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ZAIN

Avevo da sempre avuto un debole per le sfide.
Fin da piccolo il "Non si fa!" di mia madre o di qualsiasi altra persona mi attraeva.
Più non potevo avere un determinato oggetto, più lo desideravo, più insistevo, più lottavo e, infine, eccellevo.
Ottenevo.

Solitamente, le persone avvertivano in me il pericolo, pertanto, non mi risultava difficoltoso venire ascoltato, obbedito, temuto.

Eppure, Amélie, la mia bambolina, si era ribellata con tutte le sue forze nonostante tremasse di paura.
Nonostante, tremasse per me.

Pur di non entrare nella mia auto aveva afferrato con entrambe le mani il colletto della mia camicia tirandolo a sé, graffiando nell'intento la pelle del mio collo.
Il suo profumo mi sconvolse i sensi e quasi fui sul punto di riportarla dentro e ripetere gli eventi della sera precedente.
Quasi, poiché fermamente la spinsi dentro l'auto con passo veloce e furioso, bloccando lo sportello di quest'ultima non appena riuscii a piazzarla sui sedili posteriori.

La volevo nella mia casa.

Ero stanco di starle lontano, con il rischio che qualcuno me l'avrebbe portata via.

《 Ora basta!》tuonai furiosamente non appena sedetti al suo fianco, intenzionato ad arrestare definitivamente la sua interminabile crisi nervosa.
Un acuto singhiozzo fuoriuscí dalla bella bocca color rosso sanguigno di Amélie.
《Per favore, fermati...》sussurrò di nuovo tremando incontrollatamente tentando di allontanarsi quanto più era possibile dalla mia persona.

Non diedi retta alla sua ennesima, inutile supplica, troppo concentrato a trascinarla verso il mio corpo desideroso di percepire il suo.
Ovviamente, Amélie non mi rese facile neanche questo.
Prese a dimenarsi tra le mie braccia con quel corpo flessuoso, e sorprendentemente era quasi riuscita a sgusciare via dalla mia morsa.

Digrignai furiosamente i denti.
Tant'èra la mia rabbia che quasi mi si ruppero in bocca pur di contenere le infinite bestemmie che mi erano scivolate sulla punta della mia lingua.

《Bolivar, la siringa.》mi rivolsi al mio autista che sbiancò in volto all'ascolto delle mie parole.
《Ma...Signore cos-》
《Attieniti ai miei ordini altrimenti ti ritroverai senza uno stipendio con il quale sfamare la tua famiglia, o con uno stipendio ma senza una famiglia!》minacciai a denti stretti, ormai al limite, lanciandogli un'occhiata furente.

Bolivar abbassò sommessamente il capo aprendo con mano tremula il vano portaoggetti, prelevando da esso l'oggetto da me richiesto.
Non appena quest'ultimo mi porse la siringa abbracciai strettamente Amélie pressandole il viso contro il mio petto facendole quasi mancare il respiro, poi, le iniettai una droga leggera che l'avrebbe resa docile fino all'arrivo alla mia casa.

Il suo corpo improvvisamente si rilassò, il respiro le divenne calmo e regolare come se fosse piombata in un profondo sonno.
Tuttavia, prima di soccombere definitivamente agli effetti della droga, pianse disperatamente contro il mio petto, mordendo al contempo la pelle dei miei pettorali con viva forza sfogando tutta la sua rabbia, il suo dolore e il suo cordoglio.

Ero consapevole di star peccando, tuttavia, Signori ognuno fa quel che è, ed io, non mi doleva dirlo, ma ero il male assoluto.

AMÉLIE

Un giorno, magari in un'altra vita, o chissà, dopo la morte mi spiegheranno il significato di alcuni incontri.
Qualcuno, finalmente, mi rivelerà il motivo per il quale essi ti segnano così nel profondo, cambiando radicalmente la vita che da sempre avevi conosciuto.

Sempre se "vita" poteva essere definita la mia.

Indubbiamente, la mia cecità aveva reso la mia esistenza oltremodo difficile ma, mai mi sarei aspettata di essere venduta dal mio fratellastro, per giunta ad un uomo pericoloso che pretendeva da me l'impossibile.

Sposarmi?
A diciassette anni?
Per giunta con uomo che assolutamente sprizzava violenza e pericolo da ogni poro!

Sicuramente, qualche divinità annoiata si stava divertendo con la mia vita.

Non potevo crederci!
Non riuscivo a crederci!

L'implacabile odio che Joshua covava nei miei confronti fin dalla mia nascita aveva scavalcato ogni valore umano.
Fin da bambina speravo che magari, in futuro, io e lui avremmo potuto essere qualcosa.
Volerci bene.
Io speravo che lui avrebbe aperto gli occhi un giorno e mi avrebbe tenuto la mano.

Ad oggi, dopo cosa mi aveva fatto, non sapevo più cosa provavo per lui.
Mi ero solamente illusa sul suo conto.

Nicole Thompson solamente era riuscita a superare le barriere, le corazze, che proteggevano il piccolo cuore di Joshua.
E, quest'ultimo l'aveva amata troppo per riuscire a perdonare l'assassina di sua madre.

Pertanto, per smettere di soffrire, per porre fine al supplizio che pativa il mio povero cuore, dovevo arrendermi.
Avevo aspettato così a lungo, avevo subito così a lungo che si erad spenta la speranza dentro me.

Mi restava solo sognare.

Sognavo una vita diversa.
Una vita a colori.
Una vita stracolma di persone che amavano e desideravano essere a loro volta amate.
Ma, poi, i miei occhi vuoti si sono spalancati.

Buio.

Era questa la mia vita.

E fu proprio lo stesso buio che mi accolse quando le mie palpebre si spalancarono ad informare la persona che si trovava al mio fianco che fossi completamente sveglia e conscia di esser stata nuovamente obbligata ad affrontare una nuova realtà.

Da sorellastra sgradita a moglie obbligata in meno di un giorno.

Ciò che mi stava accadendo superava l'irreale, potendosi anche definire surreale.

Il panico che mi provocò non solo l'intera situazione ma anche, se non soprattutto, la presenza dell'uomo che mi aveva rapita letteralmente trascinandomi nella sua dimora che aveva definito "casa nostra" con cotanta nonchalance da farmi credere che la pazza in quella situazione, probabilmente, ero io, mi provocò una grave accelerazione del battito cardiaco.
La fastidiosa sensazione era simile ad un incessante martellio che rimbombava addirittura nelle orecchie.

Mi pressai fortemente la mano destra sul petto imponendo al mio cuore di rallentare, altrimenti, mi avrebbe provocato un infarto fulminante.
E, Dio mi era testimone, ma non sarei morta di crepacuore proprio quel giorno, poiché quel muscolo anche detto "miocardio" era stato abbastanza forte da superare l'assenza di qualsiasi forma d'amore e sopportare tutte le angherie di mio padre e del mio fratellastro.

《Buongiorno, bambolina.》

Riconobbi subitamente la voce grave dell'uomo che per primo in assoluto aveva toccato parti di me che mai neanche erano state esposte ad occhi altrui.

Mi tremarono le mani dal timore di poter dire o fare qualcosa di cui avrei potuto pentirmi amaramente.

Avvertii ogni sua movenza.
Tuttavia, rimasi completamente immobile.
Tesa come una corda di violino, attendendo la sua prossima mossa che non tardò ad arrivare.

La sua grossa e callosa mano mi strinse il mento girandomi il viso nella direzione in cui percepivo il suo respiro calmo e concitato.

Eravamo faccia a faccia.

Troppo vicini per i miei gusti.

《Voglio che tu mi veda, Amélie. 》disse con tono basso, di pretesa, stringendo il mio intero viso nel palmo della sua mano.


𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora