Capitolo 42

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La tavola era imbandita e su questo non c'era da discutere. L'unica cosa era quella del mio continuo chiedermi che cosa ci facessero quei soggetti seduti sulla nostra tavola ad ingozzarsi, come se non avessero mai visto cibo(e per giunta Wilson era davvero così irritante da aver consumato l'antipasto prima di tutti ed avere le grazie di mia madre dandogli il bis)

Davvero esilarante. Forse per niente. Ma cosa forse? Non lo era affatto e la sua presenza mi rendeva molto più che nervosa.
Giocherellavo senza sosta con il contenuto del piatto, immersa nei miei profondi pensieri(per esempio quello della fotografia) mangiando lentamente, facendo finta di gustarmelo per non destare sospetto, ma alla fine scattai appena mia mamma con la sua solita insolenza, proferì parola dopo un estenuante battibecchio con Rick Olivers.

-Tom,come mai sei qui? I tuoi genitori non saranno preoccupati?-

E se prima negli occhi del ragazzo difronte a me c'era quell'attimo fuggente di folgorio, divennero tempestosi, vuoti e privi di emozione, come il suo sguardo, divenendo teso e le labbra contratte in una linea dura, dopo essersi pulito educatamente l'angolo della bocca leggermente sporca di olio. Esitò per un'instante e sapevo...sapevo che avrebbe tirato fuori qualche baggianata per evitare il discorso e non approfondirlo, poiché notai di quanto sprecasse la sua vita a vivere da solo. Decise di mettersi in una posizione rigida, accompagnato da un flebile suono di tosse per dichiare il suo immenso disagio e le mani passate nervosamente per i capelli, ormai color miele per la tenue luce delicata che dava un senso a quell'aria elettrica ormai percepibile.

-in realtà mi mancavi Kelly- si strinse nelle spalle sforzando un sorriso che da parte mia non aveva alcuna convinzione e lo si leggeva dagli occhi che stesse mentendo, ma chi ero io per giudicare? Anche perché la sua voce confermò le mie inferme decisioni.

La donna di fianco a me si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ricambiando il sorriso con più convinzione e come solo lei sapesse fare, ma esitò anche essa, versandosi del vino bianco a metà calice, per poi ricomporsi elegantemente; azioni che di certo non passarono inosservate al suo capo che l'analizzò nei minimi dettagli come una cacciatore in procinto di catturare la sua preda.

-mi rende felice che io ti sia mancata Tom, ma le feste sono fatte per passare in famiglia, purtroppo io non ho possibilità di raggiungere i miei familiari, ma per me Ashley è ciò che ho- finì accarezzandomi la spalla dolcemente.

Wilson divenne più teso increspando le sue labbra in un unico angolo e di certo non era uno dei suoi soliti ghigni o sorrisi sghembi che rivolgeva alle persone altrui per fronteggiare la sua personalità fasulla, perché sì...Tom Wilson era un grandissimo attore. Un attore invidiabile abile nell'occultare le sue vere emozioni.

E ok.

Ciò per me non doveva fare nessuna piega, ma in un certo senso tutto questo mi turbava, ma ovviamente, mettevo a tacere qualsiasi emozione che esplicitasse empatia verso i suoi confronti.

Sì.

Lui non se la meritava, nonostante mi abbia coadiuvata o protetta.
Così si strofinò le mani sul tessuto del suo jeans per via del disagio e intonò un'altra delle sue tossi leggere per celare qualsiasi baggianata.

-in realtà, non vado particolarmente d'accordo con alcuni dei miei parenti e capita spesso di non partecipare alle tavolate di famiglia o...robe simili...- finì riprendendo a mangiare, più lentamente stavolta.

Bugiardo.

Come sempre.

Mamma sorrise nuovamente, portandosi alle labbra ormai leggermente idratate per il vino, il calice con la bevanda all'interno.

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