XIV

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JOSHUA

Erano le 2 a.m. quando montai in auto diretto alla fatiscente dimora appartenente a Zain.

Tentai di mascherare la crescente agitazione che scuoteva il mio corpo teso stringendo fortemente le mani in due pugni stretti.

Normalmente, la paura non era un'emozione che permettevo a me stesso di provare.
Anzi, mi riusciva facile non provarla affatto.

Forse, perché quando non hai nulla da perdere, nulla che ti faccia provare emozioni, di cosa si dovrebbe aver paura?

Ma, quell'incubo...
Gli occhi addolorati di mia madre, della mia amata madre, avevano scaturito in me un sentimento negativo.

Era forse rimorso? Inquietudine? Apprensione?

Non lo sapevo, porca miseria!
Sapevo solamente che sembrava che stessi in bilico su un'alta rupe, con il forte presagio che di lì a poco sarei precipitato dalla cima di essa schiantandomi al suolo.

Mi maledivo!
Davvero!

Non potevo giustificarmi!

Avevo peccato gravemente.

A mia discolpa potevo solamente affermare di esser stato manipolato alla perfezione dalle insidiose promesse di Zain.

"Vendicherò la morte di tua madre, Joshua. Non vuoi che l'assassina di Nicole soffra per sempre? Non vuoi che impazzisca fino a desiderare lei stessa la morte come unica redenzione al mostro che diverrà?", aveva detto.

Era stato così bravo a raggirarmi.

Ammettevo che, il mio cuore era oltremodo nero e colmo di risentimento nei confronti della piccola Amélie, ma ad oggi riconoscevo di aver esagerato.
Venderla ad un criminale? Venderlo a Zain Martínez, il nuovo capo clan dei "Delincuentes Mexicanos "?
Un malato!
Un pazzo!

Ed io, avevo rasentato la sua insana follia cedendo senza alcun indugio Amélie in sposa a quest'ultimo.

Per vendetta...

Quando Zain mi aveva promesso vendetta, l'idea mi era sembrata così dolce e appagante, ma, adesso che le sue parole si stavano realizzando, mi accorsi che il sapore che lasciava quello stupido vocabolo sulla mia lingua era a dir poco disgustoso.
Sapeva di marcio e ferro.

"È colpa tua se morirà!"
"È colpa tua se morirà!"
"È colpa tua sé morirà!"

La dolorosa accusa rivoltami dalla mia bellissima e amata Nicole, mi rimbombava sonoramente, ripetutamente nella testa.

I miei occhi erano lucidi di sonno e chissà quale altra sconosciuta emozione, accerchiati da scure occhiaie che si intonavano al colore delle mie iridi.

Durante il tragitto, le mie mani non si erano fermate per un solo attimo.
Le stringevo, ne scrocchiavo le dita, le passavo tra i capelli.

Dovevo in qualche modo allentare la tensione che stava sopraffacendo il mio corpo e innervosendo la mia mente.

Zain non era stato avvisato del mio improvviso arrivo, il quale, sapevo non avrebbe certamente apprezzato.

Martínez, dal principio aveva affermato che dopo esser entrato in possesso di Amélie, non l'avrebbe più lasciata.

Un uomo geloso era pericoloso, ma, un uomo pericoloso che diveniva geloso era oltremodo letale.

Tuttavia, quando l'auto rallentò svoltando in una stradina sterrata, parcheggiando dinanzi ad una piccola casa malconcia, mi feci coraggio e varcai lo stretto sentiero terroso che terminava alla vecchia porta tarlata.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora