XXXIII

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JOSHUA

Zain era un fottuto psicopatico!

Volevo prendermi a schiaffi da solo per non aver pensato che sicuramente si sarebbe rivolto ad un cacciatore di taglie.

Se fossi corso all'aeroporto prendendo il primo volo, qualsiasi benché fosse lontano anni luce da Los Angeles, a quell'ora sarei stato libero e non legato ad una sedia come un fottuto salame.
Anche se, ciò che maggiormente mi stava dilaniando l'anima era assistere alla disperazione della mia Amélie e non poter essere in grando di aiutarla, proteggerla da Zain e dalla sua insania mentale.

Con le mani e i piedi legati e la bocca tappata da un nastro adesivo nero, non possedevo più alcun senso se non quello della vista.
E, avrei giurato di desiderare di diventare cieco, pur di non vedere l'afflizione della mia innocente bestiolina.

La gola mi prudeva per le potenti urla che venivano trattenute dal nastro adesivo.
Gli occhi mi lacrimavano inondandomi il volto di acqua salata.

Lo sguardo di Amélie non mi era mai sembrati così vuoto e smarrito.

Improvvisamente, smisi di mugugnare contro il nastro fissando il mio sguardo sconcertato lungo il suo piccolo corpo trattenuto da Zain come il Gesù crocifisso.

Mio Dio...

Lividi su lividi, più nitidi e meno nitidi, color verde, viola, alcuni addirittura blu, le tingevano il corpo a chiazze.
Vari graffi, alcuni ancora rosso vivo, altri già rimarginati, le rigavano gli arti piccoli e fragili e lo stomaco magro, più di quanto già non lo fosse stata mesi prima.

Il sangue che le scorreva abbondantemente dal collo fin sopra all'ombelico non fece che accrescere la nausea provocatami dall'orrendo scempio a cui Zain mi stava obbligando a partecipare.

Mi dibattei e contorsi violentemente sbattendo la testa a destra e a manca, ignorando il sangue che, bollente, fuorisciva dai miei polsi legati strettamente dietro la schiena dalla corda colorandola di rosso.
Ma, non mi interessava ferirmi e sanguinare, perché Amélie stava patendo di peggio.

Zain non aveva distolto gli occhi dai miei neanche per un millisecondo, trasmettendomi tutto l'odio e la delusione che provava nei miei confronti.
Sapevo perché stesse commettendo tale atrocità.

Non avevo rispettato il patto.

Zain odiava i fedifraghi, ossia le persone che non tenevano fede alla parola data.
Ed, io ero appena divenuto uno di essi non rispettando il patto che avevamo definito anni prima, sputando sulla generosità che aveva mostrato verso un ragazzino di appena quindici anni ch'era ritornato ad essere nessuno a causa della rabbia di un uomo che avrebbe dovuto accudirlo più di chiunque altro.

I denti mi stavano per spaccarsi in bocca in preda alla tremenda disperazione che mi sconvolse lo stomaco rimescolandomi le membra in una poltiglia di dolore e rabbia.
Lacrime mi scorsero per il viso paonazzo, imperterrite, disperate, arrabbiate.

《Adesso, mi sono stancato di voi due.》affermò con tono scocciato, afferrando con una sola mano la nuca di Amélie strattonandola nella mia direzione.

I muscoli mi si irrigidirono in allerta e i miei occhi fissarono il capo chino di Amélie con evidente preoccupazione.
Sembrava una bambola di pezza, cogli occhi di vetro e la pelle troppo bianca, macchiata di violenza.

Bella e dolorosa da guardare, tant'è che la vista mi si appannò per qualche secondo.

Zain la costrinse a inginocchiarsi ai miei piedi, facendole cozzare le ginocchia magre dalle rotule sporgenti ed estremamente visibili contro il duro pavimento in legno che sembrava non esser stato pulito per almeno un secolo, poi, prelevò dalla tasca destra del suo pantalone una pistola.
Me la puntò contro, avvicinandola con indicibile lentezza alla mia bocca.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora