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NARRATORE ESTERNO 

Un compito piuttosto arduo dell’uomo in generale consiste nell’accettare la scontatezza della fragilità, altrui, ma soprattutto la propria

Tale fragilità, quasi sempre diventa aggressività o evitamento, in altri casi isolamento e tendenza ad avere scarsa autostima.
Inoltre, potrebbe esser capace di generare una strana sofferenza, talmente dolce e quasi, utopica, di cui ci si potrebbe innamorare forse per soffrire ancora.

"Fragile" per Zain era sinonimo di "banale", ovviamente.
Nonché, quest'ultimo riteneva che tale aggettivo non fosse appriopriato né minimamente accostabile alla sua persona.

Zain era unicamente Zain.

Un concentrato di odio, di rancore, di vendetta e di crudeltà.

Probabilmente, un qualsiasi dottore avrebbe affermato che quest'ultimo fosse senza alcun ombra di dubbio uno psicopatico per eccellenza.

Arrogante, amante nell'esercitare il potere e il controllo sulle persone.

Il controllo!
Dio, quanto lo faceva sentire, indistruttibile.

Soprattutto, adorava possedere il controllo su di lei: la sua bambolina.

Amélie.

Tuttavia, quell'innocente bacio che si erano scambiati come un gesto completamente comune tra loro, aveva sorprendentemente abbattuto una delle tante alte e inespugnabili mura che circondavano il cuore buio di Zain.

Quest'ultimo, per un attimo, per quell'attimo aveva perduto il controllo su Amélie e su sé stesso.

Amélie l'aveva reso fragile, privo di difese, privo di potere.
E, il fatto ancor più grave era che nella testa malata di Zain si ripeteva un'unica e sola domanda.

Quanto potere ha realmente su di me?

Quest'ultima vorticava incessantemente nei suoi folli pensieri dal momento in cui riprendendosi dall'impeto violento delle emozioni che gli avevano sconquassato l'anima, aveva accompagnato Amélie nell'unico bagno di cui era provvisto la betola di casa in cui si era autoconfinato con Amélie, con sottobraccio una felpa extra large che indossava prima di divenire un vero e proprio uomo della mafia messicana, dei pantaloni di tuta lunghi color grigio, ormai consumati dal tempo, e un paio di calzettoni.
Dopo che le ebbe preparato la vasca da bagno, fornendole tutte le indicazioni affinché non poggiasse i piedi dove non doveva, evitando di procurarsi ferite, Zain si chiuse la porta cigolante alle spalle, troppo preso da quei forti e incredibili sentimenti per anche solo lanciare un'occhiata al pertugio della porta da cui avrebbe potuto spiare il corpo nudo di Amélie.

Ebbe solamente la forza di trarre un profondo respiro, rimproverandosi per quell'ignobile mancanza di controllo, totalmente inusuale da parte sua.

Zain era il capo.

Zain dominava Amélie.

Zain deteneva il potere su tutti, soprattutto su Amélie.

Non il contrario.

Perciò, si ripromise di non lasciar più che si creassero simili situazioni tra loro.

Doveva marchiarla, non venerarla, non amarla.
Solo, possederla.

Erano questi i suoi piani.

Tuttavia, nonostante l'immensa volontà e l'altrettanto impegno, Zain trattenne a stento la voglia di assaggiarle le labbra ogni qualvolta lei gli rivolgeva la parola o gli sorrideva.

Era diventato sempre più difficile resisterle, tant'era che per Zain quei maledettissimi sei mesi trascorsero con irritante lentezza, al contrario di Amélie che, invece, sembrò fosse arrivato il suo imminente diciottesimo compleanno in un battito di ciglia.

𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora