi beai pienamente di quei piccoli sprazzi di tepore che riscaldarono il mio corpo privo di alcun velo e, solamente coperto da una leggera pelle d'oca.

Tesi le orecchie nell'intento di captare probabili rumori provenienti dall'esterno, ma, al di fuori di quelle quattro mura vecchie constatai regnasse solamente il silenzio.

Non c'era il cinguettio allegro e persistente degli uccellini che mi dava il buongiorno, come capitava ogni mattina a Villa Thompson.

Tutto sembrava silenzioso, melanconico e morto.

Mi trovai a rimpiangere la mia vecchia vita.
Mio padre non era mai presente per me se non quando le situazioni lo obbligavano ad esserlo, ma, perlomeno non aveva mai osato toccarmi nel modo in cui lo aveva fatto Zain.
Non in quel modo.

Oddio, non sapevo neanche come si faceva realmente sesso!

Agatha mi aveva accennato qualcosa usando la storia dell'ape e dell'impollinazione quando all'in circa all'età di otto anni le domandai come nascessero i bambini.
Dovetti ammettere che non capii un gran fico secco dalla sua spiegazione, e, anche se Agatha lo notò, non cercò di spiegarmelo in altri modi preferendo, invece, evitare di toccare l'argomento come la peste.
Perciò, mi ero ritrovata a capirlo da sola, quando Zain aveva pressato il suo membro duro come la roccia contro la mia intimità inviolata.

Eravamo divenuti una sola carne, un solo corpo.
Eppure, i nostri cuori erano distanti, le nostre emozioni diverse.

Più che dolermi l'intimità, seppur esageratamente indolenzita, mi doleva maggiormente l'anima.

Zain mi aveva strappato tutto.
Non rimaneva niente di me, se non alcuni frammenti del mio cuore spezzato a metà.

Un improvviso bisogno di piangere e di strapparmi i capelli dalla testa mi assalì quando avvertii un grosso braccio circondarmi la vita e spingermi bruscamente contro un petto largo e gonfio di muscoli guizzanti.

Durante la notte ero riuscita a sfuggire dal suo abbraccio possessivo, finendo per dormire quanto più lontana da lui e dal suo corpo nudo che pressava continuamente contro il mio.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora