The Day of the Choice

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Quella notte, Rayliar non riuscì a prendere sonno.

Milioni di pensieri e dubbi gli riempivano la testa.

E se non dovessi ricevere dei buoni Jobs?

E se non fossi all'altezza del ruolo che riceverò?

E se scegliessi quello sbagliato?

Il panico prese il meglio di lui.

Di colpo il giovane si alzò dal suo letto, infilandosi frettolosamente una maglia sporca e un paio di pantaloncini.

Facendo il più piano possibile, lasciò la propria stanza, superò il corridoio e il salotto, fino ad arrivare alla porta.

Si infilò le scarpe e fece quello che faceva ogni volta che i sui demoni si impossessavano di lui: si diresse verso la palestra.
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Nonostante dopo il tramonto la palestra fosse chiusa, Glasgow aveva deciso di lasciargli una chiave di riserva, in modo che potesse andare e venire quando ne avesse voglia.

Rayliar varcò la soglia e il familiare odore di legno e pagliericcio gli riempì i polmoni.

Per prima cosa, il ragazzo iniziò a stirare i muscoli del proprio corpo, come il nonno gli aveva mostrato centinaia di volte, e poi iniziò con la sua rutine: un'ora di corsa, 100 piegamenti, 100 trazioni e 2000 colpi di spada.

E poi lo rifece ancora.

E ancora.

E ancora.

Fino a quando la luna non lasciò il posto al sole.

Immobile in una pozza di sudore, Rayliar sollevò la propria testa al soffitto.

Okay... ora mi sento più sereno.
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Quella sera Morlowe si lasciò cadere sul materasso, sprofondandoci dentro di qualche centimetro.

La luce della luna illuminava la stanza, filtrando dall'ampia vetrata che si apriva sulla parete a fianco del suo letto.

Sembra così piccola...

Pensò il giovane allungando la mano verso quel pallido corpo celeste e tentando di afferrarlo tra le dita.

Ci assomigliano proprio... il sole e la luna... io e Rayliar...

Quando suo padre gli aveva raccontato la verità su come loro due fossero fratelli, Morlowe non aveva provato né rabbia né vergogna, anzi.

L'idea di avere un fratello lo aveva esaltato, tanto da spingerlo a convincere suo padre a non fargli frequentare la scuola reale.

Voglio vivere vicino al mio popolo.

Aveva esordito al cospetto di quell'uomo.

Come potrò essere un buon signore per i miei sudditi se non conosco le loro abitudini, le loro storie?

Questa era stata la scusa che aveva utilizzato, forse più con sé stesso che con suo padre.

Ma la realtà era un'altra, e di questo ne era consapevole.

In bocca al lupo, fratellino.
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Alle otto in punto, una folla aveva già invaso le strade della cittadina, affluendo fino alla piazza centrale.

Normalmente, la cerimonia della Scelta era qualcosa di molto più austero e privato, tuttavia, oggi sarebbe stato diverso: a scegliere il proprio ruolo non era altri se non il futuro erede della casa Deligt.

I am the Overlord II: Memory from the Future Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora