Capitolo 10

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Mi svegliai durante la notte con un forte peso sul fianco.

Girandomi notai il suo fottuto braccio su di me. Sospirai e lo spostai cercando di non svegliarlo.

Di nuovo.

-Wilson ti stacchi?-
-non credo lo farò...- rispose con la voce impastata di sonno.

Brividi.

Era comunque insopportabile e fastidiosa.

Grugnai cercando di spostarmi ma rischiavo di dare una capata al muro.
Mi alzai ma lui mi rimise a letto.

-questo è il mio letto, dormo come voglio se non ti sta bene arrangiati.-

Lo scostai infastidita ma ovviamente non mi accontentavo.

Risultato? Me lo trovai sopra e la cosa più inquietante era che i suoi occhi brillavano nonostante il buio attorno alla stanza.

-davvero ti piace farmi arrabbiare?- domandò avvicinando il volto al mio abbassando ulteriormente il tono della voce.

-è il mio stile di vita-

Ghignò avvicinandosi ancora.
Mi piaceva però.

-abbiamo lo stesso stile di vita...-
continuò avendo il suo fiato sul collo.

Non risposi. Ero bloccata, era così magnetico e nonostante il mio odio attrae a in una maniera assurda.

L'unica cosa che mi salvò fu il suono del mio telefono.

Ore 3,00.

Chi sarà mai.

-non è che è tua madre?- domandò Wilson ormai disteso al letto dopo il suono.

Speravo tanto che non fosse lei e che stesse bene. Guardando il nome mi tranquillizai solo perché non era lei, ma mi allarmai al nome "Steve"

Steve
Correvo nel bel mezzo della notte con le lacrime agli occhi. Non capivo nemmeno il motivo per cui stessi piangendo anche perché non era del mio stile. Ma rendendomi conto di ciò che fosse successo non riuscivo a reprimere la mia rabbia.

I miei incubi erano ritornati e volevo allontanarmi da quella casa perché mi aveva distrutto negli anni.

Avevo bisogno di una sola persona e speravo tanto di non sentirmi un peso.

Tra i contatti chiamai lei.

-pronto? Steve?-

Avevo la voce bloccata avvolta in un groppo alla gola.

-Steve...?-
-per favore...vieni...al parco...- dissi con la voce spezzata.

-aspetta arrivo, dammi solo due minuti...-

Chiusa la chiamata mi nascosi tra me seduto dove avevo visto Ashley piangere. Morivo di freddo ma era l'ultimo dei miei pensieri.

Pochi minuti poco arrivò lei.

-Steve, che cosa succede?!-
-avevo bisogno di te, nulla di che...- affermai sorridendole.

-grazie Ash...-

Tom era appoggiato al suo motorino a braccia conserte a guardare la scena con sguardo quasi vuoto e indecifrabile,mentre Ashley mi abbracciava delicatamente avvolto nel mio silenzio.

***
Il giorno dopo iniziò un nuovo giorno di scuola e gli studenti andavano avanti e indietro senza sosta anche perché si avvicinavano le vacanze natalizie.

Le ragazze durante la pausa erano insieme come di solito in cortile.

Ma Anne non era presente mentalmente. Aveva in mente l'immagine di Michael un po' perso così con la scusa girò attorno cercandolp siccome i cavoli suoi non se li sapeva fare.

E lo trovò sulle scale di emergenza con un paio di cuffie a fissare il vuoto.

La ragazza si avvicinò piano e sembrò mlrore quando quegli occhi scuri si incontrarono nei suoi.

Lui accennò solo un lieve sorriso salitandola con un gesto della mano. Si tolse le cuffie per avere maggiore attenzione.

-hey tutto bene?-

-oh...sì tranquilla, solo che oggi mi va di stare da solo, grazie per la domanda...- disse tutto d'un fiato. Si alzò e diede una leggera pacca sulla spalla della ragazza.

-ciao ragazza anonima-continuò sorridendo.

Anne rimase imbambolata ad osservare la figura che stava scomparendo sussurrando delle parole.

-ciao ragazzo misterioso.-

Fece spallucce per poi spalancare gli occhi.

-ma lui non sa ancora il mio nome! Che cogliona- disse urlando.

Si girò e divenne paonazza in viso trovandosi difronte Michael sorridente.

-io sono Michael comunque.-

Anne deglutì.

-io...io sono Roxanne, ma per gli amici Anne.-
-siamo amici allora.-
-certamente.-

Fu la stretta di mano più lunga di sempre.

We all need someone to stayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora