VII

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ZAIN

Ricordavo una famosissima citazione di Vladimir Lennin, ossia un rivoluzionario, politico, filosofo e scrittore russo, poi sovietico, che diceva:《Fidarsi è bene, il controllo è meglio.》

Si, la fiducia è bene, il controllo è meglio ed aggiungo: l'una non esclude l'altro.
E' come dire: puri come colomba, astuti come serpente.
Un verso del Vangelo? Puri nel dare fiducia, quindi "bene" ma astuti nell'essere vigili, nel tenere sotto controllo le situazioni, ancora "meglio".

Proprio a conferma di ciò, quando i miei secondini mi avevano riferito che Amélie aveva osato lasciare entrare un ragazzo di dubbia identità all'interno della villa di Joshua, supposi fosse stato molto meglio controllare di persona in che guaio si fosse andata a cacciare la mia bambolina.

Tuttavia, ero consapevole che non era solamente una questione di controllo la mia.
Con Amélie non si trattava mai solamente di una questione di controllo.

Semplicemente ero stanco di starmene dietro le quinte, attendendo il giorno in cui sarebbe divenuta mia moglie.

Il contratto che era stato firmato da Joshua, fratellastro di Amélie, il quale dalla morte Scott Thompson era divenuto tutore legale di quest'ultima, aveva accettato di darmi in sposa la sua sorellastra cosicché da estinguere ogni debito dei Thompson nei miei confronti.

Almeno, ciò era stato scritto nero su bianco sul contratto.

In realtà, Joshua era ben consapevole del motivo per il quale desideravo Amélie come mia sposa.

Lei era mia.
Era sempre stata mia.

Avrei desiderato ancor di più che suo padre avesse assistito al nostro matrimonio, conoscendo la mia identità e cosa avrei avuto in serbo per sua figlia, che avrei marchiato come mia per l'eternità.

Il sangue del suo sangue sarebbe divenuto di mia proprietà.

Parcheggiai la mia auto color nero opaco all'interno del parcheggio sotterraneo a cui si accedeva dal retro del vasto giardino che circondava la bella villa di Joshua.

Feci il mio ingresso all'interno di essa dirigendomi nel vasto salone in cui avvertii rimbombare la voce alterata di Joshua.

I miei occhi si fissarono immediatamente sulla figura di lei, rannicchiata contro la parete con il corpo tremante dalla paura, gli occhi sbiaditi e socchiusi da cui fuoriuscivano abbondanti lacrime che tentavano di intercettare gli occhi di Joshua seppur non riuscisse a vederli realmente.
I capelli d'un bianco candido erano stretti saldamente da una mano di quest'ultimo, il quale li stava strattonando con una violenza tale, quasi volesse decapitarle il capo con un sol strattone.

Dilatai le narici e strinsi fortemente i denti, facendo risaltare le mascelle quadrate d'acciaio intenzionato a calmare l'ira che mi annebbiò gli occhi alla vista delle mani di un altro uomo posate su di lei.

Spettava a me punirla per i suoi errori.
Spettava a me rimproverarla e farla piangere.
Terrorizzarla...

AMÉLIE

A volte mi verrebbe solo da chiedere "Perché".
Perché sono così inutile da non contare nulla per nessuno?
Perché non mi è stato mai permesso di scegliere nella mia vita?

Non mi era stato permesso neanche scegliere se nascere o meno, Nicole aveva scelto per me.

Non avevo scelto io di essere cieca.
Non avevo scelto io di essere abbandonata dal mio stesso padre, perché gli ricordavo dolorosamente troppo mia madre.
Non avevo scelto io di assomigliare così tanto a quest'ultima.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora