Capitolo 33

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Mi ha chiesto di restare.

Restare.

Per tutta la mia vita sono scappata, non ho mai avuto un posto fisso in cui rimanere e ora lui mi vuole concedere l'opportunità di restare. Magari tra di noi potrebbe veramente crearsi un legame. Magari.

Sono le quattro di pomeriggio ormai e sono qui davanti a loro che aspettano ancora una mia risposta.

"Mamma ho sonno, mi porteresti nel letto?" Noah corre verso di me strofinandosi gli occhi, lo prendo in braccio e mi dirigo verso la camera
"Aspetta mamma" scende dalle mie braccia e va verso James
"Quando mi sveglierò tu sarai ancora qua, vero?" in tutto questo tempo non mi ero resa conto di quanto il mio bimbo potesse sentire la mancanza di James, mi sento in colpa per avergli portato via un anno della sua infanzia.

James si abbassa alla sua altezza per poterlo guardare negli occhi
"Certo piccolo, non lascerò piu solo nè te nè la mamma, promesso" sento le mie guance accaldate quando posa gli occhi su di me.

Noah torna da me e lo metto sotto le coperte "Buon riposino amore" gli poso un bacio in fronte e spengo la luce, lasciando la lucina notturna accesa.
"Ti voglio bene, mamma"
"Anch'io piccolo" socchiudo la porta dietro alle mie spalle e torno dagli altri.

Giuliette ed Erik sono seduti sul divano, mentre James è sulla poltrona alla loro destra e io mi siedo su quella a sinistra. So che probabilmente ora mi riempiranno di domande, ma almeno non possono notare i miei lividi, soprattutto quello in faccia che ho coperto, per fortuna, stamattina con del trucco.

"Dove sei stata tutto questo tempo?" non pensavo che a domendarmelo fosse Erik "Giuliette ed io ti abbiamo cercato ovunque, ma eri irraggiungibile"
"Avrei voluto chiamarvi, ma mi si era rotto il telefono e non avevo abbastanza soldi per ricomprarlo. Sono andata in una città poco lontana da qua, in un hotel per poter far stare al sicuro Noah"

Ometto la verità, so che è sbagliato ma la verità non fa sempre bene.
Non dico che in realtà il telefono l'ha spaccato Carl quando era incazzato e probabilmente se non ci fosse stato il telefono se la sarebbe presa con me.
Non dico che in realtà mi ero nascosta nell'hotel per scappare da Carl, mi cercava di continuo e la sera in cui mi trovò non me la dimenticherò mai.

***

"Apri questa porta, so che sei qui dentro Ellis" il rumore dei suoi pugni continua ad aumentare e Noah non faceva altro che piangere dalla paura.
"Apri subito o la sfondo questa maledetta porta" la sua voce è così dura e rauca che mi fa tremare il corpo.

"Ti apro se mi prometti di non toccare neanche per un attimo Noah" la voce mi si smorza, aprire la porta significherebbe ritornare a vivere l'orrore prima che avessi Noah.
"Te lo prometto, ma apri ora o entro da solo e non sarò per niente gentile" urla ancora.

Ruoto lentamente la chiave nella serratura e appena si apre ritrovo il mostro che mi ha sempre perseguitato davanti ai miei occhi.

"Verrai con me e questo te lo puoi scordare" afferra il telefono dal mio comodino e lo spezza.

Mi prende per il polso e mi trascina con sè , prendo la mano di Noah per non lasciarlo solo e fargli capire che sarò sempre con lui.

Per tutto il viaggio ripenso che avrei potuto chiamare qualcuno per farmi aiutare, se solo lui non l'avesse hackerato prima che arrivasse alla mia porta.
Se me ne fossi accorta di questo particolare, avrei potuto scappare il più lontano possibile e gettare il telefono così che non mi ritrovasse più.

E invece mi ritrovo nella sua macchina.

"Torniamo nella nostra bellisima casa, te la ricordi?" intende dire se mai la casa degli orrori in cui risiedevano i mostri. Per tutta la vita ho provato a scappare da lì e per una volta che ce l'avevo fatta, mi ritrovo di nuovo qui.

***

Cerco di non pensare più a quella giornata e mi ricollego al presente.

"Ellis, tutto bene?" mi chiede Giuliette
"Si scusate, cosa stavate dicendo?"
"Come mai sei tornata qua?" chiede ancora Erik
"Mi mancava Giuliette. Volete qualcosa da bere?" cerco di sviare il discorso, non voglio più rispondere a queste domande.
Ad ogni domanda i pensieri si fanno sempre più vividi e vorrei dimenticarmi delle sue torture.

"Faccio io la cioccolata, tu riposa" la mia amica, seguita dal suo ragazzo, va in cucina mentre James va in bagno.

Esco sul terrazzo per fumare, prendo le cuffiette dalla tasca della mia felpa e mi siedo sul divanetto stringendomi le gambe al petto.
Faccio partire la playlist e canticchio la canzone "I'm tired of caring" le stelle mi riescono a trasportare via da questo mondo crudele "Loving never gave me a home" ed è così non ho mai avuto una casa per colpa sua "So I'll sit here in the silence. I found peace in your violence".

Ho sempre amato questa canzone, continuo a fumare con la musica di sottofondo. Ormai si è fatto buio, le giornate sono corte essendo inverno e vorrei tanto che il tempo potesse fermarsi.

Solo che il mondo continuerà ad andare avanti, anche se io rimarrò qui ferma nel mio silenzio.
Ma ogni silenzio avrà un rumore che lo infrangerà, o almeno così spero.

"Ehi Ellis, è pronta la cioccolata" sono le prime parole che James mi rivolge, dopo avermi chiesto di rimanere, non capisco perchè mi voglia qui se poi mi è distaccato.
Alla fine, nonostante tuto quello che ho affrontato in questo anno, ricordo bene l'ultimo giorno che ci eravamo visti.

Mi aveva abbandonata perchè aveva paura, ma alla fine come non dargli torto. Io sono sempre scappata per paura, non so ancora se rimarrò qui per molto. Magari questo è il posto in cui mettere radici oppure è solo un punto di transito come per le altre città.

"Arrivo" gli dico dopo un paio di secondi, ci risiediamo ai nostri posti. Ora sono loro a raccontare quello che hanno fatto anche se la mia testa vaga fino ad incontrare gli occhi di James che mi scrutano intensamente.

"Ci vediamo domani piccola, okay?" Erik posa un bacio delicato sulle labbra di Giuliette e lei in risposta sorride come una bambina. Sono così dolci e perfetti.
"A domani Ellis" dice infine per poi uscire dalla porta.

Dopo aver salutato Noah ancora addormentato, James torna da noi per seguire il fratello
"Spero di rivederti domani" mi sussurra all'orecchio e io arrossisco, il suo fiato sul mio collo mi sprigiona emozioni contrastanti dentro di me.

Rimaniamo io e Giuliette sole e ci mettiamo a preparare la cena.
"Perchè non hai detto la verità?" ha sostenuto le mie bugie oggi senza mai obbiettare
"La verità a volte fa male. Grazie per non aver detto nulla."
"Tutto per te" le sorrido e poi ritorniamo a fare le polpette, mentre Noah fa il suo ingresso sbadigliando e ridiamo per quanto è carino.

Questo momento fa sembrare tutti gli altri inesistenti e vorrei vivere per sempre nei momenti bolla. 

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